Su queste annose, antiche pietre
[...]
la vita va scorrendo astrusa,
come un superfluo orpello,
lenta, vetusta, ma caparbia
Ho ricevuto con piacere due delle numerose pubblicazioni del poeta e studioso abruzzese, il professore Elso Simone Serpentini (Teramo, 1942) in questi giorni e intendo parlarne, seppur brevemente. Studioso attento del dialetto e di ogni aspetto della cultura storico-popolare della città di Teramo, Serpentini si è destreggiato nel corso del tempo anche con un’ingente opera di traduzione dallo spagnolo e dal portoghese.
Già docente di storia e filosofia nei licei, scrittore, poeta e saggista. Ha pubblicato numerosi volumi riguardanti diversi argomenti, resoconti in forma narrativa di processi celebri (la sua collana “Processi celebri teramani” comprende quarantuno volumi) e biografie di briganti (la collana “Briganti d’Abruzzo” comprende cinque volumi ed è in preparazione il sesto).
Nel 2008 ha pubblicato la prima e unica traduzione in italiano corrente del capolavoro della letteratura spagnola barocca del Seicento: Il Criticone di Baltasar Gracián y Morales. Ha altresì tradotto i massimi poeti del terzo romanticismo brasiliano: Casimiro de Abreu (Primavere), Alvares de Azevedo (Poesie dei vent’anni) e Junqueira Freire (Ispirazioni dal chiostro).
È impegnato da diversi anni nel campo della ricerca storica, con particolare attenzione alla Carboneria (Andrea Costantini. Gran Maestro carbonaro, sindaco di Teramo, detenuto ai ferri a Procida, giudice, 2021), alla Massoneria (Storia della massoneria in Abruzzo, 2019; La massoneria in Abruzzo verso il Duemila e oltre, 2020; Fabrizio Padula. Il medico, il politico, l’artista, il massone, 2020; Gli illuminati tra un filo rosso tra Baviera e l’Abruzzo, 2020), al Fascismo ( “Tempo Nuovo”. Il Fascismo repubblicano teramano, 2018) e al post-fascismo (Il postfascismo a Teramo e nel Teramano. Dalle epurazioni alla Costituente, 2019) ed è il più accurato biografo del nizzardo Enrico Sappia, cospiratore e agente segreto di Giuseppe Mazzini (Gli scritti abruzzesi. Enrico Sappia De Simone, 2016; Il prigioniero dimenticato. La detenzione di Enrico Sappia a Castel dell’Ovo (1850-1854), 2021).
È anche curatore di edizioni critiche dell’opera omnia dei maggiori poeti dialettali teramani tra cui Alfonso Sardella (Tutte li puesìje. L'ùddème landò vâche artruvènne, 2012) e Luigi Brigiotti (Strata facènne e l’hìddre pueséje, 2 voll., 2022), mentre è di prossima pubblicazione il primo dei due volumi su Guglielmo Cameli (Pueséje e canzùne pajesane sotte a la torre de lu Ddòme).
Come narratore, ha pubblicato vari romanzi: La rivolta di Castelli (2016), e Fantasie al chiaro di terra (2021) e il testo filosofico Ritorno a Spinoza (2017). Quale poeta in lingua ha pubblicato Parole in fila (In forma di versi) (2021) e quale poeta dialettale ha dato alle stampe: La nature de li cose (La felusufìje ‘ndialette terramàne) (2018).
Ogni sua produzione muove da un grande amore e attaccamento alla sua città natale, Teramo, alla quale ha dedicato studi e approfondimenti storici, antropologici, legati a varie branche dell’interesse umano come è il caso del saggio sul calcio locale (Storia del calcio teramano (1983-2008) , 2009) o i volumi declinati a uno studio attento e monografico sulla produzione teatrale locale: Teramo e il cinematografo (2015), Teramo e il teatro lirico (2016) e Teramo e il teatro in prosa (2017).
Un patrimonio incalcolabile, quello fornito da Serpentini alla cultura locale e nazionale, che ci porta a riflettere su un fatto non di poco conto: se almeno una persona per ogni comune del nostro Belpaese facesse un lavoro sentito e così approfondito come il suo declinato all’esame e all’investigazione storica nei confronti del proprio territorio (un po’ come Vito Moretti ha fatto per Chieti e Vittoriano Esposito per Avezzano, per rimanere nel contesto abruzzese), di certo la nostra cultura totale ne sarebbe di gran lungo arricchita.
