La Tonnara dei Pirati CETARIA (La Moderna Edizioni Enna, 2019), romanzo avvincente e ben costruito nella trama e nell’impianto discorsivo, rappresenta il capolavoro letterario di Giuseppe Mistretta.
Poeta, scrittore e drammaturgo di indubbio valore, è profondamente legato da un amore atavico per la sua città, Enna, e per la sua provincia, baricentro geografico e fisico della Sicilia. Proprio qui, più aspre nei secoli sono state le divisioni tra le classi sociali, luoghi in cui, fino ad un passato non lontano, il lavoro nei campi e nelle miniere di zolfo è stato più che un diritto affermato verso la dignità, una vera e propria condanna, come affermava Ignazio Buttitta per il lavoro dei “jurnatari” nel latifondo e come ben narrato da Luigi Pirandello nella sua novella Ciaula scopre la luna. Ma Mistretta è legato anche indissolubilmente alla storia e alla cultura siciliana di cui oggi è un interprete emergente, ben noto nel panorama letterario della nostra regione e mi auguro presto dell’Italia.
Ha una profonda conoscenza anche del territorio che va da Palermo a Trapani, che ha come centro Castellammare del Golfo e Scopello, passando per Alcamo, e questo per discendenza famigliare. Uno dei nonni infatti, era originario di Alcamo.
La descrizione di questo angolo della Sicilia è utilizzata dallo scrittore come teatro principale del romanzo: “Apparve all’alba del 13 aprile 1717 anno del Signore, l’imponente prua del brigantino pirata Ranger… l’ancora fu gettata nell’ampio golfo di Cetaria, nascondiglio straordinario nel bel mezzo del Mediterraneo, meta particolarmente ambita dai vascelli pirata inseguiti dalle marine Francesi, Inglesi e Spagnole…”. Così recita l’incipit, sempre supportato da riferimenti e riscontri storici, che pertanto lo caratterizzano come romanzo storico.
L’opera di Mistretta enuclea una realtà che ha avuto un ruolo negli avvenimenti storici della Sicilia, anche se in parte celato per evidenti ragioni morali dalla storiografia ufficiale fino alla prima metà dell’800, essendo il potere secolare della Chiesa Cattolica parte spesso mediatrice di taluni rapporti con la pirateria, specie magrebina, sulla questione del riscatto o dello scambio degli schiavi. Ma, di contro, il ricordo della pirateria si è mantenuto vivo fino ai nostri giorni nella coscienza dei “Siciliani da Mare”, ovvero dagli abitanti delle zone marine dell’isola, che hanno subito il più delle volte, ma non sempre, il rapporto con la pirateria nordafricana e fino al 7 ottobre 1571, con la vittoria della Lega Santa sulla flotta turca a Lepanto, i terribili effetti delle spedizioni corsare turche sulle coste siciliane. Un rapporto spesso improntato sulla violenza, sulla razzia di esseri umani e cose, sullo stupro e la rapina, ma anche, in certi casi, sulla mutua assistenza tra pirateria ed intere zone marinare della Sicilia.
Da qui prende spunto Giuseppe Mistretta: l’arrivo del pirata Charles Vane nel borgo della tonnara di Cetaria col suo vascello Ranger che si nasconde per sfuggire alla caccia del formidabile galeone Poseidon di S.M. Britannica Giorgio I, comandato dal colonnello William Rhett il quale, dopo una caccia durata oltre sei mesi sulle rotte atlantiche, seguendo labili indizi, era riuscito ad avvicinarsi nel Mediterraneo, al brigantino pirata di Charles Vane. Da quel giorno si dipana una densa storia di avventure e scontri navali che tengono desta l’attenzione del lettore, raccontati con dovizia di particolari dall’Autore, che si produce in un’opera di narrazione in cui ogni elemento, sia esso della Sicilia che del Nord Africa magrebino del XVIII sec., viene presentato in tutti i suoi aspetti etnografici e sociali della struttura di comando delle città e dei paesi, delle stesse architetture e dei territori, degli elementi popolari che al lettore sembra viverli ed immaginarli nella loro realtà.
Nel romanzo quindi, ben amalgamati sono l’antropologia, la ricerca storico-sociologica e dei costumi e quant’altro possa servire a descrivere quel periodo, come la presenza delle istituzioni religiose; tutte cose degne, in definitiva, di ogni miglior lode.
II
Il romanzo è arricchito da una storia d’amore che in un certo modo ne forma l’ossatura. Un amore profondo ed appassionato, iniziato dopo l’arrivo di Charles Vane a Cetaria, con la bellissima Margherita, figlia del Rais della Tonnara. Don Vito, il padre di Margherita, era una persona di grande carisma e autorevolezza. Dirigeva le attività della tonnara con competenza ed intelligenza ed era il capo riconosciuto della comunità dei pescatori che risiedevano con le loro famiglie nel piccolo borgo di Baglio. Teneva i rapporti con la proprietà della tonnara, rappresentata dal monastero dei frati gesuiti e dal collegio delle suore domenicane di Trapani; gestiva i rapporti con i pirati che a Cetaria riparavano sia per nascondersi alla caccia delle marine dei vari Stati, sia per il rifornimento di viveri e provviste necessarie per la navigazione. Punto cardine e perno principale quindi, per il governo di quella terra di mezzo tra Palermo e Trapani. L’amore dei due giovani sbocciò prepotentemente e Charles chiese a don Vito Casalino il permesso di sposare Margherita. Don Vito, dopo qualche malcelata titubanza, invogliato dai ricchi doni del pirata, accettò il matrimonio che venne celebrato nella piccola chiesetta del Baglio. Quest’amore sarà il filo conduttore, tra alterne e mutevoli vicende, di tutto il romanzo di Giuseppe Mistretta e ne condizionerà gli esiti.
Al Golfo del mio pensiero (*)
aperto all'infinito,
appar la sera il Pirata
Inglese, Charles Vane.
Egli esige ch'io termini
di scriver la sua avventura,
per quello stringe a sangue
le mie povere meningi.
Ma al tramonto, cessano
posto 'l vespro
i tormenti miei,
allor 'l leggendario legno,
si mostra a me vagar
alla deriva.
(*) Alcune strofe della poesia di Giuseppe Mistretta dedicata al Pirata Charles Vane.
III
Nella narrazione di Mistretta si riscontra un ulteriore elemento caratterizzante, oltre a quelli già menzionati: il tratteggio psicologico dei protagonisti, che si muovono con sentimenti e caratteristiche individuali ben precise. Nel complesso tessuto narrativo, emergono dando personalità al singolo attore delle vicende, dal personaggio più importante, ovvero Charles Vane, al giovane mendicante Micheluzzu senza patri di Trapani. Credo che questo sia un altro titolo di merito per l’Autore.
Un elemento mi ha colpito favorevolmente nella tessitura dell’opera: l’inserimento di alcuni dialoghi con protagonisti popolari in dialetto siciliano dell’epoca (con traduzione in italiano). Pochi ma incisivi dialoghi, testimonianza palpabile di un modo di vivere e di comunicare nella realtà di ogni giorno nella Sicilia del ‘700, un documento filologico non di secondo conto.
Lascio a voi dunque, cari lettori, il piacere di addentrarvi nella trama, in cui colpi di scena e sorprese emergeranno numerosi ai vostri occhi. Un romanzo scritto bene e corredato da disegni artistici che ne arricchiscono l’impaginazione; una lettura che consiglio non solo ai miei amici ma a tutti coloro che prediligono il romanzo storico… e questo è un vero romanzo storico.