Dopo Aristotele la filosofia greca non si occupa più dei problemi metafisici, ma soltanto di problemi pratici, cioè di quelli che riguardano il vivere quotidiano.
Perduta l’indipendenza politica sembra che il popolo greco si occupi di ricercare solo il mezzo per poter vivere quanto più felicemente possibile. Tutti i movimenti filosofici del terzo secolo a.C. hanno questo carattere di praticità e quindi danno la massima importanza al problema morale e ad una concezione della vita che possa soddisfare un ideale di serenità e tranquillità dell’anima. Sorsero quindi delle scuole di pensiero che rivolsero il loro interesse non più alle questioni metafisiche e gnoseologiche, ma a quelle morali. Fra le più importanti ricordiamo lo scetticismo, lo stoicismo e l’epicureismo.
Epicuro di Samo (342-270 a.C.) si preoccupò specialmente di liberare gli uomini dalla paura degli dei e dell’aldilà. La sua filosofia può dividersi in tre parti: teoria della conoscenza, fisica, etica. Riguardo alla conoscenza Epicuro dice che ogni nostro pensiero o idea deriva dalle sensazioni e riprendendo la teoria di Democrito, il quale concepiva tutte le cose composte di atomi, Epicuro dice che dalle cose si distaccano membrane invisibili di atomi, i quali vengono a contatto, attraverso i sensi, con gli atomi della nostra anima e così determinano la conoscenza. Il conoscere, dunque, non è altro che questo contatto di atomi materiali provenienti dalle cose con gli atomi pure materiali che compongono la nostra anima.
Fisica ed Etica
Epicuro considera tutta quanta la realtà come materia costituita da atomi in movimento. Anche la nostra anima è materiale e perciò quando con la morte di dissolvono gli atomi che compongono il corpo, si dissolvono anche gli atomi che costituiscono l’anima, la quale è, perciò, mortale. Non bisogna, quindi, aver paura dell’aldilà; diceva Epicuro: “Quando io sono vivo non debbo aver paura della morte perchè essa non c’è; e quando morirò non debbo nemmeno allora aver paura della morte perchè non ci sono più io”. L’uomo, perciò, non deve temere le pene che egli immagina essere nell’aldilà, il quale non esiste e non deve nemmeno aver paura delle punizioni degli Dei in questa vita terrena, Gli Dei esistono, dice Epicuro, ma essi sono beati per natura e perciò non possono essere turbati da nessuna cosa umana. Essi non si interessano degli uomini, altrimenti non sarebbero più felici e questo è assurdo. L’unico bene e l’unico male dipendono da noi e si ritrovano in questa vita. Il fine della vita consiste nella felicità la quale si attua non nel piacere violento e fuggevole, ma in uno stato duraturo di imperturbabilità, che si raggiunge mediante la soppressione dei desideri impossibili da realizzare. Vi sono, secondo Epicuro, piaceri naturali e necessari come il mangiare, il coprirsi, avere una casa, ecc.; altri materiali, ma non necessari come il mangiare cibi delicati, vestire elegantemente, avere una casa lussuosa; infine piaceri non naturali e non necessari, come la ricchezza, gli onori politici, ecc.
Per vivere bene bisogna cercare di soddisfare soltanto i desideri necessari e naturali ed evitare tutte quelle situazioni che potrebbero turbare la tranquillità dell’anima. Perciò Epicuro sconsiglia il matrimonio e l’attività politica: vivi in disparte! Questo è il motto di Epicuro. Però l’uomo non deve vivere da solo perchè la solitudine genera la tristezza. Perciò egli dava grande importanza all’amicizia ed era solito ripetere: “Prima di chiedere cosa tu mangi, devi chiedere con chi mangi perchè il pasto dell’uomo solo è simile al pasto del lupo”.
Lo Stoicismo
La scuola storica fu fondata da Zenone di Cizio (333-236 a.C.) e trasse ispirazione da Eraclito (550-480 a.C.) e da una scuola socratica minore chiamata la Scuola Cinica; i filosofi di questa scuola furono chiamati Cinici (dal greco Kyòn, cane) per la vita randagia che conducevano, pronti a polemizzare e ad “abbaiare” contro i loro avversari disprezzando ogni mollezza e ogni agio, come Diogene che viveva in una botte. Malgrado le differenze le due scuole, l’Epicurea e la Stoica, hanno in comune alcune tesi fondamentali. Infatti concordano nell’eliminare ogni realtà trascendente. Concordano ancora nel combattere ogni forma di innatismo e nel porre l’origine della conoscenza nelle sensazioni; infine concordano nel considerare la ricerca scientifica e filosofica subordinata al fine pratico del raggiungimento della felicità. Per gli Stoici l’anima umana è come una pagina bianca su cui le sensazioni imprimono i primi segni e immagini. La rappresentazione conoscitiva infatti è una impressione o un mutamento che le cose producono sull’anima. Con il ripetersi delle impressioni si fissano per mezzo della memoria i caratteri comuni e si cancellano quelle particolari, così si fondano i concetti su cui si forma la coscienza.
