La Basilica di San Nicola si lega al mito di Re Artù

C’è chi sostiene che in una cripta nascosta della Basilica sia custodito il Santo Graal, il calice dell’Ultima Cena, nel quale sarebbe stato raccolto, da Giuseppe D’Arimatea, il sangue di Gesù crocifisso

DALLA TERRA DI BARI
Tra storia e leggenda


San Nicola, vescovo di origine bizantina nacque intorno al 260 d.C. a Patara († 343 d.C.), importante città della Licia situata sulla costa meridionale dell’Anatolia. La storia del patrono della città di Bari, compatrono assieme a San Sabino, narra di trentacinque marinai, ventisette cavalieri e due monaci benedettini, che hanno intrapreso un viaggio verso l’Asia Minore, oggi Turchia, con tre caravelle per traslare le spoglie del Santo dalla città di Myra, l’odierna Kale, a Bari, e sottrarle ai musulmani che in quel periodo avevano conquistato la città durante la Prima Crociata. Correva l’anno del Signore 1087, 9 aprile.

La spedizione, favorita anche dall’abate Elia, arcivescovo di Bari e di Canosa, che si adoperò in ogni modo per organizzare la traslazione, fu programmata e gestita con estrema accortezza e meticolosità per battere sul tempo i veneziani, anch’essi interessati alle spoglie del Santo. Altre versioni, sostengono che in realtà i marinai erano cavalieri in missione segreta pianificata da Papa Gregorio VII per recuperare il Santo Graal. Il Pontefice era consapevole dei poteri del Calice e per questo intendeva recuperarlo da Sarraz, una terra difficile da situare storicamente e geograficamente (si diceva che non fosse in Egitto, ma “vi si vede da lontano il Grande Nilo, situata in Medio Oriente e luogo dal quale “ebbero origine i Saraceni”) in quanto temeva che la sua presenza in terra turca avrebbe aiutato i Saraceni nella loro espansione ai danni dell’Impero Bizantino, la qual cosa avrebbe compromesso il programmato intervento delle forze cristiane in Terra Santa a difesa dei pellegrini.
Gregorio VII, in realtà, non vedrà mai il successo della missione. Morirà infatti nel 1085. Ma anche al suo successore, Papa Urbano II, furono chiare le ragioni del perché era importante sottrarre agli infedeli una reliquia che poteva infondere forza.
Il 7 maggio del 1087 le tre caravelle, con le reliquie del Santo, attraccarono al porto di San Giorgio. Secondo la leggenda, una volta sbarcate, vennero trasportate con un carro trainato da buoi, i quali si rifiutarono di proseguire oltre il punto in cui sorge la Basilica, oggi uno degli esempi più maestosi dell’architettura romanica bizantina in Puglia, con le sue mura imponenti, la facciata tripartita, i grandi portali, la triplice navata interna. L’impuntarsi dei buoi venne interpretato come un segno. Intorno a questa millenaria Basilica, consacrata due anni dopo da Papa Urbano II, si fondono storia e leggenda, coincidenze e messaggi criptici, miracoli e venerazione popolare.
Com’è noto, la figura di San Nicola, conosciuto come il protettore di marinai, mercanti, prostitute, farmacisti, detenuti e, soprattutto, dei bambini, è alla base del mito di Santa Claus (Babbo Natale).
La sua storica generosità e carità verso il prossimo – era erede di un ingente patrimonio e amava donare le proprie ricchezze ai poveri – conferirono al Santo l’immagine di “portatore di doni, dispensatore d’abbondanza.”
Il vegliardo dalla barba bianca dunque, che porta i doni ai bambini, non sarebbe altro che un’evoluzione di San Nicola, anche se poi, col trascorrere dei secoli, folklore e leggenda, lo hanno trasformato da un signore di origine mediterranea in uno dai connotati lapponi, dai capelli lunghi e barba canuta, in sella ad una slitta trainata da renne.

Ma l’icona di San Nicola si intreccia anche al mito di Re Artù.
Si narra infatti che nella Basilica dedicata al Santo, si trovino tracce sorprendenti della sua presenza in terra di Bari e delle reliquie che sono ormai indissolubilmente legate a questa figura leggendaria: Excalibur, la sua spada magica, e il Sacro Graal (dal latino Gradalis che significa tazza, vaso), il Calice dal quale Cristo bevve nel giorno dell’Ultima Cena con gli Apostoli.


Oltre alle spoglie del Santo, vi è un ricco reliquiario nel quale, secondo alcune versioni popolari, si fa riferimento alla mitica Heilige Lance (in latino Lancea Longini), la lancia con la quale il centurione romano Longino, come tradizione cristiana vuole, avrebbe trafitto il costato di Cristo sulla croce. E il sangue di quella ferita sarebbe stato poi raccolto, secondo fonti non meglio precisate, da Giuseppe d’Arimatea in una coppa, forse proprio il Sacro Graal.

Molti studiosi sostengono che il mito della Lancia di Longino per la quale, durante il Medioevo, iniziarono a circolare diverse riproduzioni, avrebbe alimentato le numerose leggende sulle spade magiche e mistiche (Excalibur, Durlindana, ecc.).
Sembrerebbe che la reliquia, una tra gli oggetti di culto e di ricerca più ambiti della storia, così come il Sacro Graal, sia giunta a Bari proprio durante la prima Crociata.
Dal suo metallo sarebbe stata poi forgiata Excalibur (il cui nome significa “in grado di tagliare l’acciaio”) consegnata a Re Artù dalla Dama del Lago e nella quale sarebbe stato incastonato uno dei chiodi della crocifissione di Gesù. Per alcuni cultori del mistero, i resti della Lancia di Longino si troverebbero proprio a Bari, sotto la Basilica di San Nicola. Si tratterebbe tuttavia di un’ipotesi non documentata, ricostruita in modo frammentario.



