Poesia come vita: verso dove?

La poesia abbatte le distanze, non ha confini

La poesia, nonostante sia stata sempre considerata un genere “di nicchia”, a volte bistrattato dai lettori ed ignorato dalle case editrici, in realtà rappresenta un’ancora di riferimento importante, ancora oggi, nel Terzo Millennio.
Ogni epoca storica ha avuto i suoi poeti. Dai tempi delle mitologie, delle antiche letterature orientali, dalle Teogonie di Esiodo e dai lirici greci ai poemi omerici, per passare a Dante, Petrarca e fino al Novecento, la poesia ha avuto le sue figure e i suoi personaggi di grande rilievo, che hanno lasciato un segno nella storia della letteratura e dell’umanità.




Pur riconoscendo che il patrimonio poetico che abbiamo alle spalle continua, in un modo o in un altro, ad avere proiezioni ed influenze sul nostro tempo, il nostro sguardo vuole posarsi sulla poesia contemporanea, con l’obiettivo di ripensarla rispetto alla condizione esistenziale dell’uomo di oggi. Ripensarla in quale direzione! Sta qui il senso di queste nostre riflessioni!
Il Novecento ci ha consegnato grandi poeti che hanno interrogato il mistero della vita e che hanno fatto interrogare la società su tematiche che hanno gettato le basi della poesia stessa, mettendo la coscienza universale di fronte a domande di senso molto forti.
La poesia contemporanea sta invece vivendo un certo smarrimento, nel senso che il poeta comincia a chiedersi che senso ha il suo poetare. Egli si trova di fronte un forte interrogativo: se la poesia del passato ha già detto tutto, cosa possano dire di nuovo i poeti delle generazioni contemporanee? Dagli anni ‘80 in poi in molti hanno scritto versi e pubblicato testi di poesia, ma quasi nessuno (tranne qualche eccezione) ha lasciato un segno; tutti si sono aggiunti alle generazioni precedenti, alla schiera di poeti più o meno noti dal punto di vista mediatico sviluppando temi poetici già trattati, ma sono stati in pochissimi ad emergere. Insomma, non sembra intravedersi un chiaro orizzonte che dica dove va la poesia , qual è la poesia di cui il nostro tempo ha bisogno, e chi è il poeta oggi.

“Pre-comprensione” e due “idee-madri” sulla poesia contemporanea
Alcuni critici sostengono che la poesia contemporanea è caduta in una sorta di paralisi e che è diventato quasi impossibile fare anche critica letteraria, perché la poesia si è molto frastagliata, è divenuta troppa e confusa, per cui qualcuno ritiene sia diventato quasi inutile parlarne in termini critici e sistematici. Credo, tuttavia, che occorra “ri-partire” da una “ri-valorizzazione” di quel patrimonio poetico-letterario, che costituisce quasi una eredità, costruito dai poeti del secondo Novecento e forse lasciato un po’ troppo nell’oblio; un compito questo che la critica letteraria dovrebbe operare al fine di fare uscire la poesia, nel suo insieme, da quella precomprensione che la riduce a quel genere un po’ astruso, ermetico, intimista, solipsistico ed autoconsolatorio che serve per esprimere buoni sentimenti e dare sfogo alle proprie immagini creative.
È in atto oggi, a mio avviso, una forte precomprensione verso la poesia, consolidatasi in due idee-madri:
- l’idea che la poesia non abbia più nulla da dire e che sia diventata una sorta di giuoco di parole per anime delicate;
- l’idea che la poesia abbia perso il suo ruolo nella società, divenendo uno strumento non più necessario per conoscere la realtà e il mondo: ciò che serve – si afferma – a far progredire le società sarebbe la scienza, la tecnica, la politica, la filosofia, l’antropologia, l’economia, non la poesia, che ha detto tutto in passato con i grandi poeti e che oggi non avrebbe più nulla da dire. Insomma, ad un progresso della società in termini scientifici, tecnici, economici, telematici, mediatici, corrisponderebbe un arretramento della poesia, confinata nello spazio di pochi eletti rimasti chiusi in una poetizzazione non più necessaria alla storia del nostro tempo.

