Giovanni Falcone e il suo più memorabile giudizio

Credo che ognuno di noi debba essere giudicato per ciò che ha fatto. Contano le azioni, non le parole. Se dovessimo dar credito ai discorsi, saremmo tutti bravi e irreprensibili

Giovanni Falcone in gianniscardina.wordpress.com





Faccio seguire qui al memorabile, splendido e ineccepibile giudizio del grande Giovanni Falcone “o potremmo anche sembrare tutti pazzi”. Le azioni contano, i fatti, non le parole che possono ingannare o essere frutto di errore. Aggiungo comunque un mio noto Aforisma: Non esiste delitto perfetto nel linguaggio , su cui adesso non mi soffermo. Vorrei qui in breve esprimere qualche semplice riflessione sulla differenza fra salute mentale e pazzia, perché sento che ogni volta che qualcuno uccide qualcuno ad esempio, si tende sul piano legale e anche morale a farlo passare per insano di mente. Se coloro che sono cattivi o crudeli o uccidono per salvaguardare qualche proprio interesse compromesso dalla presenza in vita di qualcuno – escludendo la legittima difesa della propria vita che appunto deve essere considerata legittima – o non sono particolarmente intelligenti senza con ciò perdere la suitas della cultura latina o il senso della realtà nell’azione, saremmo tutti incapaci di intendere e di volere e non ci sarebbe più alcun problema legale, né di colpevolezza sul piano morale al proposito nel mondo umano. Recita l’Art. 85 del Codice Penale, tra gli altri Articoli sull’argomento:

Nessuno può essere punito per un fatto preveduto dalla legge come reato, se, al momento in cui lo ha commesso, non era imputabile. È imputabile chi ha la capacità d'intendere e di volere.

Come ho già espresso altrove in altri studi criminologici, il problema di cui tratta l’Art. 85 è definito non correttamente, questo secondo il mio giudizio. Nella fattispecie, certo senza alcuna intenzione dolosa da parte del legislatore che qui escludo completamente, tale Articolo può spesso portare a una difesa e un salvataggio ad oltranza del criminale dallo sconto della pena, ossia in una sua salvaguardia. Appunto: si può tentare di “sembrare” incapaci di intendere e di volere e spesso ci si riesce anche ingannando. In ogni caso, uccidere qualcuno per qualsiasi motivo, uccisione attuata con la dovuta logica per raggiungere lo scopo, ossia, ad esempio, non baciando la persona uccisa credendo che i baci siano l’azione corretta per uccidere, non dimostra affatto l’incapacità di intendere e di volere dell’assassino che ha saputo come uccidere la persona da eliminare. La cattiveria, la malvagità, la prepotenza, la violenza e simili non sono dovute all’incapacità di intendere e di volere. Certo, non è facile compiere il delitto perfetto, quel delitto di cui non si possono produrre le prove e si devono subire le menzogne dell’assassino, ma il delitto imperfetto non fa dell’assassino una persona incapace di intendere e di volere, dimostra solo, in diverso grado, la sua non geniale intelligenza.

A proposito dell’incapacità di intendere e di volere cito qui una riflessione che mi pare illuminante (Mascialino 2010: Sulla capacità di intendere e di volere e sul reato di violenza sessuale nel codice penale italiano, 13-14):

“(…) Art. 90. Stati emotivi e passionali. – Gli stati emotivi e passionali non escludono né diminuiscono l’imputabilità.”

Questo Articolo dà l’impressione di essere un rimaneggiamento, si consenta l’espressione, last minute, una postilla fatta in seguito ad una dimenticanza, ad una insufficienza di quanto prodotto. Qui tuttavia non si tratta solo di dimenticanza o di una Fehlleistung, qui si tratta in ogni caso di una certa dose di incongruenza del gruppo di articoli (…) Con questo articolo si è creduto a quanto pare di ovviare alle insufficienze degli articoli precedentemente citati, un po’ come aggiungere un rattoppo, arte in cui gli italiani hanno un’eccellenza visto che sono un popolo conservatore, che non ama il nuovo e che pertanto preferisce rimaneggiare ad oltranza il vecchio per conservarlo e farlo sembrare nuovo, ovviamente senza riuscirci. Ma anche in questo caso intervengono le delucidazioni in calce all’articolo le quali hanno per definizione la meta di chiarire il significato di qualcosa.
Si legge in esse tra l’altro:
La norma [l’art. 90] si fonda sull’esigenza di stimolare il dominio della volontà sulle proprie emozioni e passioni, e mira ad evitare che possa essere considerato non punibile qualunque delitto impulsivo, indipendentemente da uno stato morboso di mente. Dunque, la norma si riferisce agli stati emotivi e passionali che sono verificabili in una persona sana come tale ritenuta idonea a controllare la propria affettività (es.: la gelosia). Pertanto, possono assumere rilevanza come cause di esclusione o attenuazione dell’imputabilità, quegli stati emotivi e passionali che dipendano da una vera e propria infermità di mente [neretti nell’originale].

