La “malattia”, per definizione, è “un’alterata condizione organica e/o funzionale di un organismo o di una sua parte, che si configura come un processo evolutivo che può giungere alla guarigione, oppure alla morte”. È evidente che lo stato d’infermità di una persona implica sofferenze che coinvolgono, oltre che fisicamente il corpo, anche lo spirito e l’intelletto.
Considerando l’aspetto sociale, il “malato” è un membro della comunità di cui fa parte geograficamente, politicamente e giuridicamente.
Da quest’assunto ne deriva che, qualunque sia il tipo di malattia dalla quale è affetto, qualunque sia la sua età e l’estrazione sociale, le istituzioni hanno il dovere di provvedere alla sua tutela, non solo mediante la cura, ma anche e soprattutto mediante la prevenzione.
Se pure questa politica di solidarietà e di senso civico è entrata nei comportamenti e nelle leggi che regolano le società civili, per le famose malattie rare, poco si è fatto.
Una malattia è rara quando colpisce solo una parte limitata della popolazione; quindi, si tratta di una condizione morbosa poco frequente e poco conosciuta dalla scienza medica. Questa rarità comporta un minore interesse da un punto di vista medico, eziologico e patogenetico, una maggiore difficoltà negli studi, un minor mercato capace di ammortizzare i costi di una ricerca farmacologia specifica.
Ogni anno si celebra in tutto il mondo il Rare Disease Day, ovvero la Giornata Mondiale delle Malattie Rare, un’occasione per sensibilizzare politici, ricercatori e opinione pubblica su una condizione di cui soffrono 300 milioni di persone da un angolo all’altro del pianeta. “Rari” non significa “pochi”. In Italia ce ne sono due milioni e almeno 4 su 100 in Europa sono minori di 14 anni
D’altronde “cui prodest”? A chi giova investire ricerche lunghe e dispendiose? Quando poi, seppur si dovesse trovare la soluzione al problema, l’eventuale farmaco troverebbe un mercato tale, non solo da non produrre ricavi e redditività - sempre ambiti e perseguiti dalle case farmaceutiche - ma addirittura insufficienti a coprire le spese investite nella ricerca.
Nell’Unione Europea una malattia rara colpisce cinque persone su diecimila; tradotto in percentuale, significa che approssimativamente circa 230.000 persone in tutta Europa sono ne sono affette, ovvero vive in condizioni disagiate, sia dal punto di vista medico che sociale e dal momento che si sa poco o niente su di esse, una diagnosi esaustiva e accurata viene il più delle volte formulata in maniera tardiva, talvolta anche dopo anni.
L’attenzione verso le malattie rare è un fenomeno recente.
Finora le autorità preposte alla salute pubblica le hanno quasi ignorate, ma il problema appare ormai ineludibile. Ad oggi sono le organizzazioni umanitarie private, per fortuna sempre più numerose, che si occupano dell’assistenza ai malati che, anche grazie all’esperienza acquisita sul campo, cercano in ogni modo di sensibilizzare l’opinione pubblica su questo problema sociale e sulla sua ecumenicità.
Occorrono fondi e infrastrutture per la ricerca e per sostenere le associazioni di volontariato che si fanno carico di questo impegno con cristiana solidarietà e amore per il prossimo.
È una situazione di disagio, ormai avvertita universalmente, che ha indotto anche gli organismi internazionali come l’UE ad istituire un programma d’azione che, nell’ambito del nuovo programma per la sanità pubblica, promuove la prevenzione, la diagnosi e il trattamento terapeutico ottimale delle malattie rare in Europa.
È auspicabile attendersi che le Organizzazioni Pubbliche Sanitarie, congiuntamente agli Enti privati e ai benefattori che sostengono la ricerca, possano concorrere con impegno e con serietà d’intenti ad affrontare con maggiore determinazione e risorse questa problematica.
Da parte loro, i media, hanno il dovere di sensibilizzare maggiormente l’intero tessuto sociale ad occuparsi concretamente del problema; una meritoria azione propulsiva d’informazione e di stimolo alla solidarietà nazionale, che potrebbe sicuramente assicurare, a questa particolare categoria di malati, una vita migliore e più dignitosa.