Angelo Capozzi

Dalla Quarantana alla Madonna Addolorata

La lugubre signora della Quaresima in Puglia

Si è persa ormai l’idea che tutte le festività siano collegate all’anno liturgico pagano al quale la Chiesa Cattolica Cristiana non ha voluto apportare cambiamenti. Il popolo non li avrebbe accettati.
L’anno liturgico era organizzato nella parte jin (nero), che andava dal solstizio estivo a quello invernale (da San Giovanni Battista a Natale) e nella parte jang (bianco), dal solstizio invernale a quello estivo (da Natale a San Giovanni Battista).

Canti da incanto: le "strapolette" garganiche

Alla scoperta dei canti caratteristici dell’antica cultura tradizionale garganica

Spesso i meridionali convivono con tesori culturali di inestimabile valore, come i canti garganici, ovvero canti tradizionali che coincidono in parte con quelli dei Cantori di Carpino. A San Giovanni Rotondo li chiamano le strapolette le cui origini non sono perfettamente databili, perle sonore tramandate dai cantori tradizionali garganici. Erano in uso nelle serenate, nelle feste sull’aia, nelle feste pastorali della tosatura, nelle feste in famiglia.

Tradizioni della festa di capodanno

L’arrivo del nuovo anno, è sinonimo di cambiamento, e quindi, in un passato non lontano, era usanza gettare ciò che era vecchio per fare spazio al nuovo

Quando cinquanta o sessant’anni anni fa si festeggiava l’arrivo dell’anno nuovo, allo scoccare della mezzanotte del 31 dicembre, si gettavano dalle finestre e dai balconi delle case, mobili e sedie vecchie, bottiglie, bicchieri, piatti, riempiendo le strade di ogni tipo di rifiuti. In alcuni casi si potevano “ammirare” bidè, cessi ed altri oggetti strani.

Betlemme e il pane

L’etimologia del nome della città in ebraico significherebbe «Casa del pane»

Notoriamente Betlemme significa “paese del pane” e questo ci rimanda al corpo di Gesù nel rito della Messa. Come tutti i significati della religione cattolica, ma anche di altre in contesti culturali diversi, si riprendono antiche simbologie, centrali nella vita delle società antiche.

Maria Favignana

Eclettica artista algerina

Una grande ed eclettica artista. Vive a Orano, in Algeria: Bouda Kheira Maria, in arte Maria Favignana Manuguera.
Modellista, stilista, decorativa: le sue creazioni ne sono una dimostrazione.
È abbastanza conosciuta, ma non quanto merita. Suo nonno, Matteo Manuguera, era di origini siciliane, nato il 24 dicembre 1887. Maria ama il suo essere per metà italiana e adora la no-stra lingua, che reputa dolce e carezzevole; a tal proposito ha sempre rimproverato sua madre che non voleva si parlasse l’italiano in famiglia, tantomeno desiderava che qualcuno l’imparasse. Ha quattro figlie, belle quanto lei: Sarah, Marwa, Hanane, Zakia.

Canti popolari e miti

Per la sua natura, il canto popolare è anonimo: non ha mai un autore identificato; ovvero non
è legato alla personalità di un popolo, ma ereditato da antiche tradizioni pagane

Parlare di “canti popolari” è errato. I canti del popolo infatti, non erano mai creati da uno in particolare, ma ereditati da antiche tradizioni pagane; ecco perché è più corretto definirli “canti tradizionali”. Generalmente sono canti d’amore, tema preferito dagli antichi sacerdoti pagani, che seguivano i miti e i riti di Afrodite-Venere, di Dioniso e di tantissimi altri dei che erano legati alla reli-gione dell’amore.
I canti sacri pagani erano dedicati ai matrimoni, agli amori tra uomo e donna, finanche al rovinoso distacco della coppia durante il funerale, quando la consorte salutava il proprio amore con un canto funebre.

Cacciatori per gioco

La maggioranza degli adulti ricorda le biglie della propria infanzia, quando un’intera reputazione poteva essere guadagnata o persa
a seconda dell’abilità di tiro

Tempi addietro, i ragazzini si impegnavano in un gioco che piaceva molto: ‘O càcce, e consisteva nel cercare di far entrare una biglia nel “caccio”, una piccola buca scavata nel terreno. Chi ci riusciva, veniva nominato “cacciatore” e si divertiva a “bocciare”, con una particolare modalità di tiro, gli “allievotti” (passeri appena nati), cioè quelli che non erano ancora andati in buca e quindi non ancora “cacciatori”.
“Bocciare” un avversario, significava acquisire le sue biglie.

