Voltaire e Rousseau unitamente a Montesquieu, Diderot e d’Alembert sono stati i padri dell’Illuminismo francese; due grandi figure della Francia del XVIII secolo, ma profondamente diverse; le polemiche e gli scambi di invettive tra loro li tennero divisi per più di 50 anni. Ambedue raggiunsero notorietà e fama: Voltaire tutto ragione, Rousseau tutto sentimento.
Nella sua biografia (Les confessions) Rousseau racconta la sua vita e i suoi difficili rapporti con Voltaire. Solo quando la ragione si sarà affermata completamente, asseriva Voltaire, gli egoismi e le passioni umane, anche se inevitabili, saranno rivolti al benessere sia del singolo che della comunità.
Rousseau, invece, esaltava il sentimento naturale e spontaneo; per il filosofo la ragione è subordinata alle passioni. Se la ragione è il punto di partenza per raggiungere la verità, sarà la coscienza a farla amare.
VOLTAIRE
In materia di fede Voltaire tenta di demolire il cattolicesimo per proclamare la validità della religione naturale; si appella, perciò, alla ragione quale unico strumento per potersi liberare dalla superstizione, dal pregiudizio e dall’ignoranza che impediscono all’uomo di pensare con la propria testa.
Nega la rivelazione e rifiuta qualsiasi dogma, testi sacri o autorità religiose. Solo la ragione consente all’uomo di concepire una religione naturale e razionale, completa e autosufficiente. Persino l’esistenza di Dio può essere dimostrata con la ragione. Una religione tipo quella cristiana, secondo Voltaire, impedisce all’uomo di servirsi della ragione imponendogli di compiere atti di fede assurdi.
Dotato di grande ingegno trattò tutti i generi letterari: lirica, tragedia, commedia, romanzo; compose scritti scientifici e trattati filosofici. Studiò presso i gesuiti dando prova di un precocissimo ingegno. In seguito fu introdotto nella società parigina riscuotendo grande successo grazie al suo spirito mordace e brillante che andava dall’ironia a sarcasmo, rivolto soprattutto alla chiesa cattolica; scriveva Finisco le mie lettere dicendo “écrasez l’infame” (schiacciate l’infame).
Pur condannando il fanatismo religioso non era ateo; una delle sue massime era: Se Dio non esistesse bisognerebbe inventarlo, ma tutta la natura ci grida che esiste.
In ambito politico Voltaire difendeva i diritti di ogni cittadino alla libertà: disapprovo ciò che dici, ma difenderò alla morte il tuo diritto di dirlo. La dignità dell’uomo, secondo Voltaire, sta nel difendere i diritti sovrani della ragione, la quale si afferma nel corso della storia attraverso un alternarsi di vittorie e sconfitte. Solo quando la ragione si sarà affermata completamente gli egoismi e le passioni umane, anche se inevitabili, sosteneva ancora, saranno rivolti al benessere sia del singolo che della collettività. Riponeva inoltre scarsa fiducia nelle masse popolari perché soggette al dominio dell’ignoranza e della superstizione: Tutto per il popolo, niente dal popolo, asseriva. Sul Discorso sull’origine della disuguaglianza di Rousseau espresse questo giudizio: Leggendo la vostra opera viene voglia di camminare a quattro zampe. Tuttavia avendo perso questa abitudine da più di sessant’anni, mi è purtroppo impossibile riprenderla. Fu favorevole all’abolizione della tortura e della pena di morte.
ROUSSEAU
Rousseau inizialmente fece parte del movimento degli illuministi, ma poi se ne allontanò progressivamente e nel 1750 scrisse il Discorso sulle scienze e sulle arti in cui respingeva l’idea di progresso sostenendo che le virtù morali e politiche valgono più delle scienze, della tecnica e dei raffinati costumi; la civiltà è la causa di tutti i mali e le infelicità della vita dell’uomo.
Nel 1762 pubblicò Il contratto sociale, la sua opera politica più famosa, ma anche più discussa; in essa esponeva un modello di Stato in cui il sovrano fosse tutto il popolo e le leggi derivassero dalla volontà di esso. Nel 1762 compose l’Emile in cui delineava un metodo di educazione che mirava a promuovere lo sviluppo del bambino senza compromettere lo “stato naturale”. Nel Discorso sulle scienze e sulle arti sosteneva che le arti e le scienze hanno degradato l’uomo e che prima dello sviluppo della “civiltà” la morale degli uomini era “rozza” sì, ma naturale.
Nell’opera Discorso sull’origine e il fondamento della disuguaglianza fra gli uomini asseriva che “l’uomo è buono e sono le istituzioni a renderlo cattivo”, infatti esaltava quello che egli chiamava il “Nobile selvaggio”, cioè l’uomo primitivo non rovinato dalla società. Esaltava anche il sentimento naturale e spontaneo, l’emozione e il timore reverenziale ritenendoli essere una sorta di prova dell’esistenza di Dio. Anche la religione per Rousseau è quella naturale concepita in termini di sentimento piuttosto che di razionalità: è il sentimento che scopre Dio. La religiosità, dunque, per Rousseau è una religione senza dogmi e senza culto che si celebra nell’intimo della coscienza.
Proponeva l’abolizione della proprietà privata per ristabilire l’uguaglianza. Elogiava la natura come depositaria di tutte le qualità positive. Secondo Rousseau l’uomo è buono per natura, ma questa bontà è corrotta dalla società le cui fondamenta sono corrotte.
Il problema che Rousseau si pone, dunque, è quello di riportare l’uomo allo stato di bontà; teorizza perciò uno Stato in cui la sovranità appartenga al popolo su un modello di democrazia diretta: il potere esecutivo (fare eseguire le leggi) è del governo, i funzionari del quale sono scelti dal popolo. Condannando la società civile così come si è venuta configurando nel corso della storia, Rousseau non proponeva un ritorno alla vita “nelle foreste con gli orsi”, né all’originaria innocenza. Si tratta piuttosto di stabilire i fondamenti di una nuova società attraverso un nuovo “Contratto sociale”, che sostituisca alla volontà del più forte la volontà generale per il benessere di tutti e non solo dei pochi, eliminando così la disparità e la mancanza di libertà che regnano, invece, nel mondo umano. Lo Stato, quale persona morale, ente collettivo, ente di ragione, non si identifica con una persona singola, ma con la volontà generale che ha come unico fine l’utilità pubblica. La volontà generale ristabilisce così nel diritto l’uguaglianza naturale fra gli uomini e garantisce la libertà di ciascuno: non più la libertà naturale legata all’istinto, propria dello stato selvaggio, ma la libertà civile legata alla ragione e al rispetto delle leggi. Per Rousseau gli uomini in questo stato vivono “liberi, sani, buoni, felici”.
Questi due grandi personaggi divisi per carattere, pensiero, ragione e sentimento furono invece accomunati da una infanzia infelice e dalla morte: ambedue furono orfani di madre in tenera età; morirono entrambi nello stesso anno 1778 a distanza di un mese l’uno dall’altro (Voltaire il 30 maggio, Rousseau il 2 luglio).