I maggiori esponenti dell’empirismo anglo-sassone furono John Locke, George Berkeley, e David Hume. Negavano che gli esseri umani avessero idee innate, o che qualcosa fosse conoscibile a prescindere dall’esperienza
Verso la seconda metà del Seicento in Inghilterra si sviluppò una nuova corrente filosofica denominata Empirismo in antitesi al Razionalismo, corrente filosofica secondo la quale la base di partenza della conoscenza è la ragione. I razionalisti più importanti del Seicento furono il francese Cartesio, l’olandese Spinoza e il tedesco Leibniz.
Secondo l’Empirismo la conoscenza umana deriva esclusivamente dai sensi o dall’esperienza. La mente umana non possiede dentro di sé alcuna idea, è una “tabula rasa” e viene plasmata dalle impressioni dei sensi e le teorie sono fondate sull’osservazione del mondo piuttosto che sull’intuito. Respinge le dottrine astratte o dogmatiche; studia i fenomeni così come si presentano procedendo dalla sensazione al concetto: “nihil est in intellectu quod prius non fuerit in sensu”, (nella mente non c’è niente che non sia già stato nei sensi). Nega in particolare l’esistenza delle idee innate che, secondo i filosofi razionalisti, grazie ad esse si possono conoscere altre cose. Poiché l’Empirismo parte dall’esperienza, per i filosofi empiristi la conoscenza non è “a priori”, ma “a posteriori”, cioè dopo l’esperienza.
Il contrasto tra Empirismo e Razionalismo ha animato il pensiero filosofico lungo tutto il suo svolgimento. Nella filosofia greca antica notiamo le differenti posizioni di Platone e di Aristotele. Per Platone i principi della conoscenza sono innati nell’anima umana, mentre per Aristotele tali principi sono frutto sia dell’esperienza che della ragione.
I maggiori esponenti dell’Empirismo inglese sono Giovanni Locke, Giorgio Berkeley e David Hume. Il Locke critica l’innatismo di Cartesio; secondo lui non abbiamo idee innate, non sappiamo assolutamente nulla del mondo in cui viviamo prima di averlo percepito con i sensi, e se possediamo un’idea che non può essere ricollegata a fatti di cui si è avuta esperienza, questa idea è falsa.
Berkeley concorda con Locke nell’escludere ogni innatismo e sostiene che un’idea esiste in quanto è percepita; infine anche per l’empirista Hume la nostra conoscenza deriva dall’esperienza sensibile e precisamente dalle impressioni. Per gli empiristi, inoltre, la conoscenza non procede per deduzione, ma per induzione: si parte dai casi particolari, dalle singole esperienze e sensazioni per giungere a spiegazioni più generali.