Il pensiero fenomenologico ed ontologico di Heidegger tende a rivolgersi all’uomo come soggetto e non come pura oggettualità, quindi bandendo ogni reificazione, ogni riduzione all’uomo come una cosa, ma semmai concependolo come un tutto uno, globale: come veramente è, come si realizza e si progetta nel mondo: coglierlo nella sua essenza (chi è, come è, il mondo in cui è). Tale pensiero sarà ripreso anni dopo dall’esistenzialismo, ma il grande filosofo tedesco non fu esistenzialista, anche se scambiato per tale.L’intenzionalità di Husserl diviene, nell’opera di Heidegger del 1927, presenza, esser-ci, essere-nel-mondo. Così s’intende, contro ogni metafisica tradizionale, la trascendenza. Heidegger rompe ogni scolastica filosofica, metafisica, proprio affermando che la trascendenza è essere-nel-mondo, rompendo la dicotomia tra soggetto ed oggetto, illuminando la soggettività come globalità e trascendenza.
Ora si disvela l’unità “presenza-mondo”. L’esser-ci nel massimo filosofo del Novecento è un tutto in uno: anima e corpo, ragione e affettività. È proprio tale fatticità dell’esistere che si offre, aprendosi al mondo, progettandolo, “come” è nel mondo. E nel presente già coesiste futuro e passato (il suo poter essere e il suo essere già stata).
Gettato nel mondo l’uomo ha la possibilità di comprendersi tramite le cose del mondo o inautenticità, o tramite sé o esistenza autentica. Se l’uomo si comprende tramite il transeunte del mondo, delle convenzioni, del banale non agisce come Io ma in funzione di altro, di altri o di anonimi, adeguandosi.
L’essente non pensa in nome proprio ma accodandosi agli altri, ai ruoli, alle convenzioni. Il «si dice», si pensa e via dicendo, rende banale l’esistere che sembra essere la cifra dell’oggi (“la cosa sta così perché così si dice”).
Si parla di ogni cosa senza veramente saper nulla: infatti nell’inautentico la morte (l’evento) è sempre “la morte degli altri”: non ci si interroga sull’Essere, la qual domanda chiama nella coscienza se stesso. Scriveva Heidegger, “ciò che mi preoccupa non è l’esistenza dell’uomo; la questione è quella dell’essere nel suo insieme in quanto tale”. Non per nulla nel capolavoro del 1927 (Essere e Tempo) v ‘è riportato un lungo brano del Sofista di Platone.