La terza stagione. Il tempo della vita e ciò che resta

A presentare V. Massimo Massa stanno gli ambiti della ricerca tecnica e scientifica, per citare alcune disci-pline fra le altre: Logica Matematica, Analisi Matema-tica, Informatica, Linguaggi di Programmazione, nonché Filosofia della Scienza. Accanto a ciò, un posto di tutta rilevanza è riservato alla cultura umanistica, in particolare alla creazione di poesia. Massimo Massa, sintetizzando molto: è fondatore e pro-rettore dell’Accademia delle Arti e delle Scienze Filosofiche di Bari e Direttore del Dipartimento delle Scienze Matematiche e Informatiche di Bari.


È editore di una Casa Editrice di elevata qualità culturale e dirige una Rivista mensile cartacea e online di altrettanta qualità, ha fondato e presiede Premi letterari di pregio, è insignito di diversi riconoscimenti di rilievo, Premi alla Cultura e alla Carriera oltre che Premi per singole opere come raccolte di racconti e poesie, saggi. Gli sono state conferite significative onorificenze per lo svolgimento di alti incarichi in ambito nazionale e internazionale, è stato nominato Cavaliere al Merito Accademico dalla Universalis Poetarum Academy per meriti letterari e per la produzione poetica, e molto, molto altro.

Vogliamo dare in questa Recensione un’analisi semantica della lirica Cento passi ancora, scelta tra le numerose composizioni di Vito Massimo Massa perché ritenuta particolarmente connotativa dell’atmosfera profonda di cui vive la raccolta La terza stagione in cui sta la lirica in questione ricca di affondi nel livello inconscio della sensibilità come è proprio della poesia più creativa. A opportuna chiarificazione dei testé citati affondi, segue un rimando metaforico di tipo mitologico relativo al vecchio dio dei più oscuri abissi marini, dove pascolava animali marini – simboli privilegiati dell’inconscio –, ossia Proteo, il Primo. Tale dio resisteva alla rivelazione del suo più segreto sapere trasformandosi rapidamente in altro da sé ad ogni domanda che gli veniva posta, finché non veniva afferrato e tenuto fermo con la forza, ciò che poteva realizzarsi qualora fosse colto di sorpresa – vedi sul piano dell’analogia la difficoltà di trattenere nella mente messaggi e ispirazioni che provengano accidentalmente chiamate da ignote associazioni dal regno del vecchio dio, le più profonde acque, simbolo principe e universale dell’inconscio, ispirazioni subito pronte a scomparire e necessitanti di veri e propri affondi per essere vinte e possedute. Ciò poteva avvenire quando Proteo emergeva dai fondali per riposarsi dormendo in fresche grotte – circostanza, il sonno, dove la realtà della mente inconscia, meno controllata dalla razionalità più vigile, si manifesta più direttamente attraverso sequenze di libere immagini oniriche capaci di condensare creativamente mondi emozionali e concettuali assumenti diverse forme simboliche. Allora Proteo, il dio che non mente mai – come l’inconscio che rivela la personalità del sognatore capace di afferrarne le criptiche comunicazioni –, rispondeva alle domande nel suo linguaggio magico, poetico-oracolare, in varia misura difficile a interpretarsi. Così, sinteticamente secondo la metafora del misterioso Proteo qui abbozzata, è stato delineato un meccanismo immancabile del più creativo immaginario poetico inconscio, in tal senso della poesia di Massimo Massa.
Segue il testo della magnifica lirica (48) – la numerazione premessa ai versi è inserita con finalità di agevolazione nei riferimenti:

Cento passi ancora
(1) Cento passi ancora/
(2) Ancora una stagione/
(3) vestita di silenzio/
(4) di giorni cosparsi di sembianze/
(5) racchiusi nei sentieri/
(6) delle albe di ogni tempo./
(7) Quel treno non si è più fermato/
(8) travolto dal destino/
(9) e dall’infida apparenza./
(10) Mi ritroverò al tramonto/
(11) tra cento giorni/
(12) e cento passi ancora/
(13) tra memoria e assenza/
(14) e come cerchio d’acqua/
(15) andranno ancora gli anni./
(16) Chiedo tempo all’esistenza/
(17) nella corsa per tornare ombra/
(18) tra le altre risonanze/
(19) fino a sciogliere catene/
(20) perché il conto torni al pari.//

Il protagonista, diretta proiezione del poeta Massimo Massa che usa il pronome di prima persona per esprimersi, chiede alla vita che gli venga concessa ancora una stagione (2) che come tale si riferisce a uno spazio temporale breve come lo possono pure essere cento passi o cento giorni (11, 12). Vengono citati anche gli anni (15), così che passi, stagione e giorni (11, 2, 12) si rivelano metafore per i brevi segmenti dell’esistenza, ossia gli anni. L’incipit della lirica, emozionalmente intenso, evoca associativamente Federico Hölderlin, il più grande poeta Romantico tedesco e uno dei più grandi nella cultura mondiale, ossia l’incipit dell’Ode An die Parzen (1799), Alle Parche: “Nur einen Sommer gönnt, ihr Gewaltigen!/Und einen Herbst zu reifem Gesange mir,/ (…)”, “Una estate concedetemi, o potenti!/Ed un autunno soli per maturo canto,/ (…)” (Mascialino 1988: 66-67). Anche gli ultimi due versi di entrambe le liriche hanno affinità concettuali come già gli incipit, del tutto opposto però è il sentire dei due poeti che offrono all’espressione poetica la loro individualità di uomini appartenenti a due lingue e culture diverse, quella italiana e quella tedesca. Hölderlin – in linea, pur con differenze, con il superomismo germanico che attraversa tutta la cultura germanica dai suoi inizi per come sono noti – è poeta titanico che chiede alle Parche di concedergli solo due, metaforiche, stagioni per raggiungere la piena maturazione del suo canto, dell’espressione poetica, secondo Hölderlin la più compiutamente significativa.
Al contrario, non vi è titanismo nella profonda lirica di Massa, ma languida sensualità nella nostalgia della vita che sta volgendo verso il tramonto (10), ancora lontano, ma ormai in vista, sensualità che accompagna la percezione del nulla – dell’infinito Romantico come nel poeta tedesco, tuttavia scevra da enfasi eroica – fino anche al cedimento dei sensi da troppo rarefatta sensibilità, come nei toni leopardiani che si avvertono nell’eco sottile di sottofondo come erotica tonalità dei Cento passi ancora.

