Luis Cruz-Villalobos

(Santiago del Cile, 1976). Poeta e scrittore, psicoterapeuta e professore universitario. Dottore in Filosofia (Vrije Universiteit Amsterdam). Psicologo, magister e specialista in Psicologia Clinica. Autore di una grande opera letteraria in poesia

Luis Cruz-Villalobos, poeta, editore e psicologo cileno. Quale passione è nata per prima?
Prima di tutto la ringrazio per avermi dato oggi questa opportunità. Posso parlare infatti di “passioni” in relazione a tutti questi impegni che lei cita. Potrei aggiungere anche l’insegnamento universitario, che è una delle attività in cui trovo più gioia e senso, sia che si tratti di ricerca o di frequentare corsi come professore di psicologia.



La mia passione per la scrittura, è nata durante l’adolescenza, quando ho iniziato a leggere anche di ermeneutica, teologia protestante, filosofia continentale e poesia. In quel periodo ho iniziato a scrivere brevi frasi riflessive, con le quali ho cercato di articolare e sintetizzare le mie letture e meditazioni. Poi, durante la scuola superiore, ho scritto dei saggi con cui mi sentivo molto a mio agio. Presto nacquero le mie prime poesie. All’inizio, mi ha aiutato molto leggere poeti cileni che mi hanno ispirato, come Nicanor Parra, Vicente Huidobro, Pedro Prado, Efraín Barquero, Miguel Arteche, Gabriela Mistral, Pablo Neruda. Con la poesia Manifesto di Parra mi si è aperta una nuova possibilità di esprimere in modo semplice e diretto in versi ciò che sentivo, pensavo e vivevo. Huidobro mi ha incoraggiato, invece, a dire-senza-dire, a cantare con parole strane, a usare un linguaggio comune, ma in modo metaforico e creativo, tale da potermi spogliare dietro lo schermo delle figure del linguaggio. È stato molto piacevole e liberatorio.

C’è qualche collegamento tra queste sue passioni?
C’è sempre stato un collegamento tra il mio lavoro professionale, accademico e artistico. Tuttavia, è stato nel 2022 che ha preso forma un’integrazione davvero significativa per me. Sia i miei studi post-laurea in psicologia clinica che il mio dottorato in filosofia si sono concentrati su un approccio ermeneutico al fenomeno del trauma, sul quale ho pubblicato diversi articoli e libri. Solo l’anno scorso ho tenuto una presentazione in un seminario di letteratura in cui ho integrato le mie ricerche precedenti con il tema della scrittura e, in particolare, della poesia. È su questa linea che è nata l’idea di uno dei miei prossimi libri in fase di lavorazione, Poesia psicoterapeutica: teoria e pratica. Spero di pubblicare questo lavoro durante l’anno in corso, perché mi motiva molto, in quanto riunisce gran parte del mio lavoro, dei miei interessi e delle mie passioni in un unico progetto, che ha anche molte possibilità di applicazione concreta a beneficio di coloro che hanno avuto esperienze difficili o traumatiche nella vita.

Ricorda la sua prima poesia?
Ricordo, come un curioso aneddoto, che incollai la mia prima poesia, scritta con la vecchia macchina da scrivere di mio padre, sulla parete della mia stanza... ed eccola lì: una bella esperienza raccontata, brevemente descritta, ma nessuno poteva sapere cosa avevo scritto. Rammento che non ho separato le parole... Era un treno di lettere che non si capiva, ma era liberatorio esprimere, scrivere quello che avevo vissuto; cantavo i miei sentimenti e nessuno mi sentiva, nessuno poteva farlo. Mi sono spogliato, ma lo facevo dietro uno schermo poetico. Anche se vale la pena ricordare, parafrasando Winnicott, che è un piacere nascondersi (in questo caso nella poesia), ma è una catastrofe non essere mai trovati.
È così che è nata la poesia in me. Scrivere era una sorta di rivelazione occultante, ma mi ha fatto bene, permettendomi di mostrarmi, di aprirmi dal profondo. Adesso lo associo alle belle e profonde parole scritte da una delle migliori poetesse di oggi, Chantal Maillard: Scrivere/ urlare il grido/ sradicarlo / convertirlo/ trasformarlo/ sbriciolarlo/ per eliminare/ scrivere il dolore/ per proiettarlo/ per agire su di esso con la parola/ per scrivere/per riposare/ per scrivere che il sole, d’inverno, è bello / per non piangere così profondamente dentro/ così segretamente... Vorrei citare tutta questa brillante poesia, ma credo che l’idea sia abbastanza chiara.

