Tra la fine del mese di gennaio e l’inizio di febbraio ricorrono due diverse occasioni istituite per incoraggiare la memoria, “per non dimenticare”, come universalmente si usa dire: il Giorno della memoria (27 gennaio) per commemorare le vittime dell’Olocausto e il Giorno del ricordo (10 febbraio) destinato alla tragedia delle foibe e all’esodo giuliano-dalmata.
L’attualità di queste due “giornate” ci appare utile come spunto per una breve riflessione sulla necessità della memoria e sul ruolo che questa “nobile” facoltà intellettiva può svolgere favorendo il processo di trasmissione delle conoscenze. La memoria, infatti, aiuta ad attualizzare il passato e consente di averne consapevolezza ogni qualvolta ci si propone di sottoporlo a una riflessione o ad una rielaborazione critica.
Esiste un invisibile percorso lungo il quale ogni avvenimento ritenuto degno di essere ricordato si muove per giungere fino a noi: nasce come cronaca, nel momento in cui si manifesta; si fa sempre più storia, man mano che diventa patrimonio del tempo; si propone come oggetto di conoscenza per le generazioni successive; acquista dignità di memoria tutte le volte che viene richiamato per approfondimento, confronto o, semplicemente, per farne occasione di ammonimento affinché “non accada più” nulla di simile.
In questo sintetico percorso il passaggio cruciale è rappresenta-to dalla conoscenza, in mancanza della quale viene meno anche la memoria.
Da qui scaturisce la necessità, per ogni cittadino che intenda avere piena consapevolezza della sua presenza al mondo (dove, perché, quando…) di contestualizzare, attraverso la memoria, il processo storico e sociale che si è sviluppato prima di lui.
«Nessuno di noi abita il “mondo” – afferma il filosofo e accademico Umberto Galimberti – ma esclusivamente la propria “visione del mondo” costruita dalla memoria, che in essa deposita la cultura di appartenenza, le esperienze che abbiamo maturato nella famiglia in cui siamo nati, la lingua che utilizziamo, le forme emotive che abbiamo acquisito, che insieme, attraverso i percorsi accidentati della vita, consentono a ciascuno di rintracciare nella propria biografia una forma, uno stile che ci rende unici e inconfondibili. È la mappa dei nostri ricordi che ci dice chi siamo e dove siamo».
MNEMOSINE. Titanide cui fu attribuita la personificazione della memoria
Ciascun uomo è interessato dalla memoria storica e da quella sociale, ma anche dalla memoria collettiva e da quella individuale, senza che una escluda le altre e, anzi, spesso, proficuamente interagendo tra di loro.
A nessuna di queste forme possiamo rinunciare perché il continuo richiamo del passato non solo «ci dice chi siamo e dove siamo» – citando ancora Galimberti – ma ci orienta mentre percorriamo la nostra traiettoria socio-culturale verso il futuro.
Come collettività e come individui.
Tra memoria storica e memoria sociale esiste una contiguità, al-meno a dar credito alla definizione di storia che ne fa l’Enciclopedia Treccani online che la ritiene il «complesso delle azioni umane nel corso del tempo, nel senso sia degli eventi politici sia dei costumi e delle istituzioni in cui esse si sono organizzate».
E proprio in nome di tale riconosciuta contiguità ci sembra opportuno considerare insieme, quasi fossero in un unico immaginario contenitore culturale, tutti gli avvenimenti e i comportamenti del passato che hanno contraddistinto una determinata società.
In questo calderone dell’anima e della mente trova diritto di cittadinanza il complesso delle tradizioni e dei valori che hanno caratterizzato un popolo, una collettività.
Tradizioni e valori da non dimenticare per un dovere di riconoscenza verso chi ci ha preceduto ma anche perché costituiscono un retaggio culturale indispensabile per comprendere ruolo e contesto in cui ci troviamo e decidere i conseguenti comportamenti da adottare.
In ogni caso, qualunque sia la “forzata” casella in cui decidiamo di classificarla, la memoria rimane un’ineludibile necessità esistenziale, un’esercitazione di conoscenza e riconoscenza verso il passato, di consapevolezza del presente, di progettazione del futuro.
Attenzione, però: le “tessere” della memoria non vanno meccanicamente sommate, bensì disposte in modo da poter interagire tra di loro e costruire un’organica rete relazionale e comunicativa.
Condizione indispensabile perché la memoria non sia ridotta a una banale esercitazione mnemonica ma venga considerata e apprezzata per quello che è: un’elevata facoltà dell’intelletto.