I “Giusti”: Irena Sendler e Janusz Korczak

Ci sono storie che devono essere raccontate, storie di uomini e di donne che nella loro vita si sono distinti per coraggio, responsabilità, umanità. Ci sono storie che cambiano il mondo

Il 27 gennaio – data prescelta dalla risoluzione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite perché in quel giorno del 1945 fu liberato il campo di concentramento di Auschwitz – si celebra la giornata mondiale in memoria delle vittime dell’Olocau-sto, una delle carneficine più brutali del XX secolo, perpetrata ai danni del popolo ebraico dalla Germania di Hitler e dai suoi alleati, che contò circa quindici milioni di vittime.



La persecuzione fu poi estesa ad altri gruppi etnici e religiosi considerati “indesiderabili” e a categorie di persone invise alla politica di elevazione del Terzo Reich della razza ariana, quali Rom, omosessuali, lesbiche, Testimoni di Geova, sacerdoti cattolici, dissidenti politici, disabili, malati di mente, per cui ad oggi si stima che le morti possano essere non ancora esattamente quantificabili e di sicuro superiore ai diciassette milioni di cui 5/6 milioni solo ebrei il cui genocidio viene indicato correttamente con il termine Shoah.

A tal merito mi preme ricordare due tra le figure degne di non essere dimenticate (per altro già citate all’interno del volume in difesa dei diritti dei minori Ciò che Caino non sa – Le mani dei bambini, Oceano Edizioni (2018).



Irena Sendler
Non mi sento un’eroina, anzi mi rammarico per tutti i bambini che non sono riuscita a salvare.

Da nubile Irena Krzyżanowska, è stata un’infermiera e assistente sociale polacca, che collaborò con la Resistenza nella Polonia occupata, durante la Seconda guerra mondiale. Divenne famosa per avere salvato circa 2.500 bambini ebrei, facendoli uscire di nascosto dal ghetto di Varsavia, fornendoli di falsi documenti e trovando loro rifugio in case al di fuori del Ghetto.
Come dipendente dei servizi sociali della municipalità, la Sendler ottenne un permesso speciale per entrare nel Ghetto alla ricerca di eventuali sintomi di tifo. Durante queste visite, portava sui vestiti una Stella di Davide come segno di solidarietà con il popolo ebraico e per non richiamare l’attenzione su di sé.
Irena, il cui nome di battaglia era Jolanta, insieme ad altri membri della Resistenza, organizzò così la fuga di migliaia di bambini; i più piccoli vennero portati in salvo nascosti in ambulanze o altri veicoli.
In altre circostanze, la donna si spacciò per un tecnico di condutture idrauliche e fognature e riuscì a portare fuori dal Ghetto, all’interno dei furgoni, alcuni neonati, nascondendoli nel fondo di una cassa per attrezzi e bambini più grandi, chiusi nei sacchi di juta. Nel retro del furgone, alcune volte vi teneva un cane addestrato ad abbaiare quando i soldati nazisti si avvicinavano, coprendo così il pianto dei bambini.
Nell'ottobre 1943 la Sendler venne arrestata dalla Gestapo, fu sottoposta a pesanti torture (le vennero fratturate le gambe, tanto che rimase inferma a vita), ma non rivelò mai il proprio segreto. Condannata a morte, venne salvata dalla rete della resistenza polacca attraverso l’organizzazione clandestina Żegota, che riuscì a corrompere con denaro i soldati tedeschi che avrebbero dovuto condurla all’esecuzione. Il suo nome venne così registrato insieme a quello dei giustiziati, e visse nell’anonimato, continuando però a organizzare i tentativi di salvataggio di bambini ebrei.
Nel 1965, venne riconosciuta, In Israele, dallo Yad Vashem di Gerusalemme, come una dei Giusti tra le nazioni. Fu proposta anche per il Nobel per la Pace nel 2007 ma il protocollo richiedeva che dovesse aver compiuto atti meritevoli nei due anni antecedenti al riconoscimento (morì a 98 anni).

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Janusz Korczak
Il bambino pensa con il sentimento, non con l’intelletto

Janusz Korczak (1878-1942) non era uno psicologo, ma aveva trovato la chiave per entrare nel mondo dei bambini. Era pediatra, pedagogo, scrittore, poeta, libero pensatore.
Sosteneva che tutti i problemi relativi all’infanzia possono essere risolti grazie alla partecipazione attiva degli stessi bambini e non imponendo un rigido sistema di valori, in quanto individui con grande capacità di comprensione e creatività.

Nasce a Varsavia nel 1878 da una famiglia di origine ebraica (il vero nome era Henryk Goldzmit) e per oltre trenta anni si prenderà cura di molti orfani nella sua “Casa dell’Orfano.” Nel ’39 le truppe naziste chiudono l’istituto in via Krochmalna e insieme a duecento bambini Korczak verrà trasferito nel Ghetto di Varsavia. Dopo tre lunghi anni di sofferenze e stenti il Ghetto viene chiuso e i tedeschi decidono di sterminarli.
Korczak dirà ai bambini di indossare i vestiti più belli per andare a fare una gita in campagna. Si racconta della loro ultima marcia in cui ragazzi sfilarono verso la stazione tenendosi per mano, sventolando un’enorme bandiera. Destinazione Treblinka, un inferno da cui non fecero ritorno.

Nel cimitero di Varsavia è stato eretto un monumento a Janusz Korczak con i bambini al suo seguito.

E la mente mi riporta al celebre film del 1997 La vita è bella, diretto e interpretato da Roberto Benigni, vincitore di ben tre Premi Oscar in cui il piccolo Giosuè vive il dramma della deportazione e dei campi di sterminio come un gioco a ostacoli. Chissà se Janusz Korczak non ne sia stato l’ispiratore con le sue fila di bambini che credevano di andare incontro a una spensierata giornata ludica.
Se solo l’uomo non avesse dimenticato la bellezza del bambino che era in lui!

Posted

14 Dec 2022

Storia e cultura


Maria Teresa Infante La Marca



foto dal web





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