Esse est percepi
(L’essere è percezione)
George Berkeley, filosofo, teologo e vescovo anglicano è con John Locke e David Hume uno dei tre grandi empiristi britannici. Nacque a Dysert in Irlanda. Studiò al Trinity College di Dublino. Si dedicò molto allo studio di Platone; terminati gli studi entrò a far parte del clero anglicano. Effettuò vari viaggi in Inghilterra, Francia e Italia.
Nominato decano della cattedra di Derry formulò un ambizioso progetto: diffondere il vangelo e la cultura occidentale tra gli abitanti delle Americhe. Nel 1728, infatti, partì alla volta del continente americano con l’idea di fondare un collegio universitario presso le isole Bermuda. L’iniziativa, però, fallì non avendo ricevuto i finanziamenti promessi dal Parlamento britannico. Il Filosofo fece ritorno in Inghilterra.
Nel 1734, a 49 anni, fu consacrato vescovo di Cloyne, in Irlanda, dove rimase fino al 1752. In seguito si trasferì a Oxford, dove morì nel 1753. Delle sue opere ricordiamo il Saggio su una nuova teoria della visione, la sua prima grande opera nella quale tratta i limiti della visione umana; Trattato sui principi della conoscenza umana, l’opera a cui è maggiormente legata la sua fama; L’analista; Tre dialoghi fra Hylos e Filonous Alcifrone.
Scopo della filosofia per Berkeley è quello di confermare e avvalorare la visione della religione; Dio è l’unica causa della realtà naturale. In vita non fu molto considerato per le sue tesi. La formula che riassume la filosofia di Berkeley è Esse est percepi, che vuol dire l’essere è essere percepito; quindi, qualsiasi cosa venga percepita esiste; tutto ciò che non è percepito è inesistente. Punto di partenza di ogni processo conoscitivo per Berkeley è la sensazione, al di là della quale non possiamo conoscere nulla: noi conosciamo solo le nostre percezioni. Di conseguenza il mondo materiale è esclusivamente una rappresentazione del nostro spirito.
Locke aveva stabilito una distinzione tra le qualità primarie e le qualità secondarie; Berkeley mostrò che tutte sono riconducibili alle sensazioni e che pertanto tutte le qualità sono secondarie, cioè soggettive. Tra qualità primarie e secondarie, dunque, non vi è differenza. Non si potrebbe concepire un oggetto in cui forma, peso, estensione ecc., ritenute ingiustamente primarie, se fossero separate dalle altre, quali il colore, l’odore, il sapore, ecc.
Berkeley sosteneva che tutte sono riconducibili alle sensazioni e che pertanto tutte le qualità sono secondarie. Tutti gli oggetti della conoscenza umana sono, secondo Berkeley, solo e soltanto idee per cui non possono esistere se non in una mente che li pensa. Quando affermiamo che una cosa esiste vuol dire che è stata percepita. Per il Filosofo non esistono idee astratte; un’idea per esistere deve essere percepita.
Nel Trattato sui principi della conoscenza umana scrive: Non metto in dubbio l’esistenza di nessuna delle cose che possono essere apprese, sia con i sensi che con la riflessione. Le cose che vedo con i miei occhi e tocco con le mie mani esistono, esistono realmente, non ho il minimo dubbio. L’unica cosa di cui neghiamo l’esistenza è quella che i filosofi chiamano materia o sostanza corporea.