Tutto bene, solo che le spiegazioni in calce all’articolo 90 non sono pertinenti al dettato dell’articolo 90. Ribadendo, nell’articolo in questione si fanno asser-zioni categoriche e nessuna spiegazione aggiunta può cambiare questo dato di fatto sul piano logico. Nelle delucidazioni viene inoltre introdotto lo sconcertante concetto di “vera e propria infermità di mente” il quale implica che vi possa essere un’infermità mentale non vera e propria. O l’infermità c’è, parziale o totale, o non c’è, non vi può essere sul piano logico una infermità mentale che è tale e nel contempo può non essere tale, una infermità mentale vera e propria ed una infermità mentale non vera e propria.
Il “vera e propria” verosimilmente si associa e si allaccia in qualche modo inconscio al concetto di infermità, che si verifica nel momento in cui, già a partire dall’art. 85, concetto che in qualche modo può essere stato presente anche al commentatore che ha prodotto poi la delucidazione andando fuori tema e cercando di rimediare alla presenza di contraddit-torietà e anche di confusione conseguente alla pre-senza del ‘momento’ in cui.

Ma le cose sconcertanti non sono finite. Nelle spiegazioni si parla anche del fatto che l’articolo avrebbe l’esigenza di stimolare le persone a posto a restare tali, come dice il commentatore cercando di salvare l’articolo che tuttavia a mio giudizio resta così come esprime il suo testo. È difficile per un cittadino di una democrazia, anche debole come quella italiana, accettare che un codice penale voglia stimolare attraverso i suoi articoli di legge le persone sane di mente a non perdere il controllo. Ci vuole altro che una predica paternalistica a buon mercato e assurdamente contenuta in modo implicito in un articolo di codice penale per non perdere il controllo delle emozioni ed in aggiunta non sta nelle competenze del codice penale fare l’educatore. Il codice penale non è un libro di insegnamento e non può essere considerato un libro per l’edificazione dei cittadini. Che l’art. 90 voglia stimolare qualcuno, addirittura i soggetti sani di mente a restare tali e a fare i bravi sviluppando o usando o mantenendo la loro forza di volontà come dominio degli stati emotivi, è sorprendente e non basta in ogni caso a sanare le incongruenze che affliggono nel loro insieme gli articoli citati e questo in particolare che tratta della capacità di volere come forza di volontà per controllare l’emotività (…).
L’attitudine alla predica, alle parole, non importa se incoerenti, e non ai fatti, all’analisi dei fatti, delle azioni per estrarne la verità oggettiva, invade anche il campo delle Leggi e certo con testi del genere di cui sopra la difesa del reo ha ampio gioco.
Proseguendo, chi può mai dire che al momento del crimine il suo attore non sia stato in grado di intendere e di volere? Nessuno, psichiatri, psicologi e neurologi compresi, nonché avvocati penalisti e giudici che si devono servire di psichiatri, psicologi e neurologi per le perizie del caso.

E tanto meno l’assassino che dice sempre di non aver voluto uccidere (incapacità di volere citata ad hoc), mentre ha prodotto tutte le azioni adeguate alla sua volontà di uccidere perfettamente in funzione, ossia la sua capacità di volere è stata intatta, perfetta proprio al momento del crimine. Ciò non vale solo per il delitto con premeditazione. Un po’ di impulsività senza premeditazione? Delitto d’impeto senza premeditazione? L’impeto senza premeditazione può esserci stato, ma non tale da compromettere l’espletamento dell’azione delittuosa che è stata realizzata nelle modalità consone al risultato – lascio qui stare il delitto preterintenzionale, la motivazione e affini.

La mamma e il papà hanno trattato male o trascurato il figliolo che per questo è diventato successivamente un assassino? Tutto ciò non può essere considerato causa dei delitti, a nessun titolo, molti maltrattati dai genitori e dalla società in generale, non diventano assassini e nemmeno disonesti, per cui il concetto di causa non regge sufficientemente in tale ambito. Il criminale afferma di non ricordare la sua azione in quanto ha commesso il delitto essendo al momento incapace di intendere e di volere? Al contrario e ribadendo: è stato capace di intendere e di volere proprio al momento di compiere il delitto, ossia non ha perso le due capacità, come la sua azione compiuta in piena suitas e logica attuativa dimostra, non ha sbagliato la modalità di uccidere. Non può evitare, se si riscontra la presenza del delitto d’impeto, di essere considerato, sulla base dei fatti, persona comunque pericolosissima in quanto ha dimostrato che la volontà di uccidere è stata suprema, per cui deve essere messo nell’impossibilità di nuocere ad altri, non lasciato libero di reiterare delitti d’impeto. L’assassino si è pentito? Bene per la sua coscienza, ma il pentimento non è in grado di cancellare i fatti, sarà buona cosa davanti alla divinità nel giorno del Giudizio, sempre sperando che anche la divinità non dimentichi i fatti, i danni causati alle vittime, la loro morte, la loro eliminazione violenta e per sempre dall’opportunità della vita che spetta a tutti i giusti, i miti. E anche ai meno miti, quando ovviamente non uccidono nessuno.
Ben venga l’impeccabile argomentazione di Giovanni Falcone che in breve, con un’argomentazione chiara e coerente, fa piazza pulita delle contraddizioni insite nel codice penale italiano nell’ambito in questione.
Tali Riflessioni in imperitura e riconoscente memoria di Giovanni Falcone, ucciso dagli assassinii provvisti di totale capacità di intendere e di volere: Contano le azioni.

Posted

19 Nov 2023

Pensieri e riflessioni


Rita Mascialino



Foto dal web





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