Suscita sentimenti diversi e richiama a riflessioni profonde questo saggio di Enzo Fiorentino dal contenuto socio-politico, dedicato alle vicende italiane degli ultimi cinquant’anni e nelle cui pagine l’autore, sociologo e dirigente scolastico in pensione, riversa tutta la sua competenza e la mai sopita passione per la politica coltivata fin dalla giovane età.
I misteri inspiegabili della politica italiana – questo l’accattivante titolo – ripercorre con dovizia di parti-colari un periodo turbolento della vita della Repub-blica, contestualizzando gli avvenimenti attraverso una scrupolosa rappresentazione della condizione politico-sociale del Paese nel periodo preso in esame.
I misteri “inspiegabili” sono sostanzialmente due: il rapimento e l’uccisione di Aldo Moro – datati, rispettivamente, 16 marzo e 9 maggio 1978 – presidente della Democrazia Cristiana all’epoca dei fatti oggetto dello studio; le drammatiche esecuzioni dei giudici Giovanni Falcone (Capaci, 23 maggio 1992) e Paolo Borsellino (Palermo, 19 luglio 1992). Eventi che hanno messo a repentaglio la sopravvivenza democratica in Italia e che, con l’agguato mortale al generale Carlo Alberto Dalla Chiesa (Palermo, 3 settembre 1982) e le stragi del 1993 di Roma, Milano e Firenze formano – nota Fiorentino – quel filo rosso, che ancora unisce i buchi neri della storia italiana.
Per entrare nel primo “mistero” preso in esame dallo studioso barese, evidenziamo che sono i tempi – seconda metà degli anni Settanta del secolo scorso – in cui Aldo Moro scorge all’interno del PCI una garanzia di equilibrio che ne fa una realtà più agile e disposta al dialogo. La necessità di “aprire” ai comunisti diventa sempre più evidente e lo statista pugliese si pone con perentorietà come l’uomo destinato a gestire la nuova fase della politica italiana, fors’anche da Presidente della Repubblica, carica a cui sembra destinato.
Sulla spinta, innovativa e per certi versi rivoluzionaria, della proposta di Moro, maturano e si realizzano prima il rapimento e quindi il martirio del deputato magliese. Il suo lungimirante progetto s’interrompe traumaticamente e s’apre una stagione di drammatiche incertezze per il presente e il futuro del Paese. Per volontà di chi? E per mano di chi?
La disamina di Enzo Fiorentino è tanto dettagliata quanto appassionata, alternando sue personali osser-vazioni con il contenuto di documenti ormai acquisiti alla storia di questo doloroso capitolo della vita italiana del Novecento. Il rapimento e l’assassinio di Moro vengono affrontati e analizzati non già come semplici fatti di cronaca nera bensì con approfon-dimenti che delineano un contesto sofferente al cui interno si muovono poco raccomandabili interpreti del livello nazionale e internazionale.
L’analisi è sagace, intensa, determinata, supportata da fonti mai smentite e, anzi, quasi sempre confermate: Moro viene ucciso, certamente per la sua collocazione nel panorama politico dell’epoca e per le sue idee, da coloro che ricorrentemente vengono definiti “poteri superiori” o “poteri alti”, soprattutto occulti, italiani e stranieri.
Il vocabolario utilizzato per analizzare e descrivere gli assassinii dei giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino non è dissimile da quello adoperato per rievocare la tragica fine di Moro: reticenze, omissioni, servizi segreti, collusioni, misteri irrisolti, sospetti, piani alti del potere, buchi neri, nebulosità. Con la non trascurabile aggiunta delle infiltrazioni mafiose nel tessuto sociale, oggetto prevalente delle indagini dei due magistrati siciliani.
Nodo cruciale delle investigazioni su questi due efferati delitti diventano, rispettivamente, l’agenda rossa di Borsellino che non si sa dove sia finita e in mano a chi si trovi e i file contenuti nel computer di Falcone.
A questa già di per sé inquietante circostanza lo studioso ne aggiunge altre che conferiscono contorni viepiù angoscianti agli episodi delittuosi: rifacendosi al contenuto di saggi e articoli di stampa si chiede come mai lo Stato non si era preoccupato, dopo la strage di Capaci, di rafforzare, adeguandolo alle circostanze, l’apparato di protezione predisposto e riservato a Borsellino. E con pari rammarico scrive del “tradimento” dell’amico Giovanni da parte del CSM e degli scontri con il procuratore Giammanco.
Fiorentino si mostra categorico nei suoi convincimenti: l’uccisione di Falcone e Borsellino ha avuto una matrice politica, mentre le stragi di Roma, Milano e Firenze del 1993 sono riconducibili a una pista di stampo terroristico. Conclude parlando di verità solo sussurrate, falsità macroscopiche e mette in risalto, inoltre, il ruolo dei servizi segreti.
In questo saggio Enzo Fiorentino riversa tutta la sua vis civica manifestando grande attenzione per la res pubblica intesa nell’accezione etica di collettività costituita da donne e uomini inseriti in un virtuoso ambito sociale.
Il lettore più esigente vi troverà originali e credibili elementi di analisi utili alla comprensione dei “malesseri” che hanno afflitto la vita socio-politica del Paese nel periodo considerato. Soprattutto, si confronterà con una versione organica e “ragionata” del complesso e intricato quadro di tutte le valutazioni, le speculazioni, gli scandagli investigativi e intellettivi che l’hanno contrassegnato. Peculiarità che conferiscono a questo lavoro un appeal affatto speciale, facendolo entrare di diritto nelle testimonianze più interessanti e stimolanti, tra le numerose che hanno provato a dipanare I misteri inspiegabili della politica italiana dalla seconda metà del Novecento ai giorni nostri.