Ho sempre considerato leggere un buon libro un godimento dello spirito e un appagamento per l’intelletto e, leggere nella circostanza Geometria del sangue, un thriller di Giancarlo Piciarelli, oltre che confermare la validità del mio assunto, conferisce al lettore, un coinvolgimento diretto, ma anche un senso di appagamento e di riposante serenità. La sua prosa piacevole, schietta e priva di fronzoli rappresenta mirabilmente il suo contenuto narrativo dando la sensazione al lettore di vedere con la mente e, quasi, partecipare agli eventi che si susseguono con crescente interesse e con il desiderio di giungere presto alla loro conclusione.
L’autore con questa sua ultima “fatica” letteraria, conclude una trilogia di racconti dedicata alle imprese investigative del commissario di Polizia Leo Blasi. I primi due libri già pubblicati e a lui dedicati sono stati: Come Quando Fuori Piove e I Figli della Vedova che ho avuto il piacere di recensire e che hanno avuto molto successo. Blasi è una sorta di omologo del più famoso, per ora, “Commissario Montalbano” che, calandosi abilmente nella interpretazione di sè stesso si trova, alle soglie del suo collocamento in quiescenza, ad affrontare e risolvere ancora una volta una serie ingarbugliata di omicidi efferati compiuti dal serial killer del momento, raggiungendo l’apoteosi delle sue capacità investigative e del suo intuito di vecchio poliziotto.
Lo scrittore Piciarelli, “romano de Roma” verace, ha ambientato la vicenda nella sua Roma di oggi per l’attualità della narrazione, riuscendo a coinvolgere nella vicenda, seppur marginalmente, anche il Vaticano ed il recente Conclave.
Ma, la singolarità e l’interesse che suscita questo libro è dato dal fatto che l’autore, con il suo talento, la sua capacità espressiva e le sua ampia cultura, oltre a concepire con maestria un impianto narrativo perfetto da giallo-noir, mette a disposizione del lettore una serie di riflessioni e considerazioni molto pertinenti su problemi sociali, attuali e universali, come il costume, la psicologia della persona, la famiglia, l’amore e la sessualità, la morale, la psiche umana e le sue deviazioni patologiche, la giustizia, coinvolgendo anche il clero, le istituzioni ed i suoi rappresentanti.
In altre parole un caleidoscopio di figure, immagini e realtà che, a trecentosessanta gradi, interessano la pubblica opinione, l’etica e la vita della gente. E, da parte di un romano autentico, che ama la propria città, non potevano mancare, intercalandole nella narrazione di tanto in tanto, quasi ad intermezzo, le espressioni idiomatiche del vernacolo romanesco e le appassionate descrizioni di questa splendida e inimitabile città eterna con le sue vie, le sue piazze, i suoi palazzi e le passeggiate lungo Tevere che sollecitano ricordi, meditazioni e riflessioni. Ed infine, l’attenzione dedicata da Blasi al cibo romano, unico per il suo gusto e le sue tradizioni, la stessa dell’autore, si fonde, molto gradevolmente, con la soddisfazione di avere letto sì, un giallo classico, ma poliedrico nella sua originale concezione narrativa. Tornando poi al piacere della tavola, mi piace chiudere questa mia dissertazione con una metafora gastronomica: “Leggere questo libro di Piciarelli equivale a gustare un piatto unico e sopraffino preparato da uno Chef di prim’ordine che lascia in bocca l’ottimo sapore di una pietanza eccellente”.