Abbiamo constatato, nei numeri precedenti, come nell’antica Grecia la pederastia non poteva essere considerata alla stregua di un vizio deprecabile e condannabile, in quanto forniva un rito di passaggio iniziatico alla futura classe guerriera, almeno a Creta o a Sparta di stirpe dorica. Tale pratica omosessuale la troviamo anche oggi nelle tribù Azande del Sudan.
Il rito di passaggio è “fondamentale” come la nascita, il matrimonio e la morte. In ogni rito c’è la rinascita: l’uomo vecchio muore e rinasce a nuova vita (il noto incipit vita nova). Un rito basilare, puramente culturale, nell’uomo, è la pubertà mentre nel sesso femminile si riscontra il menarca. Dunque nel sesso maschile la pubertà assume valore culturale eccetto, come dice il verbo latino pubere, l’inizio dei caratteri secondari maschili (peluria, cambio della voce etc.), che danno un senso fisiologico però molto meno importante perché non eclatante come l‘arrivo del menarca nella femmina, il quale non può essere ignorato. E si sa bene che il visibile ha più importanza del non-visibile anch’esso esistente.
Il bambino – ricordiamoci – dispone solo della sua fisicità pertanto ha solo “un’esistenza parziale”: solo fisica per il fatto che non è ancora accolto nella comunità. Solo dopo il riconoscimento, dovuto ai riti del parto, si dà al neonato uno statuto pieno culturale, ontologico.
Rientra, grazie al suo riconoscimento familiare (scilicet il bambino), a pieno diritto nel nucleo originario e nella comunità. Il puer pertanto non è soltanto fisicità ma va oltre: sarà cultura di gruppo e dunque integrato. Il bambino ha il diritto di essere nutrito, di essere allevato, curato, educato però ha il dovere di rispettare determinate norme, presenti nel proprio e determinato contesto ambientale e culturale. Quindi, come direbbe Lévi-Strauss, in un universo simbolico, gestuale, totemico, si è completamente diversi da altri universi simbolici, nel tempo e nello spazio, rispetto ad altre culture.
Gli adolescenti per essere tali ed entrare nel gruppo a pieno titolo di esseri viventi devono essere iniziati come già visto nelle classi nobili ed agiate dell’antica Grecia che frequentavano il ginnasio.
Possiamo fare esempi abbastanza vicini nel tempo come gli abitanti originali dell’Australia o aborigeni e quelli della Terra del Fuoco (Cile). Tali culture succitate sono “arcaiche” però posseggono anch’esse il senso del sacro e questo li porta ad avere riti particolari, come ad esempio, prove pericolose per vincere la paura della morte. In realtà così rinascevano a nuova vita, divenendo in tal modo adulti e membri fattivi del loro gruppo.
Quindi il rito di iniziazione è dato dall’apprendistato: soffrire paure psicologiche e fisiche, vincerle e – da neofita – diventare a pieno titolo un essere superiore al bambino che è morto, sepolto nell’adulto.
Possiamo conchiudere che sulle differenze iniziatiche delle varie tribù come totem, matrimoni e comportamenti sessuali, aveva ben visto Claude Lévi-Strauss in quanto l’antropologo di lingua francese teneva conto non solo della descrizione verbale della popolazione studiata bensì dei suoi gesti che esprimono un mondo simbolico particolare: dai tatuaggi ai gesti segreti; la cosiddetta gestualità.
Lévi-Strauss è stato allievo di Franz Boas che fu un pioniere della moderna antropologia culturale. Tedesco e naturalizzato americano, Boas ebbe l’intuizione di vedere la cultura come determinante, distanziandosi dalla sociologia positivista. Per lui è la cultura che fa l’uomo e non la fisicità. Riprendendo la distinzione filosofica di Wilhelm Dilthey, tra scienze dello spirito e scienze della natura, Boas opta per quelle dello spirito o ideotetiche contro quelle delle scienze naturali o nomotetiche le quali classificano i fenomeni e non li comprendono
Anche Claude Lévi-Strauss si schiera contro la scienza positivistica e valuta lo strutturalismo: dare uno sguardo olistico all’universo simbolico e gestuale grazie anche all’influenza della linguistica di R. Jacoboson.
