Molte le immagini sensoriali evocate dalla parola “primavera” dopo un lungo inverno. I primi raggi caldi del sole che baciano la pelle, i fiori sugli alberi che fiancheggiano le strade e il tepore pronto a riscaldarci dopo il gelo dei mesi precedenti. Non a caso l’arrivo della primavera era in passato associato ai pellegrinaggi organizzati per ringraziare ed ingraziarsi il divino che aveva aiutato e sostenuto il genere umano nella lotta contro la malattia e la morte.
Proprio la primavera nella sua multiforme bellezza ha ispirato i poeti nel tempo, arricchendo le letterature di una fantasmagoria di versi danzanti ed allegri, volti a celebrare la natura nella sua variegata essenza e come espressione della benevolenza divina. The Daffodils, del poeta romantico inglese William Wordsworth, è uno di questi testi.
L’esperienza della vista floreale colpisce il lettore sin dal principio e lo coinvolge in un percorso di percezioni, visive, tattili ed olfattive che penetrano fino in fondo all’anima lasciando una sensazione di tranquillità spirituale che rimane nel tempo.
Il poeta si avvicina allo spettacolo della natura in festa da solo, “come una nuvola” e ne percepisce immediatamente la bellezza, luminosità, ricchezza e movimento. I narcisi, fiori gialli che appaiono in primavera, sono “una folla”, “distesi”, “in una linea senza fine” e appaiono “perpetui” al punto che al poeta pare di vederne “diecimila”. La vista rimane toccata profondamente dal loro luccichio e dal colore dorato così da racchiudere le stelle che brillano nella Via Lattea e lo scintillio delle onde. La visione poetica diventa così mistica e si carica di profondi valori universali che vedono l’uomo non come semplice spettatore del contesto paesaggistico e naturalistico ma piuttosto come sua parte fondante ed integrante.
Una semplice passeggiata in mezzo alla natura viva, quindi, dove ogni piccolo elemento, fiori, fiumi, etc, non partecipa in modo statico ma è dotato di umano movimento, come veri esseri viventi. Wordsworth intravedeva questo dinamismo nel mondo naturale da lui tanto amato, al punto da trarne gioia, piacere e consolazione dato che lì si manifestava in una visione panteista anche lo spirito dell’universo creato da Dio. La natura si pone così in aperto contrasto con il mondo urbano e si trasforma in un flusso di sentimenti benevoli e vivificanti in grado di condurre per mano verso il superamento di dolore e sofferenza.
Il poeta utilizza metafore e personificazioni per trasmettere questo quadro, oltre all’impiego sapiente del linguaggio sensoriale che diventa la colonna portante e l’approccio estetico dei suoi versi. L’essere umano ama la natura superando ogni puro e semplice sentimentalismo per raggiungere, tramite il gusto delle piccole cose, una permanente gioia di vivere. Sarà infatti solo in un successivo momento di riflessione, nell’isolamento spaziale e interiore, che il poeta rivivrà, attraverso il ricordo, la fantastica e gioiosa vista dei fiori e della loro bellezza, provandone un duraturo piacere.
Non ci resta altro, allora, se non immergerci nei colori e nei profumi di una natura che si risveglia danzando colmi di felicità per la bellezza che Dio ci ha donato. Sarà una danza propiziatoria nell’attesa di un futuro di speranza e di pace.