La Fisica
Per gli Stoici l’universo è un organismo vivente, perfettamente razionale che ha in se stesso il principio del suo essere e del suo divenire. Esso è composto da un’anima (fuoco ed aria) elemento attivo e da un corpo (acqua e terra), elemento passivo. Anche l’anima del mondo è di natura corporea e pervade tutta la materia. Questa anima, che con Eraclito gli Stoici chiamano fuoco e che contiene in sè i germi di tutte le cose, è Dio immanente nel mondo al quale dà un ordine armonico e provvidenziale: questa concezione viene chiamata Panteismo, vale a dire che tutto è Dio. Il Dio stoico viene anche detto “Fato” o “Destino” immutabile.
L’Etica
La volontà umana deve rispettare l’ordine necessario dell’universo ed uniformarsi ad esso: èquesto il fondamento della morale storica. Il compito dell’uomo è conservare e sviluppare il proprio essere e la libertà consiste appunto nell’uniformare la propria volontà alla divina necessità, nel consentire all’ordine universale e non in una ribellione ad esso. Bisogna disciplinare impulsi corporei e le passioni in modo che queste non sconvolgano il nostro ordine razionale. La regola della vita morale è di vivere secondo natura e poichè la natura è tutta razionale, vivere secondo natura significa vivere secondo ragione: sono queste delle formule che esprimono la stessa legge morale, la stessa salda e coerente linea di condotta. Nell’attuare tale legge consiste la virtù che, come aveva detto Aristotele e a differenza di quanto affermavano gli epicurei, è fine a se stessa, felicità e bene-supremo. Il solo vero bene è la virtù, il solo male è il vizio: tutte le altre cose (ricchezza o povertà salute o malattia, stima o disonore e anche la morte) sino indifferenti. Per tutte queste cose del mondo bisogna avere lo stesso affetto che hanno dell’albergo i viandanti. Vivere secondo ragione significa dominare perfettamente le proprie passioni, anzi eliminarle del tutto: l’ideale degli stoici è proprio l’assenza delle passioni. E’ saggio chi sa svestire le passioni di ciò che esse hanno di seducente per convincersi che il bene che esse esercitano è una illusione. Il saggio nega alle passioni il suo consenso, cioè non considera beni o mali quelle cose che sono invece indifferenti. Resta schiavo delle passioni colui che sbaglia nel giudicare, che fa una falsa valutazione di ciò che è bene e di ciò che è male. E’ sapiente solo chi considera come bene la virtù e come male il vizio e che riesce con un costante uso della ragione a dominare le passioni. In questo dominio consiste la libertà del sapiente il quale, quando circostanze che non dipendono dalla sua volontà gli impediscono di vivere conforme all’ideale della virtù, deve rinunciare volontariamente alla vita. Nulla, insomma, deve turbare la sapienza dell’uomo virtuoso. Il saggio sa che tutto ciò che accade deve accadere ed è bene che accada fiducioso nella bontà della Provvidenza Divina. Chi si comporta diversamente è stolto e gli uomini per gli stoici si dividono appunto in due categorie: i saggi e gli stolti. Un abisso separa gli uni dagli altri e il saggio stoico dall’alto della sua virtù guarda con orgoglioso disprezzo tutti quelli che schiavi delle passioni si affannano a conseguire beni apparenti e a fuggire illusori dolori.
Gli stoici combattevano la schiavitù e ritenevano che tutti gli uomini sono uguali e che tutti gli uomini nascono liberi. Negavano la differenza tra greci e barbari e predicavano la benevolenza universale tra gli uomini, figli dello stesso padre che è Dio; cittadini di uno stesso Stato che è l’umanità, senza frontiere e senza distinzioni nazionali. E’ questo l’ideale che viene detto “Cosmopolitismo”.
Lo Scetticismo
Gli epicurei e gli stoici considerano la verità come regola di vita e la conoscenza come mezzo per conseguire la felicità. Gli scettici, invece, affermano che non vi è alcun criterio di verità perchè ogni nostra conoscenza è soggettiva, variabile da individuo ad individuo. Anche la felicitàdell’uomo non ha nessuno stabile e sicuro fondamento: queste sono le conclusioni a cui arriva Pirrone di Elide (365-275 a.C.), il fondatore dello scetticismo. Egli rinnovò i vecchi argomenti dei sofisti che affermavano che l’uomo è misura di tutte le cose e che perciò la migliore cosa da farsi èla sospensione del giudizio, non pronunciarsi mai decisamente, ma piuttosto dubitare di tutto. Saggio non è colui che informa le proprie azioni ad un criterio di verità che non esiste, ma colui che dopo aver sospeso ogni giudizio sulle cose, fermando il proprio pensiero, trova la tranquillità della coscienza nella indifferenza e nella imperturbabilità di fronte a tutto. Questo scetticismo assoluto di Pirrone porta ad una conseguenza: l’arresto di ogni attività pratica. Nella vita pratica non è possibile seguire lo scetticismo assoluto e gli scettici posteriori a Pirrone ammisero una certa probabilità come regola delle nostre azioni.
Carneade di Cirene (214-129 a.C.), filosofo greco, fu il maggiore rappresentante del probabilismo scettico.