Il filosofo Blaise Pascal nato nel 1623 in Francia fu anche un grande studioso di matematica e fisica. All’età di 16 anni scrisse un trattato di geometria. Compì esperimenti sulla natura del vuoto, la cui esistenza veniva negata dagli aristotelici e produsse importanti trattati di matematica sul calcolo infinitesimale e sul calcolo delle probabilità.
Nel 1642 progettò una “macchina aritmetica”, primo esemplare delle macchine calcolatrici. Nel 1646 aderì al giansenismo, un movimento religioso, filosofico e politico in polemica con i gesuiti fondato da Giansenico (1585-1638), teologo e vescovo cattolico olandese. Dopo la morte del fondatore, tale dottrina fu dichiarata eretica dalla Chiesa cattolico-romana.
Nel 1647 iniziò a scrivere un’apologia del cristianesimo dal titolo Apologia della religione cristiana. L’opera rimase incompiuta a causa della sua malattia della quale soffriva da anni; morì nel 1662 all’età di 39 anni. Gli amici raccolsero i suoi scritti e li pubblicarono col titolo Pensieri, dopo aver rapportato numerose modifiche.
Problema dominante della filosofia di Pascal era l’analisi profonda della condizione umana in rapporto alla verità divina rivelata da Cristo. Per il Filosofo la condizione umana non è altro che una estrema precarietà, una impossibilità di raggiungere dei punti fermi. Scriveva: “Noi navighiamo in un vasto mare, sempre incerti e instabili, sballottati da un capo all’altro. Qualunque scoglio, a cui pensiamo di attaccarci e restare salvi, vien meno e ci abbandona e, se l’inseguiamo, sguscia alla nostra presa, ci scivola di mano e fugge in una fuga eterna. Per noi nulla si ferma”.
Riteneva l’uomo una pura contraddizione, posto tra due abissi: l’infinito e il nulla; tra l’essere spirituale e l’essere corporeo. In sostanza si chiedeva: “Che cos’è l’uomo nella natura? Un nulla in confronto all’infinito, un tutto in confronto al nulla, un qualcosa di mezzo fra nulla e tutto”.
Il Seicento fu il secolo in cui trionfava il razionalismo e il filosofo Pascal ne fu uno dei più grandi critici affermando che il puro ragionamento logico simile a quello utilizzato per la matematica, che pur lo appassionò moltissimo, non può essere applicato alla comprensione della condizione umana. Non è possibile una conoscenza puramente razionale del mondo e dell’uomo. Per Pascal l’uomo, dunque, non è solo ragione. Asseriva: “Noi conosciamo la verità non soltanto con la ragione, ma anche con il cuore. Il cuore intuisce, la ragione discorre, procede per dimostrazioni. Il cuore ha le sue ragioni che la ragione non conosce”.
Anche Seneca (3/4 a.C. – 65 d.C.), filosofo e poeta romano sosteneva: “Ciò che il cuore conosce oggi, la testa comprenderà domani”. (*) Pascal riconoscendo i limiti della ragione vuol dimostrare la necessità della fede, senza la quale non è possibile trovare principi universali e validi per tutti. Solo mediante la fede si può giungere alla risoluzione del problema relativo al senso della vita. “Il cuore, e non la ragione, sente Dio. Ecco che cos’è la fede: Dio sensibile al cuore, e non alla ragione”.