La sensazione e consapevolezza del nulla della vita in ogni stagione è rappresentata nel poeta Massimo Massa dal silenzio dei giorni e dalle apparenze, da ciò che illude e delude in quanto parvenza, silenzio di ciò che passa senza poter essere trattenuto dall’uomo in quanto solo caduca immagine inafferrabile. Hölderlin si rivolge alle tre divinità greco-latine, simboli supremi dello scorrere dell’esistenza umana, di cui tessendo misurano il breve destino. Massimo Massa non si rivolge ad alcuna divinità, neppure sul piano culturale: la sua apparente richiesta di fatto non è tale, bensì è una speranza, quasi una preghiera che egli rivolge, come anticipato, al nulla, come volesse comunicare con il mondo metaforico delle ombre per una tregua, per una sosta che sa essere impossibile – alla base della sua lirica sta un razionale ateismo, la certezza che la vita sia uno squarcio di luce nell’ombra che la attornia e la attende. Il treno dell’esistenza è in marcia continua e non si fermerà altro che quando l’uomo sarà diventato ombra nell’ombra. Se Federico Hölderlin, nel suo senso eroico e tragico della vita, chiede tempo alle Parche per ottenere l’espressione poetica più profonda così da scendere nel mondo delle ombre contento avendo vissuto come gli dèi e non potendo desiderare nulla di più grande, Massimo Massa chiede tempo al nulla o alla vita, essa stessa parvenza e facente in tal senso parte del nulla, prima di scomparire per sempre, nella più sensuale unione di vita e morte, in un legame d’amore all’esistere unito al deliquio della fine, ancora lontana di un breve segmento, la quale scioglierà le amatissime catene che tengono il poeta e, nell’orizzonte universale della lirica, gli umani legati alla vita, così che nulla più ci sarà da avere né da dare in quanto i moti saranno cessati in eterno. L’acqua nel cerchio che sommergerà la vita ha la spazialità del gorgo che si ammassa comunque spaventoso attorno all’esistenza per sommergerla definitivamente e ricomporre così dopo l’inghiottimento l’immobilità della più triste bonaccia nell’assenza di moti.
Prima di chiudere il cenno analitico, vediamo come i due poeti esprimano in medesimo concetto in diversa individualità:

Da An die Parzen:
“(…) Willkommen dann, o stille der Schattenwelt!/Zufrieden bin, wenn auch mein Saitenspiel/Mich nicht hinabgeleitet; einmal /Lebt ich wie Götter, und mehr bedarf’s nicht.//
“(…) Benvenuto allora, o silenzio del mondo delle ombre!/Contento sono, se anche la mia cetra/Me giù non accompagna; una volta/Vissi come gli dèi, ed altro non serve.// (Trad. di Rita Mascialino 1988)

Da Cento passi ancora:
“(…) Chiedo tempo all’esistenza/nella corsa per tornare ombra/tra le altre risonanze/fino a sciogliere catene/ perché il conto torni al pari.//

Da un lato il superomismo hölderliniano, con l’impeto eroico del suo amore infinito per la vita interpretata poeticamente che fa accettare anche la discesa nel mondo delle ombre una volta che l’espressione poetica abbia fatto vivere in massima intensità similmente agli dèi – una volta, come irripetibile acme esistenziale. Dall’altro la sensualità più dolce intrinseca ad una quasi erotica dissoluzione di sé intesa come trasformazione nell’ombra. Nei versi finali di Massimo Massa tuttavia, a differenza che in quelli di Federico Hölderlin, dove la cetra non segue il poeta nel mondo delle ombre in cui nulla più risuona in esso, ma tutto tace nel silenzio più totale, appunto in Massimo Massa compaiono anche “altre risonanze”. Altre ombre che ancora risuonano forse in qualche modo? Altre possibilità di esistenza confluenti nei suoni dell’infinito cosmico? Forse. Nella lirica Cento passi ancora resta, se non aperta, socchiusa accanto alla ragione che chiude ogni speranza, una possibilità o speranza di non totale scomparsa, forse una trasformazione che rimanda al dio Proteo di cui sopra, il vecchio custode degli animali nel regno del profondo inconscio, dove potrebbero vivere ancora le altre risonanze, come altre trasformazioni di cui il dio era signore.

Posted

06 Aug 2024

Critica letteraria


Rita Mascialino



Foto dal web





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