Chi dovesse credere che le polemiche e le prese di posizione anti-vaccino siano un fenomeno sorto negli ultimi due anni, collegato alla pandemia da Covid-19, prenderebbe un grosso abbaglio. Un “movimento anti-vaccino”, infatti, si era costituito già tra la fine del XVIII e l’inizio del XIX secolo, in seguito alla messa a punto di un vaccino antivaioloso da parte di Edward Jenner, con motivazioni di fondo non molto dissimili da quelle manifestate recentemente in Italia e nel mondo. Gli oppositori, particolarmente attivi in Inghilterra, riuscirono a farne abolire l’obbligo.
I “no-vax”, insomma, sono entrati nella cronaca ben prima della comparsa del Covid-19.
I vaccini sono medicinali che prevengono le malattie infettive stimolando il sistema immunitario, inducendolo alla produzione di anticorpi e determinando il raggiungimento della cosiddetta “immunità attiva”. Si tratta della stessa risposta del sistema immunitario causata dall’infezione naturale o, più in generale, dal contatto con il virus o il batterio presente in natura. La vaccinazione ha il vantaggio di accelerare il meccanismo della difesa immunitaria.
La trasmissione dell’infezione da individuo a individuo si arresta soltanto nel caso in cui il numero di persone immuni supera un valore solitamente prossimo a una copertura vaccinale del 100%. In questa situazione si determina la cosiddetta “immunità di gregge”.
La storia delle vaccinazioni inizia con un nome e una data ben precisi: il medico di campagna britannico Edward Jenner (1749-1823) e l’anno 1796. Jenner avviò la sua ricerca constatando che i contadini colpiti dal vaiolo bovino durante la mungitura delle mucche, una volta superata la malattia, non si ammalavano della variante umana del vaiolo. Pensò, quindi, di iniettare una piccola parte di materiale ricavato da una minuscola pustola di vaiolo bovino a un bambino di 8 anni. Il piccolo, nuovamente inoculato dopo alcuni mesi, ma questa volta con il vaiolo umano, si mostrò immune alla malattia. Jenner intuì che qualche cosa nel corpo del bambino lo avesse preservato dal contagio.
Il virus del vaiolo sarebbe stato debellato nel 1980.
Il principio su cui sono basati i meccanismi della vaccinazione era stato individuato. Venne migliorato nel corso del XX secolo attraverso ulteriori studi sulla natura delle malattie infettive e sull’immuno-logia.
Lungo la strada aperta da Jenner s’incamminarono altri “giganti” della medicina e della microbiologia. Il medico tedesco Robert Koch (1843-1910) nel 1876 riuscì a coltivare l’agente responsabile dell’antrace e nel 1882 scoprì l’agente responsa-bile della tubercolosi.
Il vaccino per questa malattia sarebbe stato messo a punto e utilizzato a partire dal 1921 dal batteriologo Albert Calmette (1863-1933) e dal veterinario Camille Guérin (1872-1961), entrambi francesi.
Louis Pasteur (1822-1895), universalmente ritenuto il fondatore della microbiologia, mise a punto il vaccino antirabbico nel 1885, utilizzando per la prima volta un virus “attenuato” per conseguire l’immunità contro l’infezione. In precedenza aveva preparato vaccini contro il carbonchio e altre infezioni batteriche. A lui si deve il termine “vaccino”: decise di adoperarlo in onore di Jenner e dei suoi studi partiti dai contadini che erano a contatto con le mucche.
Il Novecento si dimostrò determinante per le ricerche sul contrasto alle malattie infettive. Nel 1901 il medico e batteriologo tedesco Emil Adolf von Behring (1854-1917) perfezionò la terapia contro la tossina difterica. Il francese Gaston Ramon (1889-1963), utilizzando le conoscenze di Behring, comprese che si poteva contrastare la malattia inoculando anche soltanto una parte del microrganismo, così che nel 1920 rese disponibili i batteri antidifterite e antitetano.
Epidemie molto diffuse di poliomielite interessarono, all’inizio del XX secolo e in successione, prima l’Europa e poi l’America. Il fervore della ricerca portò alla scoperta di due diversi vaccini predisposti dallo statunitense Jonas Salk (1914-1995) e dal medico polacco Albert Bruce Sabin (1906-1993). Si dimostrarono entrambi ugualmente efficaci, ma venne utilizzato soprattutto il secondo in quanto somministrabile oralmente e meno costoso.
Il vaccino contro il colera e il primo vaccino anti peste vanno ascritti alla meticolosa ricerca del medico ebreo russo Vladimir Kavkin (1860-1930), mentre al microbiologo statunitense Maurice Hilleman (1919-2005) va il merito di aver scoperto i vaccini contro malattie molto frequenti e diffuse quali l’epatite tipo A e B, l’influenza asiatica, la meningite, la polmonite, oltre che il vaccino trivalente morbillo-parotite-rosolia. Per l’insieme delle sue ricerche Hilleman viene ritenuto lo scienziato che ha salvato il maggior numero di vite nel corso del Novecento.
La storia delle vaccinazioni è naturalmente più articolata e complessa della narrazione che ne abbiamo fatto finora. Manca un capitolo importante e attuale relativo al Covid-19 e al fervore di ricerca di vaccini capaci di contrastarlo. Ma questa è storia dei nostri giorni che immaginiamo sia già nel bagaglio di conoscenze dei lettori.