I terrazzani si trovavano in quasi tutti principali centri del Tavoliere: Foggia, Lucera, Cerignola, San Severo, paesi dei 5 Reali Siti, Manfredonia, Castelluccio dei Sauri. Erano raccoglitori di frutti spontanei della terra (lampascioni, verdure, capperi, lumache, funghi, pere selvatiche, ecc.) e cacciatori.
Se consultate i vocabolari, sono considerati abitanti di città fortificate poi, riguardo alla Puglia, raccoglitori di frutti spontanei.
IN FOTO: Donne e bambini dei Terrazzani di Piazza dell’Olmo,
una delle più belle piazze del quartiere dei Terrazzani a Borgo Croci (Foggia)
A questa definizione, ho aggiunto anche cacciatori perché non vi era terrazzano che non si dedicasse a qualche forma di caccia e occasionalmente anche alla pesca, con metodi arcaici (con le radici del tasso). La caratteristica psicologica rivelante delle loro personalità, era il bisogno di libertà, cioè la possibilità e il desiderio di non dover sottostare ad un padrone.
Attività lavorative dei terrazzani
Raccoglitori di frutti spontanei: si dedicavano alla raccolta dei lampascioni, funghi, verdure commestibili e curative, cardi, liquirizia, camomilla, capperi, peri selvatici, lumache, ecc.
Terrazzano contadino: nel condurre l’attività di rotazione ciclica, nelle grandi colture, per nutrire i terreni messi a grano, ma ormai sfruttati, venivano seminati fave e piselli e i proprietari delle terre spesso chiamavano i terrazzani per fare quest’operazione. Alcuni terrazzani possedevano vicino alla città una, due versure di terreno che coltivavano soprattutto a biade per procurarsi il cibo per i loro cavalli.
Carrettieri di fiume: i “trainieri” di fiume trasportavano materiali per l’edilizia e per la costruzione delle strade (sabbie di vari tipi, ciottoli, ecc.).
Carrettieri di prodotti agricoli: trasportavano vino, paglia, ed altri prodotti; più spesso il grano da portare al Piano delle Fosse per l’insilaggio nelle caratteristiche e tradizionali “fosse”. Il “carrettiere” era ritenuto superiore, come posizione sociale, al “terrazzano”.
Le case dei terrazzani erano spesso dei tuguri, un’unica stanza in cui i vari ambienti erano divisi da tende. mangiavano tutti in un unico piatto di creta grande e bisognava essere veloci per non restare digiuni
Tutti i terrazzani erano anche cacciatori, che usavano diversi metodologie venatorie. I diversi metodi di caccia usati dal terrazzano erano proibiti e quindi la sua era una caccia di frodo; in più era esercitata senza del previsto porto d’armi.
Caccia col cavallo: All’inizio del 1900 si contavano più di una decina di cacciatori col cavallo. Il cacciatore nascosto dietro al cavallo si avvicinava alle oche e, una volta vicino, sparava.
Caccia con la balestra: si praticava nei mesi di luglio, agosto e settembre. Il terrazzano si avvicinava furtivamente agli alberi, dove, poggiati sui rami, dormivano gli uccelli. Dopo averli individuati con la luce della lanterna, col campanello cantava loro la “ninna nanna” ed infine con la balestra li colpiva alla testa o alla gola, usando un proiettile sferico di creta.
Caccia con lanterna e campanello: si praticava nelle notti senza luna. Era utilizzata soprattutto per la caccia alle allodole, ma anche agli strillozzi, all’ispola, che d’estate dormivano a terra, nelle stoppie.
Caccia con le tagliole: nella tagliola, fatta di archetti di acciaio, con molla centrale, si inseriva un mezzo verme (o in mancanza, un chicco di avena) trovato sulle radici di particolari piante, di cui le allodole ed altri uccelli erano ghiotti. L’uccello attirato dal verme restava intrappolato.
Caccia alle lepri e alle volpi: i cacciatori che andavano con fucile e col cane erano chiamati “cacciatori di mezzana.”
Caccia con le reti: si cacciavano quaglie e passeri. Le reti però erano specifiche per ogni tipo di preda.
Caccia al tasso: la tana veniva individuata dai cani. Se le entrate erano tre, due si chiudevano ed una si lasciava aperta. Quando il tasso tornava, un cacciatore lo aspettava armato di bastone, appena individuato lo colpiva alla testa.
Caccia al riccio: nel mese di agosto, utilizzavano cani, appositamente addestrati, muniti di sonagliere al collo, per evidenziare la loro posizione fra il folto della vegetazione.
Caccia ai topi: erano i terrazzani stessi a costruirsi i “valestri”, con cui catturare i topi che infestavano le campagne foggiane. Erano tagliole costruite con un pezzo di canna e un ramo di tamarice (elastico).
Pesca: per la pesca nei canali, nei laghetti si usavano le radici del tasso, che i terrazzani chiamavano la “radice del pesce.” Quando i fiumi si prosciugavano e si formavano tante piccole conche, separate una dall’altra, si calava nell’acqua un sacco con le radici del tasso, si ripeteva la cosa due o tre volte e dopo cinque minuti il pesce veniva a galla, accecato. Questo era un metodo di pesca tipico degli uomini primitivi. Veniva anche praticata la pesca alle anguille mediante l’impiego di nasse e bertovelli.
Pesca alle rane: le rane, nelle notti senza luna, si catturavano con la lanterna. Le rane si prendevano anche con le canne, sul cui amo si appendeva un po’ di pelle dello stesso animale.