La "COLOMBO" PRIMA DELLA "VESPUCCI"
Abbiamo detto della nave scuola Amerigo Vespucci, nello scorso numero di OceanoNews, definita “la nave più bella del mondo”. Lo è certamente per eleganza, design e creatività tutti italiani. Ma abbiamo anche anticipato di una nave “quasi” gemella, la Cristoforo Colombo, che pur godendo di pari elementi distintivi è andata incontro a una sorte ingiusta e dolorosa.
Come la Vespucci, anche la Colombo venne progettata dal generale del Genio navale Francesco Rotundi. Era l’anno 1925 allorché il ministro della Regia Marina, ammiraglio Giuseppe Sirianni, conferì l’incarico al generale Rotundi, all’epoca direttore dei Cantieri navali di Castellammare di Stabia.
La Colombo, varata il 4 aprile 1928 avendo per motto Navigare ed osare, entrò in servizio il 1º luglio 1928 e a partire dal febbraio 1931 venne affiancata dall’Amerigo Vespucci nella sua attività addestrativa degli allievi ufficiali dell’Accademia navale di Livorno.
Due navi praticamente uguali ma destinate, come vedremo, l’una al mito, l’altra al malinconico oblio.
“QUASI” GEMELLE
Le due unità, all’occhio del profano, sarebbero apparse praticamente identiche, il che giustificherebbe l’appellativo di “gemelle”. In realtà le differenziavano non pochi particolari, alcuni anche significativi.
Intanto, la diversa inclinazione dell’albero di bompresso che rendeva la Colombo più lunga della Vespucci di circa mezzo metro. Poi, i diversi attacchi delle sartie, i cavi necessari per sorreggere gli alberi. Ancora: le imbarcazioni maggiori a bordo della Colombo erano sistemate a centro nave; per filare le catene delle ancore aveva due occhi di cubia per mascone (fiancata), contro l’unico della Vespucci; possedeva due eliche controrotanti e coassiali, invece dell’unica della Vespucci.
Ed ecco alcune delle altre caratteristiche della Colombo: lo scafo, la struttura, i ponti e i tronchi portanti degli alberi e del bompresso erano in acciaio, così come i pennoni e le sartie; la nave era strutturata in ponte di coperta, ponte di batteria e corridoio, con castello a prora e cassero a poppa la cui copertura e le rifiniture erano in legno di teak; la propulsione principale era a vela, attraverso un sistema costituito da ventisei vele di tela olona che raggiungevano una superficie totale pari a 2.824 mq. Infine, la propulsione secondaria era assicurata da due motori diesel elettrici accoppiati, più due dinamo.
UNA ACCANTO ALL’ALTRA SUI MARI DI TUTTO IL MONDO
La Colombo e la Vespucci costituirono dal 1931 la Divisione Navi Scuola, ed insieme effettuarono una serie di Campagne di istruzione in Mediterraneo, nel Nord Europa ed Atlantico fino allo scoppio del secondo conflitto mondiale. Nel corso di questa Campagna il comando della Divisione Navi Scuola era affidato all’ammiraglio Domenico Cavagnari, con la Vespucci e la Colombo comandate, rispettivamente, dal capitano di vascello Augusto Radicati di Marmorito e dal capitano di fregata Bruto Brivonesi.
Seguirono altre Campagne addestrative e altre Crociere destinate agli allievi ufficiali dell’Accademia di Livorno. Nella Crociera del 1941 la Divisione Navi Scuola si arricchì della presenza del brigantino-goletta Palinuro, una nave scuola confiscata alla Jugoslavia, che rimase in servizio fino alla firma dell’armistizio dell’8 settembre 1943.
Dopo che la Colombo ebbe trascorso altri due anni di attività addestrative in acque nazionali, in conco-mitanza con il ricordato armistizio dell’8 settembre 1943 le venne ordinato di raggiungere il porto di Brindisi, unitamente alla Vespucci.
Terminata la guerra, riprese ancora la sua attività, prima che una sorte immeritata la sottraesse al ser-vizio e al vanto della Marina militare e all’ammirazione degli italiani.
MERCE DI SCAMBIO CON L’UNIONE SOVIETICA
Alla fine della guerra, infatti, la Colombo, in ottemperanza al trattato di pace, venne ceduta all’Unione Sovietica come risarcimento dei danni di guerra, sollevando un grande sdegno nel nostro Paese. Con l’imponente veliero anche: la corazzata Giulio Cesare, l'incrociatore Duca d'Aosta, i cacciatorpediniere Artigliere, Fuciliere e Riboty, le torpediniere Ardimentoso, Animoso e Fortunale e i sommergibili Nichelio e Marea, oltre ad un certo numero di Mas, motosiluranti, vedette, navi cisterna, motozattere da sbarco, una nave mercantile e 12 rimorchiatori.
In data 9 febbraio 1949 la Cristoforo Colombo lasciò il porto di Taranto alla volta di Augusta dove il 12 febbraio venne ammainata la bandiera della Marina Militare ed issata quella Mercantile. Un adempimento, questo, dalla forte connotazione simbolica e morale: l’Italia paga i suoi debiti di guerra con navi “mercantili”, ma non ammaina la bandiera di guerra di navi militari che non si sono arrese al nemico. Una settimana dopo la nave mollò gli ormeggi del porto italiano alla volta di Odessa al comando del capitano di fregata Serafino Rittore al quale era stato affidato il triste incarico di trasferirla al porto di consegna in Unione Sovietica. Qui fu ormeggiata nella stessa banchina dove già si trovavano la Duca d’Aosta e la Fortunale. Il 2 marzo successivo ebbe luogo la consegna formale alla Marina Sovietica e al comando dell’unità venne destinato il capitano di corvetta Nikolaj Korzun. Il Tricolore fu ammainato per l’ultima volta.
LA LUNGA AGONIA E IL DOLORE PER LA SUA FINE
Le venne dato il nome Dunaj (Danubio, in russo) e sottoposta a lavori di adeguamento nel cantiere di Odessa: i sovietici, per cancellare i segni dell’italianità della nave, ridipinsero lo scafo di colore grigiastro al posto della colorazione bianca e nera che richiamava i ponti delle batterie dei cannoni tipica dei vascelli da guerra della fine del Settecento. La Dunaj fu assegnata alla 78ª Brigata di addestramento e utilizzata saltuariamente come nave scuola nelle acque del Mar Nero fino al 1959, quando passò alle dipendenze della Scuola Superiore del Ministero della Marina di Leningrado che l’anno seguente la destinò all’Istituto Nautico di Odessa.
Non furono mai eseguiti pur necessari lavori di manutenzione e, anzi, nel frattempo venne disalberata e adibita a nave di trasporto di legname. Nel 1963 fu interessata da un incendio che la danneggiò seriamente distruggendo il suo carico: essendo stato ritenuto economicamente non conveniente un suo recupero, venne radiata dall’albo delle navi, abbandonata e semidistrutta. Dopo otto anni, nel 1971, fu definitivamente demolita suscitando emozione, dolore e sgomento in quanti avevano conosciuto e apprezzato la Cristoforo Colombo, campione di stile e classe, splendido prodotto della creatività e della tecnologia italiane.