L’Abbazia di Pulsano è a circa 8 km dal Santuario di San Michele a Monte Sant’Angelo e si giunge attraverso una strada a tratti smottata, senza uscita, destinazione monastero o dirupo vertiginoso. Il paesaggio diviene bucolico nel-l’immediato ed è frequente incrociare ovini o bovini intenti al pascolo, indifferenti o adusi al passaggio umano, spesso anche runner.
Diversamente, per i più avventurosi, si può accedere dalle coste di Manfredonia (sorta per volontà del principe svevo Manfredi sui resti di Siponto, antica città daunia) con un’arrampicata di 4/ 5 km, ma la fatica è ben ricompensata dalle sensazioni che se ne ricevono.
Chiaro che siamo a ridosso del Parco Nazionale del Gargano (FG) in cui la natura gioca a sorprenderci con tessere di mare e cielo, baie, insenature e arenili, laghi, foreste, boschi, macchia mediterranea, colline – fino a circa mt. 800. Paesaggi che si mescolano tra loro creando un puzzle dallo scenario unico e diversificato sorretto da un impianto culturale in cui il mistico e la fede devono confrontarsi quotidianamente con il profano.
L’arrivo a Pulsano è già uno sbarco in altra dimensione, un luogo che genera un disorientamento sensoriale dominato da ampi spazi che precipitano verso il basso o sembrano salire al cielo tra un silenzio irreale, spiazzante rispettato anche dalla fauna locale, timida e taciturna.
L’Abbazia nasce sul colle di Pulsano, ed è situata su uno strapiombo roccioso che dall’alto domina il Golfo di Manfredonia. Risale al VI secolo, ad opera del monaco-papa San Gregorio Magno. L’eremo fu affidato all’Ordine degli “Scalzi” (monaci di Sant’Equinozio”) che si rifaceva alla regola di San Benedetto e alla tradizione monastica orientale di vita contemplativa o ascetica.
Intorno al sito principale vi è una rete di 24 eremi – collegati tra loro da sentieri aspri e scoscesi – che non sono altro che grotte scavate nella roccia, spesso affrescate, o celle che fungevano da luoghi di culto e contemplazione ascetica per monaci, anacoreti e cenobiti, latini e orientali.
Intorno al X secolo il monastero fu distrutto dalle invasioni dei saraceni e fu poi ricostruito da San Giovanni Abate – detto “da Matera” – guidato dalla visione della Madre di Dio e di San Michele Arcangelo che gli indicarono il luogo.
I lavori furono iniziati da sei frati che nel giro di poche settimane divennero cinquanta; l’abside fu ricavata da una caverna con sull’altare l’icona della Beata Vergine di scuola bizantina, la Madonna “odigitria” (che ha indicato la via) di Pulsano.
L’Abbazia tra le varie vicende storiche – tra cui anche la distruzione durante il terremoto del 1646 – non è stata risparmiata neanche dal vandalismo e dalla barbarie contem-poranei con furti, profanazioni e saccheggi, perfino la “Madre di Dio odigitria” fu trafugata nel 1966 e mai più ritrovata.
Da sottolineare che al suo interno ha sede una Biblioteca che comprende ben 17.000 prestigiosi volumi tra monografie di teologia, esegesi biblica, liturgia, in lingue diverse: italiano, lingue orientali, etiope e slave, romeno, arabo, siriaco, aramaico, copto, armeno e ancora altre.
Per approfondimenti: Abbazia di Pulsano
Solo nel 1997 ci si rende finalmente conto dello stato di abbandono di tale patrimonio culturale e storico e grazie alla solerte opera di sensibilizzazione dei fedeli autoctoni si decide di avviare l’opera di restauro ed oggi il sito spirituale può vantare nuova vita.
La Comunità monastica attuale continua il percorso spirituale dei suoi fondatori, perseguendo la regola ascetica, la preghiera, la povertà, il lavoro per il solo sostentamento e il silenzio. Anche i rari visitatori sono invitati a rispettare il silenzio ma ciò, per non so quale mistero, avviene in maniera naturale. A Pulsano si diviene parte del Tutto e “tutto” il resto sembra non essere mai esistito.