Il filosofo britannico Tommas Hobbes nacque il 5 aprile 1588 a Malmesbury. Dopo aver completato i suoi studi a Oxford, si impiegò come precettore di un gentiluomo suo coetaneo presso una illustre casata. Si interessò anche di matematica, di politica, di etica e di economia. Visse in un periodo di grandi tumulti a causa delle guerre civili inglesi.
Fu costretto infatti, per motivi politici, a viaggiare per molto tempo in Europa; soggiornò a Parigi, e poi in Italia dove conobbe Galileo di cui era un grande ammiratore. Dopo il 1651, terminati i disordini, Hobbes fece ritorno in Inghilterra. Qui morì all’età di 91 anni. Le sue opere principali sono Il Leviatano, la più famosa, in cui espone la sua dottrina politica e il suo concetto di Stato e Elementa philosophia che si divide in tre parti: De corpore, De homine, De cive; in cui espone il suo sistema filosofico. Partendo dalla visione meccanicistica di Cartesio, limitata al solo mondo fisico, Hobbes vuole applicarla a tutto ciò che esiste, a tutti i fenomeni; intende estendere il metodo della scienza anche alle questioni politiche e in senso lato anche a quelle morali.
Il punto di partenza della sua filosofia è il materialismo: esistono solo sostanze materiali e tutto ciò che accade, tutti i fenomeni avvengono mediante il movimento (materialismo meccanicistico). Alla base della filosofia naturale vi sono due semplici movimenti: il “corpo” e il “moto” che spiegano qualsiasi fenomeno naturale e sono alla base di ogni concetto; i principali concetti sono lo “spazio” e il “tempo”.
Lo spazio contiene la nozione di corpo che passa da rappresentazione mentale a esistenza concreta; il tempo invece comporta la nozione di moto in quanto è possibile immaginare un “prima” e un “poi” solo attraverso una successione nello spazio. Ogni cambiamento nella realtà altro non è che un modo di realizzarsi dei corpi in movimento: il moto, dunque, è la causa di tutto.
Sosteneva che la ragione umana può occuparsi solo di oggetti di cui si può conoscere la causa e non di enti o esseri ipotetici i cui principi di causa ci sono sconosciuti. Contestava la teoria aristotelica secondo la quale l’uomo è per natura un animale sociale asserendo esattamente il contrario; l’uomo nello “stato di natura” cerca di realizzare i propri desideri anche mediante l’uso della forza a danno dei propri simili: “homo homini lupus” (l’uomo è lupo per l’uomo); è la sua massima. Per sottrarsi a questa violenza che regna nello stato di natura, gli uomini stipulano un accordo (contratto sociale). Nasce la società con la quale si pone fine, in modo razionale, alla guerra di tutti contro tutti; nasce lo Stato al quale vengono trasferiti tutti i diritti individuali e ognuno rinuncia al proprio egoistico desiderio. Ma chi deve governare? Hobbes sostiene che dovrebbe governare un solo uomo, che potrebbe essere un monarchico. Il sovrano è assolutamente autonomo di fronte ai sudditi e ciò che egli decide è legge; ha il solo dovere di tutelare la vita e la sicurezza del suo popolo. Le leggi sono efficaci solo e soltanto se vengono rispettate. È necessario perciò che vi sia una singola persona: un re a cui deve essere concesso il potere assoluto altrimenti non può impedire i conflitti; è questa la ragione per cui Hobbes preferisce la monarchia ad altre forme di governo. Nel Leviatano scrive che la vita dell’uomo nello stato di natura è una vita misera, solitaria, ostile e animalesca. Hobbes è uno dei più importanti tra i pensatori politici.