La terza stagione. Il tempo della vita e quel che resta

Ogni poesia di questa nuova raccolta poetica di Massimo Massa, è una narrazione interiore, diaristica, intimistica, sino ad essere una notazione che appunta eventi di una cronaca, che racconta i dettagli di una vita, che scorre e che osserva, che legge e che ricorda

Sono nato nel ‘60
all’ombra della sera
nel sonno dell’inverno
da cui torna primavera.

(La terza stagione, Massimo Massa, p. 188)

La seconda quartina tratta dalla lirica Sono nato nel ’60 è il sigillo alle tematiche affrontate nell’opera, diverse ma interdipendenti, connesse strettamente all’area sentimentale del nostro Autore, quando il mondo sensoriale e percettivo stratifica in emozioni e origina l’interiorità in cui la coscienza prende man mano forma, divenendo conoscenza del sé.
Scopri chi sei e non avere paura di esserlo (Gandhi).


Nella silloge del poeta Massimo Massa tale esplorazione escatologica, relativa all’individuo, è chiaramente definita già nel titolo, in un processo conoscitivo in atto, che nulla trascura nel bene e nel male, tra discese e risalite, sofferenze e gioie, traguardi e orizzonti lontani, cadere il già stato per rigenerarsi, ritrovarsi e alfine riconoscersi in un compiuto concepimento, aderente alla “seconda pelle” (rif. P. 54).
Oggi non torna il conto/ attraversato dalla vita/ mi ritrovo grigio il capo/ ed un corpo che non conosco. /

Un “non conoscersi” che in effetti è prendere atto di ciò che si è – conoscenza dell’inevitabile –, nel tempo che incalza, in cui passato e futuro non hanno vita a sé stante ma, congiunti da un inevitabile presente, divengono inscindibili, perché l’uomo/Autore attuale è correlato alla genesi di sé stesso ma con la perentoria necessità, forgiata da un determinismo pragmatico, di pareggiare il bilancio esistenziale prima che il futuro si trasformi in vissuto.
Una costante presente nell’intera silloge, una passionale ricerca interiore per definirsi più similmen-te a propria immagine:

Chiedo tempo all’esistenza/ nella corsa per tornare ombra/ tra le altre risonanze/ fino a sciogliere catene/ perché il conto torni al pari.

L’intero volume è, per giusto metodo, suddiviso in tre capitoli;

IL DOPO CHE VERRÀ
Una titolazione preconizzante, l’accurata scelta dell’avverbio “dopo” – “poi” sarebbe risultato anacronistico – volge già il pensiero oltre, dilatato sul domani; un lemma determinante che prevede una consequenzialità, una successione, una posteriorità e quindi epifanico di progettualità e composizioni di certo attinenti alla sfera più metafisica che immanente, come ben si evince nella morfologia poetica dalla tessitura a intenso carattere endogeno.
E ancora l’azione verbale al futuro “verrà” profetizza l’avvento, il raggiungimento, il riscatto alla fatica interiore, bardata dall’esperienza dell’uomo che nel poeta riflette una polifonia latrice d’ispirazioni oniriche in cui la corrispondenza biunivoca, tra il soggetto/Autore e il sogno/desiderio, scardina le coordinate spazio-temporali.
Il dopo che verrà include infatti liriche a carattere prevalentemente intimistico in cui la posizione epistemica si eleva a favore di un processo conoscitivo interiore, ancora in fieri, in cui Massimo Massa annota, rimembra, affastella, progetta nel segno della speranza e del raggiungimento di un equilibrio stabile e armonioso – di certo distante dal panglossismo individuale – in cui i propri limiti e le fragilità, non più ostacoli, contribuiscano a formare l’uomo, in tutte le sue sfaccettature e forgiarlo, rafforzandone l’animo:

Ero vento di tempesta/ e mi feci sabbia/ (…) / Ero legna nel camino/ e mi feci fiamma…/

È il momento in cui l’esteriorità svigorisce a favore di una più alta soglia di spiritualità in cui, il dubbio, le speculazioni filosofiche, le contraddizioni umane sospingono nella gravosa esplorazione e ricerca della verità dopo aver calcato le orme del tempo:

Non è l’arcano messaggero/ che io temo/ ma quel dolce turbamento che nell’anima consegna/ sconosciuta ogni mancanza/ in cerca d’un approdo.