Ora possiamo entrare senza ingenerare equivoci nel rituale dei guerrieri Azande del Sudan, chiamati anche dispregiativamente “gnam gnam”.
Il soprannome dispregiativo è stato dato dagli esploratori francesi, i quali erano legati ad una mentalità puramente eurocentrica. Gli Azande devono questo nomignolo all’uso di sbattere le labbra in modo forte e furono classificati cannibali la cui pratica non prenderemo in considerazione.
Ritornando in medias res, i celibi per età, dovevano vivere separati dalle donne e avevano chiaramente relazioni omosessuali con ragazzi di età inferiore alla loro e venivano chiamati ragazzi-moglie.
Perdevano lo status di ragazzi-moglie quando si sposavano e facevano figli. Per essere accettati nel gruppo dovevano occupare una posizione sociale ovvero divenire guerrieri al fine di cacciare e difendere il proprio gruppo sociale.
Le testimonianze sui costumi sessuali ed iniziatici li abbiamo grazie all’opera di Evans-Pritchard e ripresi da altri antropologi quali M.Harris.
In realtà ciò che noi chiamiamo omosessualità dal punto di vista occidentale cristiano, sembra essere, studiando i popoli nella loro storia, dai Greci ad oggi, una caratteristica in tanti gruppi etnici.
Questa caratteristica la vediamo anche negli indiani d’America delle grandi pianure. Qui arrivano ad indossare abiti tipicamente da donna e usano cerimoniali femminili, offrendo i loro favori sessuali ai guerrieri.
Malinowki ci parla delle isole Tobriand e dei suoi costumi sessuali completamente diversi dalla norma codificata occidentale e della struttura della parentela. Anche nelle etnie della Nuova Guinea o delle isole della Melanesia, vige un costume sessuale ritualizzato e giustificato. Ciò non vuol dire che sia la loro omosessualità equivalente alla nostra concezione e dunque non possono esser giudicabili dalla nostra morale. In certe società, diverse dal canone occidentale, non esistevano le categorie di omosessuali, bisessuale o eterosessuali. Detto questo si capisce come determinati comportamenti siano piuttosto dettati da necessità pratiche, da bisogni.
Prendiamo ad esempio la cultura dell’etnia Etoro, che vive negli altipiani della Papuasia nell’isola della Nuova Guinea. Loro credono (aspetto emico) che lo sperma sia fonte di forte virilità e si procurano “lo spirito del guerriero” oralmente. Si tramandano lo spirito bellicoso e virile attraverso una pratica sessuale che noi definiremmo quantomeno spregevole. Infatti ai giovani è consentito tramandarsi, attraverso lo sperma, lo spirito virile del vecchio guerriero. Tale atto è proibito di fatto invece tra giovani di pari condizioni: è vietata, de facto, la pratica omosessuale tra i giovani. (vedi Marvin Harris, in Aggiornamenti d’Antropologia fisica e culturale, ora trad.it. per i tipi di Zanichelli, Bologna, operata sulla 14° edizione in lingua inglese).
Abbiamo visto – pur tramite sommari esempi – come le pratiche iniziatiche fan sì che il bambino divenga uomo e questo, per avere uno statuto ontologico legato al gruppo di appartenenza, deve uccidere il bambino che alberga in sé.
Incipit vita nova come s’è più volte ripetuto.
Esiste una vera rivendicazione della rinascita e tanti atti non devono essere considerati quali mere pratiche sessuali ovvero non sono puri bisogni o “vizi”, distorsioni ma semmai inseriti nel loro contesto e quindi rapportati allo status e ruolo della loro comunità. Solo con determinati riti iniziatici è permesso ad alcuni di diventare guerrieri e d’ essere utili al gruppo.
Il guerriero rappresenta simbolicamente le mura di una città e tali mura ci difendono non solo dalle violenze degli stranieri ma anche dalle malattie1, dall’estinzione del gruppo stesso. Questa simbologia del guerriero e delle mura la troviamo identica – se non fosse per il tempo e contesto – nell’alto medioevo nel sacerdote-guerriero (vedi quale esempio, i Cavalieri Teutoni o quelli del Sud della Francia).