Un flauto strano, ma importante

Mario Delli Muti di San Giovanni Rotondo, mi ha raccontato che nella zona del “Calderoso” (“Lu Calevarùse”), tra San Giovanni Rotondo e San Marco in Lamis, aveva visto e provato a suonare un “tri-flauto”, ovvero un flauto a “tre flauti” collegati tra di loro con altrettante astine.
Si tratta di un flauto ternario che ci ricorda l’essere ternario di Madre Terra-Luna.

Scultori popolari del legno

Tarantismo e tarantella in puglia

Quando la musica curava l’anima, tra storia, tradizioni e religione, invocando “San Paolo delle tarante"

Il fenomeno del Tarantismo, e di conseguenza la tradizione della tarantella, risale all’antica Grecia che si alimentava dalla cultura hyksos (ittita), cretese, fenicia, cananea e anatolica, una mescolanza di civiltà che non ci consente di risalire con esattezza alle sue origini. Il ferreo ordinamento della società greca creava disadattati, ovvero persone che avevano problemi ad inquadrarsi nelle regole coercitive e tradizionali; per loro lo Stato metteva a disposizione una struttura che aveva il compito di aiutarli purché non interferisse con la rigida organizzazione sociale.

La Festa del Grano a Panni e nel Mezzogiorno d’Italia

Un rituale del grano tra arte, devozione e ringraziamenti

Abbiamo scritto, in articoli pubblicati di recente, sulla sacralità dell’aratro e la magia del setaccio. In antichità tuttavia, anche tutto ciò che riguardava la coltivazione del grano era sacro e per questo veniva adorato il dio Grano-Sole.
Il Grano non era una semplice rappresentazione del Sole, ma tutto ciò che il Sole Notturno (Dioniso) e il Sole diurno (Apollo) potevano dare all’uomo sia come cibo che come mistero religioso. Madre Terra, che collaborava facendo germogliare, crescere e maturare il Grano, era Demetra la quale, nelle sembianze di Core e Persefone, aveva donato agli uomini non solo il Grano, ma anche i Misteri per poter risorgere e diventare un dio.

Trecce magiche ai cavalli


In tempi lontani era consuetudine per contadini, carrettieri o chiunque avesse un cavallo, trovare al mattino presto qualcuno con le trecce alla criniera o, più raramente, alla coda.
Non poteva essere sciolta o tagliata perché, da credenza popolare, era stata fatta dall’Uria, lo spirito protettore della casa, che lo aveva scelto come preferito (in altre tradizioni si parla di streghe e scazzamurelli che abbellivano il cavallo in quel modo).

Halloween? È anche una nostra tradizione

Nella notte del Samhain vengono abbattute le leggi
spazio-temporali: il mondo dei vivi e quello dei morti sono a contatto

Il 30 ottobre è la festa di Halloween e ricorda il giorno in cui, nei paesi del nord Europa, i defunti potevano tornare sulla terra e mescolarsi insieme ai vivi. In Italia, invece, la tradizione narra che il 24 giugno, festa di San Giovanni Battista, solstizio d’estate, i morti entravano dalla porta solstiziale, ovvero dalla Porta degli Uomini che copriva quella del dio romano Giano (dio delle porte).
Detta anche Porta degli Dei, si contrapponeva a quella del solstizio d’inverno.

Novembre e il culto dei morti in capitanata

Tradizioni antiche, precristiane, relative alle festività dei morti: la calza e il grano cotto

Le tradizioni relative ai morti vanno inquadrate bene per comprendere il contesto storico-religioso precristiano. Ai morti erano dedicati i mesi di novembre e dicembre; entravano nella “realtà” dalla Porta del Solstizio Estivo, detta anche “Porta degli Uomini” (ed in particolare alla festa di San Giovanni, che copriva l’antica figura di Giano, il dio delle Porte) in compagnia delle streghe.

La “setella” (il setaccio) per indovinare

Con la “setella” si “indovinava”. La usava il popolino, ma la usavano anche maghi e pseudo-maghi. Col questo attrezzo si poteva infatti “indovinare” quello che si voleva. Ad esempio, che risultato avrebbe avuto un processo, se vinceva o meno la squadra del cuore.
Il popolo lo usava, quasi esclusivamente, per scoprire chi aveva rubato dei soldi, animali, gioielli; la miseria era tanta ed essere derubato del cibo poteva anche significare non mangiare per giorni.

La collana con le mascelle di riccio

Un amuleto della tradizione dei terrazzani foggiani contro l’invidia

Anticamente quando una terrazzana foggiana allattava un bambino, gli metteva al collo una collana con mascelle (“garze”) di riccio.
I terrazzani erano grandi cacciatori di riccio. Era una caccia facilissima, fortemente tradizionale e produttiva, per le caratteristiche, per le simboliche dell’animale e soprattutto per la bontà e prelibatezza della sua carne.

Articoli di Angelo Capozzi

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