L’io lirico messo in campo da Maria Teresa Infante (Extrema ratio, Genesi Editrice, 2021) assume su di sé tanto elementi autobiografici che altri tratti dalla cronaca – in riferimento perlopiù al triste fenomeno del femminicidio – entrambi risolti in un linguaggio che mescola insieme concretezza e visionarietà in un accumulo di immagini, figure retoriche, tensioni espressive che rimbalzano verso il lettore, provocando spesso una reazione di stupore.
Tutti i testi sono attraversati da una bruciante condivisione del dolore e della solitudine che determina un’interiorizzazione degli eventi, narrati – come si legge nella motivazione della Giuria del Premio I Murazzi 2020 – lungo una rotta di interpretazione delle connessioni tra la psicologia della mente umana e la realtà delle cose".
I testi, benché titolati, sembrano entrare e uscire l’uno nell’altro, l’uno dall’altro, tanto sono assimilati dalla stessa voce dolente, dalla stessa necessità di sopravvivere, dalla minaccia della morte interiore e/o fisica.
È la donna di ogni tempo e luogo che campeggia in un’assolutizzazione quasi sacralizzata nei gesti, nei pensieri, negli umori che fanno tumulto dentro, perché spesso inespressi, respinti, cacciati indietro nella gola.
Questo sentimento di empatia e solidarietà umana nei confronti della donna umiliata, spezzata, spesso eliminata fisicamente dalla violenza maschile, fa di questo libro una testimonianza necessaria; mentre la sperimentazione linguistica lo distingue da quanti affrontano lo stesso tema, dimostrando come l’impegno possa e debba essere sempre coniugato con le ragioni della letteratura.