I poeti della fine del mondo: Niní Bernardello

È stata una delle poetesse e degli artisti plastici più importanti della Terra del Fuoco, maestro e conduttore di poesia, uno dei principali riferimenti della letteratura del Rio Grande

Da un lavoro saggistico sulla poesia della Terra del Fuoco argentina in fieri mi piace – e mi sembra idoneo in questo ambito – anticipare, estraendo alcuni contenuti, il profilo letterario di una delle voci senz’altro più distinte di quella terra, assieme a quelle di Julio José Leite (Ushuaia, 1957-2019, Oltre a Río Grande, l’altro grande centro urbano della Terra del Fuoco argentina è Ushuaia, sua capitale) e di Anahí Lazzaroni (La Plata, 1957 – Ushuaia, 2019), ovvero Niní Bernardello.



La poetessa – celebre anche come artista visiva – nacque a Cosquín, nella provincia di Córdoba, nel 1940 dove trascorse tutta la sua giovinezza e oltre e dal 1981 visse nella città di Río Grande de Patagonia, seconda città per importanza della Terra del Fuoco Argentina, sino alla sua morte sopraggiunta nel 2020.

La Bernardello, che ha sempre evitato di chiamarsi poetessa, riconoscendosi prevalentemente come insegnate e artista, sollecitata da una domanda di un intervistatore poco prima di morire sul tema dei rapporti che intercorrono tra poesia e gesto grafico, tra lirismo e disegno, così ebbe a dire: «La poesia e le arti plastiche hanno relazione tra loro perché si localizzano nell’universo dell’arte; non so se sono cose veramente così differenti. Io, per un periodo, mi relazionai con questi due mondi [come fossero] separati, e con il tempo andarono via via familiarizzando e finirono per essere in competizione. Adesso, ciascun mondo ha il suo contesto e il suo lavoro. Riconosco, ormai da tempo, che il tratto di un poeta che disegna è totalmente differente da quello di un disegnatore che si sta incamminando solamente nell’ambito dell’[arte] plastica».

Tra le opere pubblicate (nessuna di questa tradotta in italiano né disponibile in lingua originale in nessuna biblioteca nazionale) figurano: Espejos de papel (1981), Malfario (1984), Copia y transformaciones (1991), Puente aéreo (2001), Salmo y azahares (2005), Natal (2010), Yeso tango, edizione bilingue e illustrata (2011), Agua florida (2013), Antología íntima (2016) e Atardeceres marinos (2020). Nel 2001 curò il volume antologico Cantando en la casa del viento. Poetas de Tierra del Fuego (2001) che venne rieditato nel 2014 dalla casa editrice Tierra del Fuego.

Come ricorda la puntuale nota bio-bibliografica sul sito «El Rompehielos», la Bernardello prese parte a varie antologie prodotte in Argentina, Cile e Spagna tra le quali 200 años de poesía argentina (Alfaguara, 2010) a cura dello scrittore e critico letterario Jorge Monteleone, nonché a un numero della rivista «L’intranquille», presentata a Parigi nel 2014.

Alcune sue opere ottennero dei riconoscimenti letterari: con la raccolta Agua florida ricevette la Menzione speciale della Giuria nei Premi Nazionali produzioni 2011-2014 del Ministerio de Cultura de la Nación nel 2015. Uno degli ultimi eventi al quale prese parte, poco prima della sua morte, fu nel novembre 2019 quando a Río Grande presentò la sua ultima opera poetica, Atardeceres marinos.





Insegnante, poetessa e artista visiva, Nini Bernardello, nata a Cosquín, Córdoba,nel 1940.
Nel 1982 si è stabilita nella città di Río Grande, nella Terra del Fuoco,
dove ha lasciato un ricordo indelebile nel campo della cultura e della letteratura.

Confessandosi in merito all’atto della scrittura rivelò: «Scrivo come per impulso di un desiderio intenso di voler esprimermi, di dire qualcosa, scrivo senza nessun progetto.
Il titolo fuoriesce in un secondo momento, la coerenza interna la vado scoprendo mentre ordino le poesie. Questo ordine costituisce, poi, la chiave segreta dello stesso libro».
Oltre ai suoi testi poetici, di cui a continuazione si fornisce una selezione di opere estratte da Agua florida, a raccontarcela è chi l’ha conosciuta, chi l’ha intervista e questo è possibile approfondirlo anche per mezzo di alcune sue presenze su radio locali dove venne invitata a parlare dei suoi libri nell’imminenza della presentazione pubblica. Una donna apparentemente severa, dalle risposte per lo più telegrafiche ma munifica di sguardi illuminati verso il contesto ambientale da lei vissuto e poeticizzato, una poetessa del popolo, dalle tematiche diverse, curiosa e attenta anche alla sperimentazione, al saper ricostruire parti del suo dire per mezzo di un dire a tratti scisso e magmatico, non sempre lineare né dalla comprensione basica. Ritornano nelle sue poesie riferimenti all’ambiente della sua zona originaria, quella della provincia di Cordoba contraddistinta dall’imponente Sierra Chicas ai cui piedi è adagiata la nativa Cosquín e del mare, quell’oceano che lambisce Río Grande, lì alla propaggine ultima della Terra del sud America.

Nelle poesie della Bernardello si ragiona sul tempo che passa, è vero, ma non è quello fugace e vano dei giorni abitudinari, si guarda spesso al passato, sia privato che collettivo della Nazione, tra asperità e sudditanza, difficoltà di esprimersi e negazione delle identità, stemperate in un continuo e passionale conforto nella bandiera nazionale e in un reverenziale rispetto nei confronti del concetto di patria, spesso richiamata dalla Nostra. Una poesia che scantona, forse, le linee più tradizionali e intuitive che la collocherebbero in un provincialismo comune o in una tendenza neo-popolare, per farsi, invece, ora testimonianza, ora canto di bellezza, finanche preghiera e confessione nei recessi della sua interiorità.

La giornalista Silvina Friera della testata «Página 12» di Buenos Aires, presentando la poetessa che si approssimava a presentare al pubblico il suo volume Atardeceres marinos a febbraio 2020, domandò alla Bernardello il motivo per cui in molte delle sue poesie appare la “minaccia” o il pericolo (la paura) di non riuscire più a scrivere. La vera condanna, in fondo, per un poeta. La Bernardello, serafica e pronta come sempre, così le rispose: «Non so da dove viene ma è una sensazione che provo. La prima che si stupisce di quel che scrivo sono io stessa, perché molte volte mi sono domandata da dove viene questa voce che mi sussurra queste cose. All’inizio non mi importava più di tanto, ma adesso che ho pubblicato vari libri, mi domando: “Da dove estraggo tutto questo? Da dove viene tutto questo?” E mi dico che ho un canale aperto verso uno spazio dal quale ho la facoltà di recepire».

Posted

16 Aug 2021

Critica letteraria


Lorenzo Spurio



Foto dal web





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