È difficile dire che sia in quanto dipende da tante variabili. Ogni tipo di società ha dei tipi di norma differenti dall'altra. Nelle società occidentali abbiamo sempre visto come inferiore – oltreché per ragioni economiche – il boscimane o altro, mentre l’antropologia culturale ci insegna che ogni società ha il suo optimum: la differenza non è da scambiarsi con “anormalità”.
In realtà noi si è portati a considerare normale ciò che vediamo o constatiamo quasi per abitudine. Usiamo pertanto dei parametri, secondo il sociale, per stabilire ciò che definiamo normale o non. Il vestire in un determinato modo, il mangiare etc., se li riscontriamo – con frequenza quotidiana – così diciamo che sono normali certi comportamenti invece di affermare che tal modo di vestire “a noi piace” e via dicendo... Quindi è l’abitudine che ci porta alla nozione di normalità che corrisponde a normalità statistica (quella societaria; delle differenti società è una normalità detta “ideale”).
Ma nella normalità statistica veniamo ad escludere le persone, ad esempio, con quoziente d'intelligenza elevato come quelle persone che non lo hanno intorno alla media aritmetica o statistica. È normale il genio o il leggero debole intellettualmente?
Dipende dal modo in cui si riescono a integrare. Le persone con forti disturbi nervosi o fuori della consuetudine (ad es., gli albini) venivano, in certe società, impiegati nelle funzioni sacre. Nella nostra società, i cui parametri cambiano: le persone molto eccitabili rientrano nella categoria dei “nevrotici”. Se il nevrotico si integra, normativamente è considerato “normale” tant’è che anche la classificazione delle malattie mentali esclude il nevrotico, come malato.
Se uno teme l’ascensore perché soffre di claustrofobia, (paura dei luoghi chiusi) rientra nella normalità se svolge un mestiere che non lo costringe a vivere in luoghi angusti. Se, addetto alla manutenzione degli ascensori, come unico lavoro, va in cura o si licenzia: per questo non lo si può considerare "anormale”. Il concetto di normalità è variabile secondo i tempi, le società, i ruoli e gli status. I ruoli sono acquisiti, ascritti, parziali e globali. Un ruolo ascritto è il sesso oppure può essere l’età, cioè sono oggettivi, prescindendo dalla nostra volontà. Se un uomo non si sente nel ruolo di maschio, abbiamo un conflitto che può sfociare nel fenomeno del “transgender”. Questo però è un fenomeno oggettivo di un ruolo che noi non abbiamo scelto (nascere maschi o femmine). Scegliere di studiare o di lavorare (esser studenti o lavoratori) sono ruoli che noi ci scegliamo per diverse ragioni.
I ruoli parziali sono temporanei (la donna incinta occupa un ruolo temporaneo; parziale quando io scelgo di occuparmi del mio corpo in palestra ma non legato da un contratto a vita). I ruoli globali invece, investono la vita stessa o una buona parte di tale (il pilota, l’avvocato, quali esempi). Ora ci aspettiamo da un avvocato un determinato comportamento quando è in tribunale o andiamo a consultarlo per svariate ragioni. Se questo avvocato ipotetico si comportasse in tribunale o nel suo studio come si comporta a casa, in famiglia, la sua condotta uscirebbe dalla norma.
Lo status invece rappresenta la posizione sociale di un individuo (di privilegio o economico). Nell’equipaggio di una nave esiste una gerarchia: lo status di privilegio è quello dell'ammiraglio. Sarebbe una grossa delusione che l'ammiraglio, in caso di naufragio, abbandonasse la nave per primo invece di coordinare la situazione d’emergenza. Quindi dai ruoli occupati e dagli status, pretendiamo delle reazioni non impreviste, altrimenti diventano “anormali.
Ma anche il costume sociale influisce sul concetto di norma: usare automobili veloci, sempre più veloci, a scapito della nostra sicurezza, è diventato “normale” ma nessuno oserebbe tacciare di “anormalità” gli automobilisti. Diciamo che una persona non è normale quando non ha consapevolezza del ruolo che occupa (l’avvocato che si comporta in tribunale come in famiglia, colui che nato di un sesso, non si ritrova in esso), colui che non ha consapevolezza dei suoi atti, colui che pur avendo consapevolezza invece dei propri atti, li compie egualmente per interessi diversi (il criminale, lo spacciatore di droga, il ladro). Onde per cui, venendo a nuocere al consorzio umano o a sé stessi, sono considerati “pericolosi”.
Nel caso del ruolo scelto, ma poi non rispettato (l’esempio dell'avvocato), la non-normalità consiste nella sua condotta istituzionalizzata scambiata per la condotta familiare. In tal caso il consorzio umano non considera normale l’atteggiamento dell’ammiraglio che abbandona la nave prima del suo equipaggio o la reazione dell’avvocato in quanto le aspettative vengono “deluse”.