Lo sciarabà, il calesse della Puglia

In uso fino alla prima metà del XX secolo, era il veicolo utilizzato per gli spostamenti

Fino alla prima metà del Novecento il mezzo di locomozione era rappresentato da un carretto trainato dai muli, che si chiamava sciarabà (barroccio, un calesse, carro a due ruote con sedili paralleli, a trazione animale, per trasporto passeggeri e merci minute) e serviva per spostarsi da un paese all’altro sia per andare al mare a Margherita di Savoia sia per frequentare le scuole o a Trinitapoli o a Cerignola o a Barletta. Così scrive Michele De Palo a proposito dei bagnanti, che si recavano a Margherita di Savoia.

Era d’uso allora che, nelle prime ore del mattino, le quattro all’incirca, ogni vetturale desse la sveglia ai propri clienti battendo alle porte delle loro abitazioni e dicendo che era ora. Ciò significava il levarsi dal letto e tenersi pronti per la partenza dopo mezz’ora circa. A quell’ora, quasi contemporaneamente, tutti i veicoli, traini e sciarabà, si avviavano sulla strada di Trinitapoli per Margherita di Savoia. Il grande numero dei veicoli, partecipanti a quella che poteva chiamarsi una sagra marinara, era tale da formarne una lunga fila, su quella strada a semplice massicciata e polverosa non priva di buche com’era allora. Tutti quei veicoli erano pieni di gente festante, che costituiva una buona parte della popolazione della borgata. Procedevano i traini e gli sciarabà sulla via maestra in una lenta armonia di suoni, tra il cigolio e lo stridere delle ruote, il battere degli zoccoli degli animali sul duro suolo. La gente insonnolita si riprendeva dal torpore della sveglia mattutina e cominciava già a rianimarsi… Sembrava un esodo e un pellegrinaggio ed era ormai una tradizione che rimontava dai primi tempi di vita del paese, divenuta ormai una usanza radicata, una consuetudine di vita… A quei tempi, il percorso con i mezzi animali veniva effettuato in un’ora o due, a seconda del mezzo di trasporto adoperato, sciarabà o traino. La lunga e larga strada, che per sei chilometri porta da San Ferdinando a Trinitapoli, è rettilinea e in lieve pendenza e passa attraverso una campagna verdeggiante e rigogliosa di vigneti, oliveti e mandorleti. Dopo Trinitapoli essa piega a destra per un breve tratto di circa due chilometri e al bivio per la stazione di Ofantino e Barletta, si svolge a sinistra e procede ancora per quattro chilometri fino all’abitato di Margherita... Appariva finalmente in lontananza l’abitato della cittadina, schierata nella sua lunga linea di bianche case, fronteggianti l’ampia distesa del mare dal colore di verde smeraldo. Si rasentavano i vasti bacini di sale, pieni ancora verso la metà di luglio di acqua salmastra, immobile nella sua positura o lievemente increspata da un venticello che soffiava leggermente, tenue brezza marina e l’odore della salsedine che penetrava nelle nari…

Una memoria storica poco coltivata impedisce la comprensione del nostro passato, una equilibrata valutazione di eventi della nostra storia recente e la capacità progettuale sul futuro. La storia non è collezione documentaristica, ma esperienza vissuta del fare umano, degno di ricordo, su cui riflettere e progettare.
Vi è l’esigenza di conservare le testimonianze di fatti intrinsecamente degni di essere salvati dall’oblio.

Il brano è tratto dal volume Poesie e dintorni delle terre di Bari della collana editoriale Terre d’Italia edita da Oceano Edizioni.

Posted

14 Feb 2020

Daunia e Puglia tra storia e tradizioni


Tina Ferreri Tiberio



Foto dal web





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