Il tempo è protagonista, campeggia tra i versi in cui intercorrono i termini “ore / anni / giorni / minuti/ istanti / millenni” a giustificare un percorso umano costruito passo dopo passo, senza sconti, senza rinnegare o giustificare, sedimentando il viaggio compiuto da quel ’60 ad oggi e traslato in un telos poetico di grande efficacia in cui Chronos si appariglia a Kratos.
E ancora è possibile scorgere tra i versi una mappatura geografica identitaria in cui Massimo Massa attinge alla numerazione con speculare originalità espressiva, offrendo una misura poetica, non a quantificare emozioni e sentimenti ma per renderli evidente vissuto, materia e non più ombre, per interiorizzarli ed esserne detentore, e così troviamo “centimetro di luna / sette grammi di speranza / mille milioni di anni / mille anni e uno / mille e più ciliegie / cento giorni / cento passi / cento volte / diciassette febbraio, ma è nella “seconda pelle” che il Nostro anela alla pace:

Ricurvo sulle zolle/ a tracciar solchi/ e dissodare campi/ proverò a cercarmi/ a capo chino e passi incerti…/

IL TEMPO DEL SILENZIO
È il secondo capitolo che racchiude tredici liriche a sfondo sociale in cui il Nostro annulla le distanze col mondo intorno, snellisce l’Io a favore dell’alterità, gravandosi del dolore e delle miserie in cui l’uomo è immerso fin dagli albori del tempo.
Sofferenze al femminile, tutto il sangue versato dal corpo delle donne ma che non risparmiano gli orrori perpetrati ai danni dei minori con versi di straordinaria empatia in cui il poeta si carica di un pianto antico, tenero e struggente al contempo.
Non poteva essere diversamente per chi, come M. Massa, è da sempre attento e sensibile a tali problematiche e, come uomo e intellettuale, da anni condivide progetti legati alla sensibilizzazione, informazione e denuncia.
Liriche, tutte, che aspirano a una forma di riscatto, a pareggiare i conti e giungere alla condivisione equa della storia collettiva in quanto a dignità, rispetto per la vita e diritti umani.


NEL BATTITO DEGLI ANNI
Terza e ultima parte, sale in cattedra il sentimento amoroso in cui la carnalità aspira alla trascendenza, è il bisogno non di corpi ma anime per accedere a livelli superiori, citando Fromm “Non ti amo perché ho bisogno di te, ma ho bisogno di te perché ti amo”. E l’istinto amoroso diviene forza propulsiva, al di là del bene e del male in un percorso di maturazione e liberazione in cui nulla si chiede ma ci si dona completamente: (…) / Tu raggiungimi se “puoi”/ all’incrocio di questa terza età.
Emozioni senza veli, limpide e genuine dell’uomo che sa riconoscersi nei bisogni più intimi, espressi in versi “onesti” – cit. Saba – in cui la lotta tra Eros e Thanatos concede una pausa, in una certa sopraggiunta consapevolezza che nell’altro si riflette la propria autenticità.
Malinconie, rimpianti, ricordi che non richiamano sofferenza, vi è l’annullamento dello stato doloroso, ma rinnovano emozioni mai del tutto dimenticate, forse tenute in un cantuccio, con l’animo desideroso di un disgelo, messaggero di fioriture in una stagione nuova, straripante di talee, per ricominciare, quasi a voler nascere ancora una volta, già grande, l’uomo di domani.

Io ti troverò/ nei silenzi della notte/ che accompagna un nuovo giorno/ ti troverò/ in ogni mio sguardo stanco/ in ogni mio passo incerto/ ti troverò/ in tutti i giorni che verranno.

Già in passato definii Massimo Massa poeta dalla grande anima e uomo dal grande animo, riferemendomi sia alla psiche, alla mente, alla volontà che all’area metafisica e spirituale e credo di poter confermare come tale condizione sia il leitmotiv del suo percorso umano, un confine esistenziale in cui le tesi e le antitesi si annullano, ricongiungendosi al quid che, da immaginario, il Nostro trasforma in realtà, modellandolo alla guisa di uno scultore, ridisegnandolo a forma del suo pensiero catartico, ripulendolo dalle scorie delle umane vicende in un incontro quasi mistico, intessuto di intuizioni cosmiche in cui la semantica, il suono, il ritmo evadono il possibile, annullano il pragmatismo e tra i versi campeggiano cuore e sentimenti inossidabili, da sempre.

Vorrei ricominciare/ al di là delle consuetudini/ nell’avanzare incessante/ della geometria di nuovi giorni…

Posted

29 Jun 2024

Critica letteraria


Maria Teresa Infante La Marca



Foto di Massimo Massa





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