Come abbiamo visto nel numero scorso di OceanoNews, la cosiddetta “peste di Atene” è stata la prima epidemia riportata dalle cronache, la cui conoscenza ci è giunta attraverso la narrazione dello storico greco Tucidide.
Altre epidemie, di dimensioni tali da pretendere una menzione, si sono succedute nel corso dei secoli, anticipando la pandemia da Covid-19 indesiderata nostra “compagna di viaggio” ormai da due anni. Prima ancora della “peste di Giustiniano”, su cui ci soffermeremo diffusamente più avanti, meritano un cenno la “peste antonina” (165-180 d.C.) e la “peste di Cipriano” (251-270 d.C.).
LA PESTE ANTONINA
La peste antonina, conosciuta anche come “peste di Galeno” dal medico che la descrisse, fu una pandemia di vaiolo, o morbillo, diffusasi entro i confini dell’Impero romano veicolata dai soldati rientrati dalle campagne contro i Parti. Sarebbe comparsa la prima volta durante l’assedio dei Romani a Seleucia (città mesopotamica sulla sponda occidentale del fiume Tigri), nell’inverno 165–66 d.C. Devastanti le conseguenze “sanitarie”: le vittime furono calcolate tra i cinque e i dieci milioni. Non meno decisivi gli esiti socio-politici: numerosi storici, infatti, la ritengono responsabile della futura crisi che avrebbe portato al crollo dell’Impero.
PESTE DI CIPRIANO
Della peste di Cipriano, così nota perché descritta da San Cipriano, scrittore e vescovo di Cartagine che ne fu testimone, nel trattato De mortali tate, non si conoscono le cause precise, per via delle scarse evidenze, benché i sospetti siano indirizzati sul vaiolo e sulla febbre emorragica virale dovuta a filovirus. Si è propensi a credere che sia stato il primo caso di “salto di specie”: di malattia, cioé, trasmessa da un animale all’uomo. È documentato che causò un numero di vittime tra cinque e sei milioni e la morte degli imperatori Claudio il Gotico e Ostiliano.
Tutt’altro che trascurabili le implicazioni socio-politiche, lo storico Kylie Harper ritiene che la “peste di Cipriano” ridusse l’Impero romano sull’orlo del collasso definitivo per mancanza di manodopera nei campi, di soldati nell’esercito e funzionari nella burocrazia.
PESTE DI GIUSTINIANO
Veniamo ora alla peste di Giustiniano, considerata una delle epidemie più devastanti che abbia mai colpito l’umanità avendo prodotto un numero di vittime non definito con esattezza ma quasi certamente compreso tra cinquanta e cento milioni. La peste si sviluppò tra il 541 e il 542 d.C. all’interno dell’Impero bizantino, regnante l’imperatore Giusti-niano I da cui prese il nome, con modalità partico-larmente virulente nella capitale Costantinopoli e assumendo proporzioni di vera e propria pandemia.
Ne viene ritenuto responsabile il batterio Yersinia pestis, propagatosi per mezzo di ratti e pulci. I sintomi più ricorrenti della malattia erano rappresentati da rigonfiamenti (bubboni) all’inguine, sotto le ascelle, sulle cosce o dietro le orecchie. I medici provavano a inciderli, o intervenivano con acqua calda per provocare l’uscita dell’umore “cattivo” in essi contenuto, senza alcun risultato.
La genesi e lo sviluppo del processo di contagio sono descritti da Procopio di Cesarea, storico bizantino testimone dell’epidemia, e da Giovanni da Efeso, vescovo e storico siro. Le prime manifestazioni sarebbero apparse nei territori occidentali dell’Egitto, quindi il morbo si sarebbe diretto verso la città di Alessandria. Viaggiava con navi mercantili e con le carovane, infestando soprattutto le città portuali e quelle commerciali, a maggiore densità di popolazione e in pessime condizioni igieniche. Raggiunta la Siria e la Palestina il batterio sarebbe entrato in Costantinopoli permanendovi per quattro lunghi e terribili mesi, tra il 541 e il 542. Nella sola capitale le vittime si contarono fino a sedicimila al giorno, determinando il dimezzamento della popolazione. Per di più, l’accumularsi dei cadaveri favoriva la diffusione e l’ampliamento dell’infezione.
Gli effetti socio-politici della pandemia non risultarono meno importanti, a cominciare dal contagio di cui rimase vittima lo stesso Giustiniano che rischiò di morire. La vita pubblica venne fortemente condizionata ovunque, nell’Impero, e i commerci si bloccarono; le persone, in preda alla paura, non uscivano più di casa, trascurando il lavoro nelle campagne e compromettendo i raccolti.
La pandemia ebbe notevoli ripercussioni sulla guerra gotica (535-553): Giustiniano, infatti, intendeva scacciare i Goti dall’Italia ma la peste stremò gli uomini del suo esercito, strenuamente contrastati dagli Ostrogoti di Teodorico. Sia pure con difficoltà, i bizantini riuscirono a vincere la guerra ma Giustiniano fallì ugualmente nel suo intento poiché il drastico calo della popolazione provocò uno stato di abbandono dei territori appena riconquistati che in breve tempo subirono l’invasione dei Longobardi.
La peste si ripresentò a ondate successive fino al 750 circa, anche se non raggiunse più la virulenza iniziale. L’area del Mediterraneo non aveva mai conosciuto un simile flagello.