Il fascino misterioso del mare non finisce mai di colpire l’immaginazione degli artisti secondo una tradizione vera da sempre. Ne sono testimonianza i dipinti, le sculture con rappresentazioni di creature marine, i romanzi e le creazioni poetiche che hanno presentato l’ambiente del mare nella sua multiforme essenza, passando dal bello al sublime e confermandone l’assoluto potere e impatto sull’essere umano.
Il mare è un variopinto set di colori dall’alba al tramonto. Oggi si è purtroppo trasformato in teatro di sofferenza e di morte, soprattutto nel “Mare Nostrum” che ha accompagnato la nostra crescita culturale ed umana.
I poeti nel tempo si sono sbizzarriti per presentare il mare e gli oceani come forza superiore e distruttiva. Samuel Taylor Coleridge, nel The Rime of the Ancient Mariner (La ballata del vecchio marinaio) , ci presenta un contesto ricco di simboli e immagini dove il viaggio spirituale dell’essere umano attraversa tutte le sue fasi, dal peccato fino alla Redenzione e alla Salvezza, caricandosi di pregnanti suggestioni cristiane e bibliche.
Il mare può, però, anche colorarsi di striature romanticheggianti, come nel celebre sonetto One day I wrote her name upon the strand (Un giorno scrissi il suo nome sulla sabbia) del poeta rinascimentale Edmund Spenser, dove la forza distruttrice del mare viene sconfitta dal potere della poesia e dell’arte di immortalare ciò che è effimero e quindi destinato a scomparire. Molte le interpretazioni e le atmosfere riprodotte da poeti e scrittori nel panorama letterario mondiale, come un rapido sguardo alle poesie sul mare può testimoniare.
Succede anche di leggere versi limpidi proveniente da una voce ferma, implacabile e protesa verso una costante ricerca formale, come quelli di Emily Dickinson, poetessa nata ad Amherst, nel Massachusetts, nel 1830 che si configura come presenza appartata eppure così armoniosa e presente nel panorama della letteratura americana. L’intenso processo riflessivo e meditativo della Dickinson riesce non solo a carpire le sfumature impalpabili del reale ma anche e soprattutto ad afferrare ciò che l’occhio e la sensibilità comune non riescono a percepire. Emily Elizabeth Dickinson interpreta brillantemente le istanze volatili della poesia.
The Sea of Sunset è un esempio lampante della necessità comunicativa ed espressiva della Dickinson. I suoi versi sono un perenne esame di coscienza, una ricerca ultima delle sfumature della natura che nella sua asciutta commozione non appare mai banale. La poetessa scandaglia i diversi strati del mondo che la circonda elaborando una vera e propria fenomenologia di gioia e dolore, partecipazione emotiva e oggettiva osservazione, conducendo il lettore all’interno di un discorso personale in cui lei, l’autrice, racconta e si racconta.
La prima impressione de Il Mare del Tramonto è di immergersi in un’atmosfera di colori forti ed evanescenti al tempo stesso. Questa poesia di appena otto versi, su due strofe, esemplifica il principio portato avanti dalla poetica della Dickinson: versi brevi ed incisivi dotati di sintesi e concisione e tali da leggersi in una sola seduta, secondo i dettami dello scrittore Edgar Allan Poe. I colori si riproducono a livello esponenziale riuscendo a farci intravedere il “Mar Giallo” (v. 2), il “traffico viola” (v. 5) o “le balle di opale” (v. 6), pietra simbolo di trasformazione, cambiamento. La poesia ha ritmo, immediatezza e dinamicità tipici di una tradizione orale. La narrazione procede a scatti in un gioco di insistenze che ci spinge a fermarci mentre ci sprona ad andare avanti, quasi la Dickinson si divertisse a tenderci dei tranelli.
Ai nostri occhi così compare il mare e il suo mistero, pinne e conchiglie fosforescenti che ci riportano ai famosi “water snakes” (serpenti marini) della già citata “Ballata del vecchio marinaio” di Coleridge. Il potere del poeta è di creare dal nulla con il dono dell’immaginazione, esercitando un rapporto con il lettore che sempre Coleridge chiamava “poetic faith” (fede poetica). Proprio questa qualità evoca una scena reale e fatata al contempo, “vele fatate” “s’immergono e svaniscono” in modo fuggevole, lasciando la sensazione di un momento magico sulla spiaggia che non durerà per sempre: arriverà presto il buio della notte e le vele si allontaneranno verso l’orizzonte.
Il Mar Giallo, nonostante le lettere maiuscole, non sembra avere alcun riferimento geografico, come confermerebbe il verso “questi sono il mistero occidentale” (v. 4). La mescolanza tra reale e irreale è la forza e, sicuramente, l’intenzione del testo come pure il desiderio di espandere l’idea delle dimensioni del mare del tramonto, vasto e scintillante a dismisura ai nostri occhi.
Ritmo ora spezzato, ora incalzante il verso della Dickinson riesce a rimbalzare da un ambito lessicale e sentimentale all’altro mantenendosi su livelli schietti e arguti. Tutto il testo si configura come una metafora estesa dell’esistenza, una breve ma efficace narrazione di una vita che volge al tramonto, seguendo il corso del mare. Ci ritroviamo così, allora, come poveri mercanti, “in bilico” sull’orizzonte del mondo.