Il dialetto nell’odierno panorama sociale

Le parlate locali diventano patrimonio nazionale

D opo la fine della seconda guerra mondiale solo una minima parte della popolazione riusciva a comunicare correntemente in italiano. Oggi l’italianizzazione è generale, ma non per questo i dialetti hanno perso funzione e vitalità. Nel contesto attuale italiano e dialetti non sono in conflittualità, possono coesistere in armonia. È molto importante il modo in cui il dialetto viene percepito, non tanto dai linguisti quanto da coloro che lo parlano.


ANDREA CAMILLERI
scrittore, sceneggiatore, regista, drammaturgo,
docente di regia all’Accademia nazionale
d’arte drammatica



Per alcuni rappresenta arretratezza culturale, per altri costituisce il fondamento della propria identità. Nel contempo è normale che il dialetto vada un po’ italianizzandosi e che alcuni termini di un ristretto ambito locale si espandano fino a impiantarsi nell’italiano.

In fondo noi siamo bilingui nel senso che ci avvaliamo, sia pure in maniera variabile, di ambedue i linguaggi.
Nella rete sono tantissimi i siti web che propongono filastrocche, indovinelli, detti antichi in uso in varie località. Sono inoltre sempre più numerosi i casi e i contesti di rinascita dei dialetti. Nella pubblicità l’attrice Serena Autieri, prima di accostare la tazzina del caffè alle labbra, dichiara con convinzione “Kimbo è bbuono anche accussì”.

Grande successo ha avuto lo spot di Parmacotto con Sofia Loren che ha utilizzato un solo lemma napoletano “Accatetaville”, alludendo ovviamente al prosciutto.
La Ferrero e la Perugina utilizzano il dialetto per propagandare la cioccolata. Dal 2015 la Ferrero ha impresso sui barattoli della Nutella espressioni provenienti da sedici differenti aree linguistiche.

Per il Pugliese, ad esempio, ha scelto “Uè meninne!” (Ehi! bambino), “Sciame bbune?” (Andiamo bene?), mentre dal 2017 il cartiglio interno dei baci Perugina contiene frasi d’amore in almeno nove dialetti delle varie regioni italiane. Iniziativa che l’azienda ha chiamato “Parla come baci”.

Entrando nel settore letterario va detto che nei secoli scorsi la poesia dialettale era appannaggio di pochi autori tra cui il Belli (romanesco), il Porta (milanese), il Goldoni (veneto). Nel ‘900 i poeti dialettali sono andati aumentando notevolmente: Pasolini (friulano), Zanzotto (veneto), Loi (milanese), Pierro (Lucano), De Donno (salentino), Buttitta (siciliano) e tanti altri. E qui parliamo di poesia ad un certo livello.

Un decisivo contributo al mantenimento e l’uso del dialetto viene dalle numerose Associazioni Culturali sparse in tutta Italia che, nel promuovere concorsi letterari, contemplano sia la produzione in italiano che in dialetto.
Personalmente partecipo da diversi anni a concorsi per la poesia vernacolare in diverse regioni e, posso assicurare che la qualità e il numero dei poeti, per così dire amatoriali, è davvero alto. Non solo. Di recente si sta verificando una prima partecipazione degli alunni di ogni ordine e grado. Da insegnante, nel mio piccolo, sono fiera dei risultati conseguiti in alcuni concorsi poetici da alcuni alunni che, non senza fatica, avevo orientato verso la scrittura dialettale, non così facile per loro.

Passando alla letteratura in prosa, chi legge parecchio sa quanto vada aumentando il ricorso degli scrittori a lemmi e modi di dire autoconi della propria terra di origine. E qui voglio citare in primis il maestro Camilleri che, con l’utilizzo dei termini in siciliano, ha reso più viva l’ambientazione e la stessa umanità dei suoi personaggi.
Con le puntate di Montalbano in televisione abbiamo tutti familiarizzato con il verbo “travagghiare” (lavorare) o con l’espressione “scassare i gabbasisi”, di cui ormai sappiamo il significato.

Insomma, il recupero dei dialetti rappresenta una difesa delle diverse espressività linguistiche a rischio di estinzione. Le memorie non si cancellano, anzi trovano un decisivo spazio nel mondo moderno. Se fino a qualche tempo fa la riscoperta delle radici linguistiche era fondamentalmente un processo colto, oggi sembra divenuta una tendenza.
Ricordo infine che anche papa Francesco ha evidenziato l’importanza delle lingue autoctone come tratto d’amore. «La trasmissione della fede, – egli dice – può farsi solo in dialetto». Il nostro amato Pontefice è sempre nostalgico del periodo vissuto accanto ai nonni che parlavano soltanto dialetto.

Posted

23 Feb 2021

Storia e cultura


Onia Angiulli



Foto dal web





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