Quando la poesia è diventata una sua parte integrante?
Molto presto la poesia ha cominciato a essere un aspetto fondamentale della mia vita. Sono sempre stato un po’ solitario, mi piacevano anche la musica e le arti plastiche, ma la poesia è diventata parte vitale di me fin dall’inizio. Mi ha accompagnato fino a definirmi, poiché mi ritengo “uno scrittore endogeno cronico compulsivo di poesie”... Lo dico tra lo scherzo e la verità, con un tono che suona psicopatologico, ma che è stato, su al contrario, veramente curativo.
La mia formazione accademica in teologia, filosofia e psicologia mi ha portato a scrivere anche in altri modi, anche se la poesia è sempre presente nella maggior parte del mio lavoro accademico, poiché spesso uso le poesie per illustrare o chiarire punti importanti nei miei saggi.
Infine, la psicologia come campo di lavoro nella mia vita nasce dal mio costante interesse per la complessa esperienza umana; dopo aver letto filosofi e teologi, dopo aver studiato gli antichi testi della saggezza umana, la psicologia mi si è presentata come un mondo chiaro e amichevole, che poteva darmi strumenti per diminuire la sofferenza e collaborare affinché la vita degli altri potesse diventare migliore.

Cosa vuol dire esplorare l’anima umana?
È una domanda molto interessante. Infatti, se c’è una passione che mi ha accompagnato da quando le operazioni formali o i precessi cognitivi astratti hanno iniziato a funzionare e il mio cervello adolescente ha cominciato a porsi domande fondamentali, è stata la comprensione “dell’anima” umana. Da qui il mio interesse iniziale, come ho detto, per i testi di teologi, filosofi e psicologi. Era quello che stavo cercando. Cosa siamo, o meglio chi siamo. Questa domanda è fondamentale, perché, ad esempio, il modo in cui concepiamo il trauma dipende molto da ciò che intendiamo per memoria, perché senza memoria non c’è trauma. Allo stesso modo, senza memoria non esiste il sé, né l’anima nel suo senso pieno.
Considero l’anima umana un mistero. È con essa che cerchiamo di sondare il mistero che è in sé, tautologicamente. Si tratta quindi di un doppio mistero. È una realtà, un fenomeno, che in un certo senso non è possibile esprimere completamente, per questo la poesia si presenta come un modo per parlare dell’indicibile che è la nostra natura di esseri umani. Quindi il parlare o il cantare della mitologia ancestrale è poesia. Per parlare dell’origine e della fine abbiamo bisogno della poesia. E anche riuscire a cogliere il passaggio tra i due estremi, che apparentemente si toccano...

Ha pubblicato più di 50 libri. Quali sono i generi maggiormente presenti nel suo archivio? E le sue opere preferite?
Ho preso molto sul serio la scrittura e ho scritto molto. Al momento ho circa 120 libri finiti. Ne ho pubblicato solo una parte, credo poco più della metà. Ma spero di pubblicarli, gradualmente, tutti un giorno. La cosa che ho scritto di più, senza dubbio, è la poesia.
Per quanto riguarda i miei libri preferiti, potrei citarne diversi: nella poesia segnalerei il mio primo libro pubblicato su carta, Breve-mente, che è un testo di piccole poesie molto significative per me. Uno dei capitoli (Haiku davanti alla tomba di mio figlio) include e integra l’esperienza di lutto prolungato che ho vissuto per la perdita del mio figlio più piccolo, Maximiliano.





Un altro libro che apprezzo molto è Poesia Teologica, che riunisce tre raccolte di poesie. È un’opera accolta molto bene. Questo libro è stato preceduto, nella sua prima edizione, dal filosofo John D. Caputo, un noto pensatore nordamericano che ha lavorato su concezioni postmoderne molto significative riguardo al sacro.
Ci sono anche due libri che sono molto speciali per me, in quanto sono due antologie preparate dal poeta e professore dell’Università di Salamanca, Alfredo Pérez Alencart, da una parte della mia produzione letteraria: Come esatto abbraccio e Vieni da me. Infine, vorrei segnalare due opere tradotte in romeno dalla poetessa e professoressa Carmen Bulzan: Con/Cu Cioran, un libro contenente poesie ispirate a parte dell’opera di uno dei più importanti pensatori e scrittori romeni, Emil Cioran. L’altro libro è Stańczyk. Poema narrativo di un giullare serio, una delle mie opere più amate, dove un carattere lirico molto particolare si dispiega in un testo ricco di elementi surreali e di critica sociale.

