La lingua di un popolo rappresenta le sue tradizioni, la sua storia e quella del popolo siciliano non poteva che produrre nei secoli un lessico ricco e vario, un dialetto dal linguaggio schietto, originale e verace che trova riscontro nell’uso quotidiano e popolare della comunicazione.
Con Petri senza tempu la poesia di Barone si colloca, a giusto titolo, nel filone della tradizione letteraria popolare siciliana.
Tralasciando il commento tecnico alla dotta, appassionata ed esaustiva prefazione del prof. Scalabrino al libro di Nino Barone, cercherò di esprimere il mio pensiero da semplice lettori appassionato della lingua siciliana.
Barone ha un animo poetico, ammirevole per i contenuti umani, sociali ed ecumenici della sua poesia. Trapanese verace, attaccato della sua Terra e ai suoi affetti più cari, quello coniugale per la sua compagna e genitoriale per i suoi figli, il suo amore per la città natale, nelle cui pietre si riconosce, poggia sui tratti geografici e territoriali, sulle caratteristiche etniche e umane dei suoi concittadini e sulle millenarie tradizioni. È figlio di questa Terra e del mare che la circonda che ama immensamente.
All’inizio della sua attività artistica era considerato il poeta de “I Misteri”, definizione che deriva dalla nota manifestazione religiosa che si tiene ogni anno a Trapani e dalla quale ha attinto le prime ispirazioni poetiche. In quest’ultima raccolta però, Barone ha dimostrato di aver raggiunto la maturità artistica attraverso le sue molteplici ispirazioni che affondano le radici nella vita di ogni giorno, che narrano i problemi della vita quotidiana della sua città e dei suoi concittadini.
Il suo dispiacere maggiore è costituito dall’indifferenza dei più alle attuali e preoccupanti problematiche sociali, politiche ed economiche del territorio siciliano. Con le sue liriche si fa portavoce di un radicale cambiamento, che purtroppo non trova riscontro nella realtà. La sua delusione è accorata e drammatica: in questa vita tumultuosa e sfrenata che siamo costretti a condurre, trova un po’ di pace soltanto durante il riposo notturno, confortato dalla vicinanza carnale e simbiotica della sua compagna e dal respiro dei suoi figli.
Non da meno tralascia di parlare del problema degli immigrati che quotidianamente giungono sull’Isola, gente privata di ogni dignità e di ogni avere e molti anche degli affetti più cari persi durante la traversata o lasciati nella propria terra d’origine. Un Barone indignato dunque, per l’indifferenza di tanta gente di fronte a questo dramma.
Il disagio morale è al culmine; nessuno può fermare la catena del male che affligge gli esseri umani, neppure Dio o i Santi e il destino della nostra vita sembra segnato. Quale sarà allora il futuro dei nostri figli e dell’intera umanità? Il pessimismo dell’autore è quindi il vero protagonista della sua opera letteraria. A consolare il poeta, ci sono solo i ricordi dei bei tempi andati, l’amore, la storia, l’arte, le tradizioni che sono imperiture e la poesia che, in qualunque idioma venga espressa, è un ossigenante farmaco per il cuore dell’umanità, uno sprone a riscoprire le virtù di passate generazioni vissute in tempi in cui l’amore era amore, la famiglia era famiglia, l’onestà era onestà, l’onore era onore, la giustizia era giustizia e il rispetto per la vita e per il prossimo era sacro.