La sfida antropologica della poesia: dalla visione minimalista alla dichiarazione di poetica
Sulle due “pre-comprensioni” di cui parlavo nel precedente post si è costruita l’assenza della poesia nella grande editoria italiana, la quale si è convinta che la poesia non vende, nessuno la legge e quindi è inutile pubblicare. Giovanni Raboni già agli inizi degli anni ‘80 stigmatizzava “la forte diminuzione delle uscite dello ‘Specchio’ Mondadori, ma soprattutto la scarsissima presenza, negli attuali programmi della Mondadori, di un lavoro di ricerca e valorizzazione di nuovi autori”.
In verità è proprio ciò che sta accadendo, perché in un tempo di crisi di lettura, la poesia è quel che paga di più il prezzo, ma il problema credo sia un altro: oggi non si apprezza la poesia, non la si stima da parte del pubblico e degli editori proprio a causa delle precomprensioni suddette, in base alle quali la poesia non servirebbe alla conoscenza della realtà.

Ecco allora che la poesia contemporanea si trova di fronte ad una grande sfida antropologica: quella di ripensare se stessa rispetto alla condizione esistenziale dell’uomo di oggi. Ripensarsi in quale direzione! Questo è il problema!

Io credo non sia più il tempo in cui la poesia possa limitarsi ad abbellire o ad intrattenersi solipsisticamente sulla realtà, o a poetizzare la realtà, a descrivere e narrare il mondo, ma deve ripensarsi e rifondarsi facendo tesoro della migliore eredità poetica dell’ultimo Novecento al fine di fare venire alla luce il “perché” questa nostra società contemporanea sta andando alla deriva.
Sono fermamente convinto che nell’attuale civiltà consumistica, nella società dell’uomo oeconomicus, dell’homo faber, dell’homo ludens , dell’homo social la poesia non potrà mai essere devastata da tempeste e che resisterà al tempo.

Ritengo che la poesia debba essere ripensata in “senso intuizionista”, cioè nella direzione dell’ “intu-ire”, cioè dell’entrare dentro le pieghe della storia, trasformandosi in arte e comunicazione poetica capace di andare oltre il copioso minimalismo poetico contemporaneo mediante la ricerca di nuovi linguaggi, stili e forme. Un poesia, in altre parole, che sappia riproporsi in senso costruzionista, , cioè, capace di concorrere ad una “nuova dichiarazione di poetica” che superi l’idea che basta un’emozione, un sentimento, un foglio, una penna per buttare giù parole che vengono poi chiamate poesia.
Occorre, dunque, superare l’assunto pregiudiziale di partenza, e cioè che per fare poesia non sia necessario avere alcuna idea di poetica; al contrario, ritengo che la poesia abbia bisogno di ricollocarsi dentro uno “spazio di senso onto-etico” , non per diventare elucubrazione intellettuale elitaria, ma per “ri-centrarsi” sulla persona come “luogo di bellezza da salvaguardare” a fronte delle incursioni tecnico-scientifiche che, pur nella loro valenza positiva, tendono ad omologarlo, a privarlo dei suoi sentimenti e della relazione vera con se stesso, con la natura, con gli altri.

Ecco, la poesia del nostro tempo rischia di perdere la sua valenza letteraria più rilevante se continua ad essere ridotta, a volte anche con il concorso involontario di tanti poeti contemporanei che producono versi anche belli, ad una entità astratta e priva di radicamento nella storia, o semplicemente ad un frutto autocompiacente dell’esibizione di meri sentimenti o a una denuncia stantia e parolaia.
Se, in questo nostro mondo globale, che non è quello dell’800 o del ‘900, la gente confina il poeta nell’orizzonte di un ingenuo sognatore, di un romantico della bellezza chiuso nella sua torre eburnea, di un declamatore di cose già dette da poeti consacrati dalla storia letteraria e riproposte in modo riveduto e corretto accampandovi i propri sentimenti, le sue parole poetiche o diegetiche non interesseranno a nessuno e i suoi libri non verranno letti anche se dati in regalo. Il cambio di direzione su cui riflettere è quello della collocazione del poeta nell’orizzonte universale di un costruttore di bellezza, di civiltà e di umanesimo, temi, certo, anch'essi della poesia da noi ereditata, ma oggi particolarmente bisognosi di essere recuperati e contestualizzati come contenuto importante e fondamentale per la costruzione di una poetica come vita.

Posted

03 May 2022

Pensieri e riflessioni


Domenico Pisana



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