Lei è un editore e la sua casa editrice, Hebel Ediciones, ha pubblicato diverse opere di autori stranieri. Che lavoro c’è dietro la promozione della poesia internazionale?
Il mio lavoro di editore è iniziato quando già scrivevo da qualche anno. Volevo creare un organismo internazionale per la diffusione della poesia, pubblicando libri di poeti affermati, ma anche di nuovi poeti, anche di quelli che non avevano mai pubblicato un libro. Questo lavoro è stato molto bello e soddisfacente, perché per gli autori vedere il proprio libro pubblicato è un’esperienza gratificante, anche se intensa e persino dolorosa, come un parto...
Hebel Ediciones è stata fondata come alternativa no-profit per la diffusione della poesia. Il 2023 segna un decennio dall’inizio di questo progetto editoriale. Abbiamo pubblicato più di 170 opere di poeti provenienti da vari paesi del mondo. Anche la redazione è internazionale, composta principalmente da professori universitari amanti della poesia. Qualche anno fa, sotto l’egida di Hebel Ediciones, sono state create Independently Poetry e NoteBook Poiesis, case editrici dalle quali abbiamo iniziato a pubblicare in formato cartaceo (dato che Hebel è stata originariamente concepita come un’etichetta fondamentalmente digitale) opere di autori affermati della poesia universale (Tagore, Dickinson, Vallejo, ecc.), insieme a poeti attuali di fama internazionale e anche a nuovi poeti, che riteniamo abbiano un futuro promettente.

Qual è la linea editoriale della sua Casa Editrice?
La linea editoriale di Hebel è sempre stata improntata a una poesia di tipo esistenziale e spirituale, non particolarmente religiosa. Pubblichiamo autori che trattino magnificamente, con stili poetici diversi, i temi fondamentali dell’essere umano.
Hebel è stata anche una casa editrice che mi ha permesso di contattare un gran numero di poeti di tutto il mondo, di stabilire legami di amicizia e di diffondere la creazione poetica oltre i confini dei Paesi di origine. Due poeti sono stati molto importanti in questo lavoro internazionale: il già citato Alfredo Pérez Alencart e ora Germain Droogenbroodt. Sono amici gentili che hanno collaborato enormemente nel creare legami più stretti tra coloro che amano la poesia in tutto il mondo.

Una delle ultime pubblicazioni è stata “Poetry without borders / Poesía sin fronteras: World Anthology / Antología Mundial”. Può raccontarci qualcosa riguardo a questo progetto?
Ho citato prima Germain Droogenbroodt, noto poeta, editore e traduttore belga, che mi ha contattato per chiedermi alcune collaborazioni editoriali riguardanti le sue opere. Così è nata l’idea di pubblicare una raccolta antologica delle poesie che, ormai da tanti anni, pubblica sul suo mirabile sito Point Editions, dove ogni settimana presenta una poesia in più di trenta lingue. Ho trovato questo lavoro affascinante e molto generoso, il che ha fatto sì che valesse la pena creare una collezione di libri per diffondere l’eccellente poesia che è stata raccolta come “Poesia senza frontiere”. Ci auguriamo che i volumi di questa antologia mondiale siano almeno quattro. Siamo solo al primo.

C’è qualcosa che accomuna la poetica di vari poeti del mondo?
Penso che ciò che unisce autori di latitudini così diverse come quelli con cui ho pubblicato e con cui sono in contatto, sia la poesia stessa.
Siamo persone con nazionalità, idee, religioni, ideologie, lingue, esperienze molto diverse... e la poesia è ciò che ci ha uniti, che ci ha fatto fraternizzare. Il discorso poetico è universale, non ha frontiere. Credo che ciò sia dovuto al fatto che la poesia riesce a connettersi con quelle aree più profonde del nostro essere, dove siamo tutti uguali, tanto nella bellezza, nella dignità e nel valore, quanto nella miseria, nell’oscurità e nella sofferenza. La poesia ci mette in contatto con ciò che di umano c’è in ognuno di noi. Ci collega anche con ciò che potrebbe essere, con le nostre speranze e i nostri desideri che non vediamo ancora realizzati, con quei desideri di bene e di pace che tutti abbiamo, ma che non si vedono realizzati nella realtà. Una volta ho letto, non ricordo dove, che i tiranni e i dittatori quando prendevano il potere iniziavano uccidendo i poeti... questo ha molto senso. La poesia è come una torcia, con la quale si può illuminare, ma anche incendiare la realtà, soprattutto quando è una realtà disastrosa e ingiusta. La poesia può essere un mezzo per dare sfogo all’indignazione di fronte a un mondo che non è come lo sogniamo.

Posted

24 Jan 2023

International news


Irma Kurti



Foto di Luis Cruz-Villalobos





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