Quante volte è capitato di sentire la classica citazione Il papà con la figlia si scioglie?
Come a sottolineare la grandezza del legame che un padre ha verso la figlia, ma non perché non sia della stessa intensità verso il figlio, semplicemente una bambina è per un padre “qualche pensiero e preoccupazione in più.”
Con questa consapevolezza nasce una mia riflessione rossa come il sangue, ma per poterla meglio esprimere è doveroso fare una premessa.
Partendo dal presupposto che in quanto esseri umani, a prescindere dalla propria entità sessuale di appartenenza, un genitore biologico o adottivo ha la responsabilità di tutelare, educare e crescere la propria prole, garantendo l’incolumità, l’istruzione e rispettando le scelte durante la crescita dei propri figli.
Considerando un’altra citazione che ormai da alcuni anni sembra quasi essere la giustificazione a certe oscenità che la cronaca ci narra, ovvero Oggi devi essere fortunato a nascere dalla parte giusta del mondo.
E già perché se nasci in quella sbagliata magari sei povero, oppure fai parte di una comunità religiosa dove è concepita l’infibulazione femminile, la prostituzione verso i turisti del mondo che vengono nella tua terra, lavorare nei campi o nella costruzione di palafitte a soli quattro anni, essere sposa bambina, non poter denunciare uno stupro e quindi nemmeno abortire, ma accettare di essere “svergognata” per cui restare unita a un uomo che non ami, che non ti rispetta, che ti maltratta, di cui sei solo un oggetto sessuale, a cui garantire prole continua, come fossi una macchina di produzione umana.
Dove esistono i matrimoni combinati (attenzione mi direte “Ma esistono dai tempi antichi e in tutte le parti del mondo, dove se eri povero si cercava di assecondare il padrone cosi tutta la famiglia aveva cibo, se invece eri di ceto sociale benestante si cercava un ceto simile con cui rafforzare proprietà e eredità, nel caso di nobili il vantaggio doveva essere davvero valido per essere la prescelta di un uomo così ricco.”)
La mia risposta è: “Appunto! Si parla dei tempi antichi che troviamo nelle pagine di libri a scuola, di romanzi storici e di film che non muoiono mai, proprio per ricordarci che oggi siamo nel terzo millennio e che dovremmo essere evoluti, emancipati e capaci di vedere a 360 gradi la vita e l’umanità, capaci di “non tornare indietro nemmeno per prendere la rincorsa”, come diceva il grande Andrea Pazienza e soprattutto capaci di non commettere gli stessi errori, altrimenti è vero quel proverbio che sbagliare è umano, ma perseverare è diabolico.
Ritornando alla mia riflessione rossa come il sangue cito un nome: Saman Abbas, aggiungo che il padre decide di consegnare la figlia allo zio, al cugino, al fratello grande, per cosa?
Ucciderla! Strano vero? La famiglia, il legame particolare di un padre verso la figlia, un fratello che ti ha visto crescere, un cugino con cui magari hai giocato, uno zio con cui hai scherzato, eppure tutti insieme decidono di pianificare la tua morte.
Sei nata dalla parte sbagliata del mondo, ma vivi in Italia da molto tempo ed esattamente a Novellara, nella Bassa Reggiana, quel posto cosi emancipato per la tua cultura di appartenenza, quella dedizione allo studio occidentale che ti ha mostrato una visione molto diversa dalla tua terra natia.
E cosi cresci come una donna emancipata, stretta negli abiti della religione della tua famiglia, dove non riesci più a sottometterti alle regole storiche avanti Cristo, provi timidamente a dire semplicemente: “Non voglio, non lo farò, voglio studiare, sono giovane, voglio sposare un uomo che conosco e che amo davvero.”
Queste parole diventano prove schiaccianti per sentire il peso della vergogna, della donna che si permette di dire la sua, di una religione che se non uccidi chi si ribella, allora sarai ucciso o deriso per sempre. Un padre ama, un padre accoglie, un padre protegge, un padre abbassa il suo orgoglio e a volte perde anche la sua dignità per poter aiutare i propri figli.
Ma il padre, la famiglia di Saman Abbas, non è cosi, nella sua mente e nella sua cultura tu non sei una persona, sei proprietà e in quanto tale per tutti i giorni che hai sulla terra sei sotto comando senza possibilità di replica o di riflessione, sei donna perché dovresti pensare?
Da donna concludo con una riflessione ancora più devastante di questo mondo cosi altalenante nel cammino dei diritti, della giustizia e della sensibilizzazione: “Come mai per Saman Abbas non ci sono state le associazioni unite per fare rumore?”
Come mai nessuno, se non giornali e telegiornali, hanno speso parole e attenzione per un omicidio di una crudeltà inaudita? Dove sono finite le scarpette rosse e le sciarpe al collo con mani piene di parole a marchio di pennarelli, le manifestazioni in piazza?
Saman Abbas era una donna, non una pachistana, non una che viveva in Italia, era un essere umano a cui hanno strappato i giorni, a morsi la vita, bruciato i sogni, spezzato le ali, ma lo abbiamo fatto un po’ tutti noi, quando non scendiamo in campo davanti a omicidi simili, quando lasciamo che l’omertà diventi il colpo di grazia su un cadavere che da sotto terra urla giustizia!