La recente raccolta poetica Parole in fila (In forma di versi) pubblicata per i tipi di Artemia – Nova editrice di Mosciano S. Angelo (TE) nel 2021 si presenta come libro compatto e assai versatile nei temi. La lettura si scopre particolarmente interessante anche per il ricco contributo fotografico in scala monocromatica di b/n che, via via, scorrendo le varie pagine, accompagna ciascuna poesia. Vi ritroviamo foto che attengono a squarci della vita familiare e sociale della nostra contemporaneità, paesaggi, scorci di città duramente scosse dalla catastrofe naturale, edifici, riproduzioni di noti quadri com’è il caso di una celebre tela– “L’usuraio” – dell’artista Auguste Charpentier (1813-1880) e poi ancora statue, animali, dettagli di un contesto più ampio, riflessi e scene per lo più disabitate dalla componente umana.
Il volume – dedicato alla moglie Rossana – ci mette dinanzi a una veloce sfilata di pensieri dell’io-poeta (le questioni irrisolte, le risposte/ vane: sono le lacerate reti/ che coprono inquietudini nascoste, 27) e considerazioni sui fatti della vita, dalle questioni meramente pratiche che impegnano l’uomo sino a quelle che, levandosi dalla superficie terrena, concernono una dimensione altra che si nutre di circospezione intellettuale, speculazione, analisi interiorizzata degli accadimenti (me ne sto in gran tormento,/ sotto il peso di centomila assilli/ nella tempesta, esposto al vento, 21).
Una cospicua fetta delle liriche qui raccolte hanno a che vedere con il tema dominante nell’intera produzione letteraria (non solo poetica) del Nostro ovvero Teramo e la sua cultura, la sua storia, l’identità ancestrale che lega l’uomo agli spazi in cui è nato, cresciuto e vive. Una città che è descritta tanto in accenni di fasti di un’età andata e nella ricchezza di elementi culturali del suo centro, quanto con malcelata nostalgia (e l’antico sempre cancellato, 55; Teramo perduta, scomparsa/ avvolta nella nebbia dei ricordi, 57; non c’è più nulla che a questi luoghi/ mi leghi, se non una fitta rete di ricordi, 129) nella sempre più accelerata e consistente lontananza da quel mondo in qualche modo edenico di allora nel quale l’imprinting del poeta ha avuto luogo, oramai perso in maniera indiscutibile a seguito di un progresso invadente e di mancanza di un reale amore per i propri luoghi. Questo convincimento fa dire al Nostro: Teramo è una città senza memoria,/ che ha smarrito il senso della storia./ Ormai vive come in agonia,/ […]/ non ricorda la sua vita passata,/ […] / Teramo è una città senza sapere/ senza cultura, senza un’identità,/ ubriaca solo di caduche vanità (53). Fanno parte di questa categoria le poesie “L’angelo del Duomo”, “Tra due fiumi” (che “narra” dei corsi del Tordino e del Vezzola che scorrono ai lati della superficie dove si è sviluppata la città di Teramo da lui descritta mollemente sonnacchiosa, 49), “Nuovo sonetto neghittoso” (che ci fornisce un dettaglio dell’identikit attitudinale dell’oriundo trasmesso in senso generale all’intero centro cittadino: rimasta neghittosa, egoista e scissa,/ in te alligna sempre ogni malafede, 51), “Sei teramano se” e “Pianto per Castelli” che contiene un lamento di partecipazione per il recente dolore per l’azione distruttrice del terremoto: hanno sbriciolato muri e sogni,/ hanno dilaniato il nostro dove,/ hanno aggravato i nostri bisogni (121).
Ci sono poesie d’amore (“Sonetto per la mia donna”) e altre dall’intento civile che evidenziano alcune storture o deficit pesanti nella società contemporanea frutto di disattenzioni e di meri atti ipocriti e dettati spesso al malaffare, come avviene in “Un bel contratto” che ci parla della prostituzione; “Tanto varrebbe” che lamenta l’incuria amministrativa delle città nella gestione delle tessuto stradale (Tanto varrebbe che usaste il letame/ per rattoppare le buche nelle strade/ di questa città offesa) e poi componimenti apparentemente dedicati ad alcuni dei più grandi artisti del secolo scorso (Vincent Van Gogh e Vassily Kandiskij) che, invece, sono stati pensati e scritti per i suoi nipoti che portano proprio quei nomi. Nella mai così vera situazione del rincaro generalizzato e dell’aumento delle tasse per i servizi adoperati dalle famiglie ben si colloca la poesia “Voci di spesa” che recita: “Sono voci di spesa rilevanti:/ ogni giorno un continuo aumento/, specchio lucido di una realtà che stiamo vivendo.
Il tracciato poetico del Nostro è rivolto a una parola-confessione che è al contempo parola-testimonianza, segno dell’esserci come ben evidenziato in una delle poesie che aprono il ricco volume: Siamo e saremo le nostre parole,/ quelle ascoltate o quelle dette,/ quelle pensate o anche solo lette./ Siamo e saremo le nostre parole (9).