Care Amiche e Amici, stanotte non riuscivo a dormire se non rendevo omaggio con un mio rapido schizzo alla vittoria del Napoli. Un evento sociale e culturale importante. Per tanti aspetti. E lo faccio da tifoso interista da tanti tantissimi anni. Conosco benissimo Napoli. Mia moglie era napoletana. Ricordo la Napoli che non c’è più. Come la Napoli di Totò, quella di Porta Capuana, Foria. La Napoli degli anni ‘60, creativa, quella che Pasolini definiva come una etnia a sé che non vagava ma che era stanziale in una città sul mare come Napoli. Una umanità con una sensibilità culturale della vita, diversa e unica. Una diversità di ricchezza, diceva, che sarebbe rimasta finché “rimarranno in vita i napoletani.” E su questo dissento dal “Paolo” dalla genialità multiforme.
Credo che la napoletanità rimarrà se si eviterà quel genocidio culturale del globalismo consumistico. E se la classe politica attuale saprà proteggere le radici di una semantica antropologica che contiene in sé quell’alchimia che genera magie immaginifiche di cui i vari linguaggi espressivi ne portano i segni.
Dal teatro “orgiastico” pompeiano alla canzone come inno alla vita, dalla sapienza di Edoardo al cinema dei grandi visionari, dall’architettura ambientale e dei grandi scrittori, alle magie del grande Pino Daniele, dal folclore surreale e metafisico, alla cultura presepiale sempre dinamica.
Una risposta data da un signore napoletano dalla faccia arguta ad una offerta di lavoro di un giornalista che aveva avuto mandato da un imprenditore: “Ma tu in mezzo a centomila persone vieni ad offrire del lavoro a me?” Ovviamente in vernacolo napoletano. Difficile da capire se si agisce con gli schemi della “vita degli altri.” Insomma: una dimensione antropica in cui la razionalità si contempla nelle viscere del mistero e della sensualità tra magia e spiritualità. Ove la vita è gioia e perdizione, in un barocco sanguigno e sapienziale che sfugge alle etiche moderniste del vivere inscatolati.
Onore al presidente che, da grande esponente di una famiglia di cineasti visionari, ha saputo realizzare un film calcistico di successo con grande intelligenza amministrativa. Una lezione per tanti Club del nord, non solo italiani ma anche esteri. Se pensiamo a Club come il PSG capace di spendere centinaia e centinaia di milioni d’euro per ogni calciatore per poi non vincere mai nulla a livello internazionale – solo un campionato interno – possiamo dire che dalla bistrattata Napoli arriva una lezione a tanti spendaccioni sparsi per il mondo. Una lezione che parte da un imprenditore di cinema che si chiama De Laurentis. Una lezione che potrebbe essere salutare per tanti, in diversi settori della vita sociale.