Il Portale dei Leoni

Cavalieri di Re Artù che attaccano per liberare Ginevra?



A quadrare il cerchio è l’archivolto del Portale dei Leoni che dà accesso alla Basilica, realizzato nel XII secolo dallo scultore Basilio. Sul Portale, detto anche degli Otto Cavalieri, campeggia un bassorilievo che raffigura un drappello di otto cavalieri normanni in sella ai loro cavalli, con le lance in resta, guidati da un Rex Arturius, mentre attaccano una cittadella fortificata, a protezione della quale alcuni uomini appiedati. L’identificazione di questi cavalieri, con quelli del ciclo arturiano, non è esplicita, ma nasce dalla straordinaria somiglianza di questo bassorilievo con quello che decora il Portale della Pescheria nel Duomo di Modena.
L’epoca di questi due bassorilievi è coeva.

A Modena, però, sono presenti, accanto alle figure dei cavalieri, incisioni che riportano i nomi dei personaggi raffigurati e che non lasciano dubbi sulla loro interpretazione: a sinistra Isdernus, Artus de Bretani e Burmaltus, mentre a destra Galvaginus, Galvarium e Che. È proprio il riferimento ad Arturo di Bretagna che sorprende, in quanto le leggende su Re Artù, ed in particolare l’episodio rappresentato sul portale (l’assalto al castello turrita del malvagio Mardoc per liberare la principessa Ginevra tenuta prigioniera), risalgono in forma scritta almeno cento anni dopo la realizzazione della scultura stessa, ovvero alla diffusione nel nostro paese del cosiddetto “Ciclo Bretone”, l’insieme dei racconti in prosa o rima delle gesta eroiche di Artù e dei prodi cavalieri della Tavola Rotonda, che avvenne solo a partire dal XIII secolo, quando ormai la Basilica di San Nicola era già stata costruita e consacrata.
Come è possibile dunque che le gesta di Re Artù siano state rappresentati con così largo anticipo? L’ipotesi più plausibile è che prima di essere messe per iscritto in opere letterarie, le leggende sul re Bretone venissero tramandate oralmente da trovatori e menestrelli, e che fossero giunte in Italia al seguito delle invasioni normanne.

Oltre all’archivolto, esiste anche una misteriosa iscrizione, nota come il crittogramma di San Nicola, che si può osservare sulla lamina d’argento che ricopre l’altare del Patrocinio. Quella che sembra una cornice dei vari riquadri, è in realtà una sequenza di lettere posta su una lastra d’argento, un messaggio in codice consegnato alla storia che attende ancora di essere decifrato. Da anni questa successione di 624 caratteri latini, molti dei quali non perfettamente leggibili, rappresenta un autentico enigma che a tutt’oggi resta ancora un mistero.
Tutto questo ha fatto della Basilica di San Nicola, uno dei tanti luoghi indicati come possibile custodia della lancia di Longino e del Sacro Graal. Il legame con le Crociate e con la storia di San Nicola, non ha fatto altro che alimentarne la leggenda.

A fondamento di questa narrazione, non va dimenticato che Bari si trovava, all’epoca, in un incrocio di strade che discendevano da tutta l’Europa cristiana, ed era uno porto d’importanza cruciale, tappa obbligata per recarsi in Terrasanta. Una città ai confini dell’Impero pregna di sacralità. Per oltre mezzo secolo fu un intenso crocevia di cavalieri, crociati, gente di ventura, mercanti, vescovi, monaci e semplici pellegrini che andavano o tornavano da Gerusalemme.

Non va nemmeno dimenticato che la Basilica Nicolaiana è mescolanza di molte religioni e culture apparentemente slegate tra loro, unione tra il mondo trascendente cristiano d’occidente, il mondo esoterico dei templari e quello immanente arabo d’oriente.
È quindi plausibile che, se il Santo Graal sia realmente esistito, possa essere almeno transitato da Bari quando Percival il Gallese, noto anche con il nome di Parsifal e per la sua nobiltà e purezza, e Sir Galahad, entrambi Cavalieri della Tavola Rotonda, lo recuperarono dal Re Pescatore, discendente di Giuseppe di Arimatea, per riportarlo nella terra da cui proveniva, ovvero Sarraz.
Sarebbe proprio in questa circostanza che Parsifal, ultimo discendente della stirpe dei re del Graal, custodi della preziosa reliquia, avrebbe visto il Sacro Calice e la Lancia di Longino.


***


Forse le preziose reliquie si nascondono proprio qui, in questa Basilica. Ma dove? Nonostante si tratti di fatti non comprovabili, conoscerli consente senza dubbio al visitatore di osservare la Basilica di San Nicola con occhi diversi. Ancora oggi, per i turisti che giungono a Bari, la Basilica è una tappa obbligata, come lo fu in passato per tantissimi pellegrini cristiani che attraversavano la Puglia e percorrevano le sue vie, la Francigena e la “Via Sacra Langobardorum” per portarsi da Oriente verso Roma e Santiago di Compostela, in Spagna, o viceversa, per raggiungere Costantinopoli e la Terra Santa.

Posted

24 May 2020

Storia e cultura


Massimo Massa



Foto dal web





Programmi in tv oggi
guarda tutti i programmi tv suprogrammi-tv.eu
Ascolta la radio
Rassegna stampa