Gli studi sul linguaggio: Frege e Wittgenstein

Il linguaggio come forma di vita

La riflessione filosofica sul linguaggio diviene sistematica dall’età moderna, oggetto di riflessione in sé. A cominciare dalla seconda metà del secolo scorso, tale analisi entrò in una dimensione che fu definita da parametri logico–linguistico-matematici e che si avvalse soprattutto degli studi sulla logica.

Ludwig Josef Johann Wittgenstein
Filosofo, ingegnere e logico austriaco, autore in particolare di contributi di capitale importanza alla fondazione della logica e alla filosofia del linguaggio. È considerato, specialmente nel mondo accademico anglosassone, il massimo pensatore del XX secolo.

Nei primi decenni del XX secolo la Filosofia del linguaggio rappresentava un’etichetta di scuola. Si riallacciava alle ricerche logiche di Frege, filosofo e matematico tedesco, padre della logica (1848 – 1925), e si sviluppava poi nelle correnti del Neopositivismo e della Filosofia analitica, specialmente anglosassone; che fece del linguaggio, con il passare del tempo, il suo tema principale.
Frege tracciò una teoria del significato, in cui distinse all’interno dei segni linguistici il “significato” dal “senso”, ossia ciò che viene designato con un certo segno dal modo in cui viene designato. Secondo Frege, i pensieri sono sempre comunicabili; l’enunciato esprime un pensiero grazie alle sue proprietà semantiche dell’essere accertabile come vero o falso. La teoria fregeana “del senso” si basa sulla nozione di verità. (Il pensiero, trad, it. In Ricerche logiche).

Con il Tractatus Wittgenstein si inseriva nel vasto dibattito sia sulla natura della logica sia sui fondamenti della matematica; in particolare nelle dottrine logico-matematiche di G. Frege e di B. Russell l’opera di Wittgenstein trovava le coordinate di un ampio riferimento culturale alle discussioni sorte tra i matematici e i logici. Per Wittgenstein vi sono condizioni che rendono possibili determinati usi del linguaggio ed è il linguaggio che definisce regole d’uso proposizionali.
Wittgenstein sostiene che le parole non hanno altro significato che quello che noi conferiamo loro nell’uso che ne facciamo e nella spiegazione di senso. La teoria degli atti linguistici ha origine dal desiderio di realizzare finalmente la congiunzione tanto attesa della teoria del linguaggio come sistema con la teoria del linguaggio come azione, restata interamente problematica tanto nella linguistica chomskiana quanto nella linguistica strutturalista. (Wittgenstein, Ricerche filosofiche ).

Friedrich Ludwig Gottlob Frege
Matematico, logico e filosofo tedesco, padre della moderna logica matematica, e poi polemi-camente proclamato anche padre della filosofia analitica dal lavoro esegetico di Michael Dummett, nonché studioso di epistemolo-gia, di filosofia della matematica e di filosofia del linguaggio.


Con il Tractatus Wittgenstein si inseriva nel vasto dibattito sia sulla natura della logica sia sui fondamenti della matematica; in particolare nelle dottrine logico-matematiche di G. Frege e di B. Russell l’opera di Wittgenstein trovava le coordinate di un ampio riferimento culturale alle discussioni sorte tra i matematici e i logici. Per Wittgenstein vi sono condizioni che rendono possibili determinati usi del linguaggio ed è il linguaggio che definisce regole d’uso proposizionali.
Wittgenstein sostiene che le parole non hanno altro significato che quello che noi conferiamo loro nell’uso che ne facciamo e nella spiegazione di senso.



La teoria degli atti linguistici ha origine dal desiderio di realizzare finalmente la congiunzione tanto attesa della teoria del linguaggio come sistema con la teoria del linguaggio come azione, restata interamente problematica tanto nella linguistica chomskiana quanto nella linguistica strutturalista. (Wittgenstein, Ricerche filosofiche ).

Le teorie del linguaggio, come quelle di Frege, Russell e del “primo” Wittgenstein, sono state costruite a partire dall’idea che la funzione principale del linguaggio risiederebbe nella rappresentazione e nella comunicazione di una informazione sulla realtà. Questo presupposto discutibile è stato vigorosamente contestato dal “secondo” Wittgenstein e da Austin il quale, introducendo la sua famosa distinzione tra gli enunciati constatativi o indicativi e gli enunciati performativi o esecutivi, ha attirato l’attenzione su una categoria di enunciati che non descrivono nulla e servono unicamente a fare qualcosa. (Jacques Bouveresse: I filosofi del linguaggio).
Infatti, l’analisi del linguaggio ordinario o quotidiano, ci mostra entità linguistiche, con le quali noi non tanto “diciamo delle cose, ma facciamo delle cose” (John L. Austin, Come fare cose con parole ).
La caratteristica della filosofia analitica è anche quella di occuparsi innanzitutto della ricchezza del linguaggio quotidiano, rendendolo degno di grande attenzione presso gli analitici inglesi, i quali non considerano affatto superati i pensatori classici; Aristotele è senza dubbio uno dei loro autori preferiti (vedi Austin). In realtà Aristotele stesso, Platone e gli altri grandi della storia del pensiero, vengono esaminati attraverso le lenti dell’analisi linguistica fino a diventare quasi degli analisti del linguaggio “inconsapevoli,” probabilmente credevano di ricercare i principi primi dell’essere, ma in realtà analizzavano la struttura grammaticale delle frasi. Questa sommaria analisi ci mostra innanzitutto la complessità e l’articolazione di tali argomenti, in cui il linguaggio non si presenta mai statico o omogeneo, in un’unica teoria, ma diventa una forma di vita cioè un’attività umana come le altre. (Wittgenstein, Ricerche filosofiche).

Nel 1914, allo scoppio della prima guerra mondiale, Wittgenstein si arruolò volontario nell’esercito austriaco; fu fatto prigioniero dagli italiani nel 1918 e liberato nel 1919. Tornato a Vienna conseguì il diploma di maestro elementare e dal 1920 al 1926 insegnò in tre piccoli paesi della Bassa Austria. L’insegnamento elementare di Wittgenstein ha interessato alcuni studiosi, perché la scuola mise Wittgenstein a contatto con i problemi reali del linguaggio, influenzando, molto probabilmente, il passaggio alla “seconda” Filosofia.
Egli riteneva che i ragazzi dovessero divenire padroni della lingua che avrebbero usato per tutta la vita; la sua preoccupazione quindi, fu quella di ampliare il loro campo linguistico, perché più ricco è il linguaggio che si domina, più estesa è la realtà che si comprende. A tale proposito compilò insieme ai suoi ragazzi un Dizionario per le scuole elementari, in cui si trovano molti termini di meccanica, di astronomia, di botanica, di architettura, di biologia, di anatomia. Wittgenstein è originale non solo per avere introdotto specifici contenuti, ma anche per avere introdotto il dialetto nell’insegnamento della lingua.

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18 Apr 2021

Storia e cultura


Tina Ferreri Tiberio



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