In principio era il baratto, generalmente considerato la prima forma storica dello scambio commerciale di beni, ancora anteriore allo scambio monetario. È stato Adam Smith (1723-1790) a ipotizzare per primo che la moneta sia subentrata al baratto per un’evidente “debolezza” di quest’ultimo: il sistema di scambio, infatti, presupponeva la coincidenza di una reciprocità di bisogni tra chi desiderava cedere un prodotto e colui che, a sua volta, ne avesse bisogno e fosse al tempo stesso in grado di ricambiare con uno di gradimento del primo.
Tuttavia, non sono pochi gli storici e gli economisti che ritengono il baratto successivo ad altre fasi storiche di economia commerciale: le società non monetarie, infatti, operavano largamente secondo il principio dell’economia del dono e del debito.
Storicamente sono documentati sistemi di credito piuttosto elaborati, come quello dei Sumeri (3.500 a.C.), già in periodi anteriori alla prima coniazione di monete.
Ecco, la moneta. In un momento storico in cui tale strumento di pagamento è assurto a protagonista delle cronache (con effetti rilevanti sulla quotidianità dei popoli) a causa di eventi sociali che ne condizionano la sua già strutturalmente labile stabilità, può tornare utile approfondirne la conoscenza.
Perché il nome “moneta”
È davvero singolare come si sia giunti a definire “moneta” questo mezzo di pagamento che sarebbe diventato di uso quotidiano e universale nel corso dei secoli. Occorre risalire al 390 a.C., allorché Roma era assediata dai Galli di Brenno. Durante una loro razzia nei pressi del tempio di Giunone, le oche presenti nella cittadella del Campidoglio cominciarono a starnazzare dando involontariamente l’allarme e vanificando il tentativo predatorio dei Galli. Da questo momento alla dea Giunone venne attribuito l’appellativo di Moneta, dal verbo latino monere (ammonire, annunciare), in quanto si credette che fosse stata lei a destare le oche per avvertire dell’imminente pericolo.
In seguito, verso l’anno 269 a.C., in prossimità del tempio di Giunone Moneta, sul Campidoglio venne edificata la zecca, struttura in cui si coniano le monete, messa sotto la protezione della stessa Dea Moneta. L’immaginario popolare non tardò a trasmettere l’appellativo della Dea dapprima alla zecca e poi a ciò che produceva.
Anche il greco antico nomisma (valore reale delle cose) e il latino nummus (da numismatica, studio scientifico della moneta e della sua storia) assunsero il significato di moneta.
Valore intrinseco e valore nominale
Le monete – non solo quelle metalliche, le prime a essere coniate, ma anche le banconote presenti sul mercato fin dal periodo compreso tra il 1700 e il 1800 – possiedono un valore intrinseco e uno nominale. Il valore intrinseco è quello del materiale usato come moneta con aggiunta dei costi collegati alla procedura tecnica necessaria per la loro produzione, alla stampa e l’incisione, al trasporto fino alla banca.
Diverso è il valore nominale, quello segnato – stampato o impresso – sulla banconota e sulla moneta metallica.
È abbastanza ovvio che il valore intrinseco non debba mai superare quello nominale per evitare un costo di produzione maggiore del ricavo che si ottiene spendendola.
Un concetto, questo, ribadito in maniera autorevole dallo statunitense Paul Anthony Samuelson, Premio Nobel per l’Economia nel 1970: «La moneta, in quanto moneta e non in quanto merce, è voluta non per il suo valore intrinseco, ma per le cose che consente di acquistare».
La prima moneta
Al concetto di valore intrinseco è legata la prima moneta della storia che aveva un valore corrispondente a quello del metallo di cui era composta: in pratica il valore intrinseco e il valore nominale coincidevano.
Non abbiamo notizie storiche probanti sul primo conio di una moneta, bensì una diffusa leggenda secondo cui sarebbe stato il re della Lidia Creso, nel VI secolo a.C., ad averla messa in circolazione. Da quel momento, e nei secoli successivi, la creazione di monete si sarebbe diffusa prima nella civiltà greca e successivamente in tutto il Mediterraneo Occidentale.
Con l’avvento delle banconote, invece, il valore non poteva essere determinato dalla fattura di questi pezzi di carta. Così, per convenzione, si attribuì loro (e anche alle nuove monete) un dato valore. Si tratta della cosiddetta moneta fiduciaria che, nel caso degli europei, è emessa dalla BCE, la Banca Centrale Europea.
La moneta del futuro. O del presente?
Nel frattempo sono entrate sul mercato forme diverse di monete quali, solo per fare un esempio, il deposito bancario, ritenuto moneta immateriale e strumento complementare rispetto alla moneta tradizionale.
Infine, l’inarrestabile diffusione di Internet sta sconvolgendo le dinamiche tradizionali dei pagamenti. Un caso per tutti: il Bitcoin, una criptovaluta e un sistema di pagamento valutario internazionale completamente digitale che ha fatto il suo ingresso sul mercato nel 2009. Nel 2021 lo Stato di El Salvador l’ha introdotto come moneta con corso legale utilizzabile per gli acquisti proprio come il dollaro.
Dagli esperti di finanza, tuttavia, il Bitcoin non viene classificato come una moneta, ma come una riserva di valore attualmente molto volatile.
Quel che ci rimane, per concludere, è l’acclarata labilità strutturale della moneta, soggetta a variazioni indotte da avvenimenti sociali, politici ed economici che ne mutano il valore attraverso il penalizzante meccanismo dell’inflazione che riduce irrimediabilmente il suo potere d’acquisto. Verrebbe quasi da rimpiangere l’antico, semplice e immediato gesto del baratto...