Carl Rogers nacque l’8 gennaio 1902 a Oak Park nei pressi di Chicago da una famiglia protestante; ricevette un’educazione rigida e autoritaria e fu avviato agli studi seminariali. Dopo un viaggio in Cina a contatto con una concezione della vita del tutto opposta a quella della sua famiglia, al suo rientro abbandonò il vecchio seminario per entrare in un altro seminario ritenuto più liberale. Qui infatti, ottenne di poter organizzare un corso senza professori, con un programma interamente gestito dagli studenti. Fu questa la prima grezza esperienza di non-direttività della quale egli fu soddisfatto.
I SUOI STUDI
Intraprese, successivamente, gli studi di psicologia e di psicanalisi, al termine dei quali iniziò la carriera universitaria da una parte e il lavoro di terapeuta dall’altra, in quanto riteneva di dover portare avanti un duplice discorso: quello teorico, come ricercatore universitario e quello pratico, come terapeuta clinico.
GLI ORIENTAMENTI NELLE SUE OPERE
Nelle sue opere Rogers presenta due fondamentali orientamenti: quello fenomenologico-esistenziale e quello sperimentale. Circa l’orientamento fenomenologico-esistenziale possiamo affermare che esso si dispiega nel rifiuto di riconoscere l’intelligenza come strumento fondamentale di conoscenza e nell’affermazione invece che il senso delle cose è sempre attingibile solo per mezzo del vissuto, cioè dell’esperienza totale della persona. In altre parole la verità è sempre particolare e quindi va penetrata e conquistata, vivendo quella stessa situazione, mentre l’intelligenza procede per astrazioni che spostano l’accento sul generale, ossia ogni realtà può essere conosciuta solo se viene vissuta, anziché affrontata dall’esterno con l’intelligenza; il riferimento è alla Fenomenologia di Husserl, per il quale il senso delle cose sta dietro le apparenze.
La posizione fenomenologica di Rogers non si accosta però tanto a quella di Husserl o a quella di Merlau-Ponty, per i quali la ricerca della verità ha una proiezione fondamentalmente intrasoggettiva, ma si accosta piuttosto a quella di Martin Buber, in quanto il senso dell’esperienza viene visto soprattutto nel rapporto con l’altrui esperienza, cioè in un rapporto di intersoggettività: rapporto io-tu.
IL PRINCIPIO DELLA POSSIBILITÀ
Viceversa la sua matrice esistenziale si coglie nell’affermazione del principio della possibilità secondo cui l’uomo può progettare il proprio divenire. L’orientamento sperimentale è chiaramente antinomico, cioè opposto a quello fenomenologico, come lo stesso Rogers riconosce, in quanto è proteso alla ricerca di una razionalità universale, alla formulazione di leggi da applicare normativamente in altre situazioni. Questa contrapposizione risulta insostenibile, perché in sostanza da una parte Rogers afferma che la verità è sempre particolare e dall’altra ricerca scientificamente leggi universali. Egli finisce per scegliere il primo orientamento, rifiutando perciò ogni pretesa di costruire delle leggi nell’ambito di tutte le scienze umane, come la psicoterapia e la pedagogia, proprio perché il loro oggetto è sempre la persona, cioè una realtà singolare, particolare, atipica.
IL RIFIUTO DELLA PEDAGOGIA NORMATIVA
La conseguenza di questi principi sta nel rifiuto di impostare una scienza pedagogica intesa come ricerca di principi, norme, di leggi o di metodi applicabili in tutte le situazioni educative. Questo rifiuto di una pedagogia normativa, ha fatto sì che quella Rogersiana fosse definita pedagogia non-direttiva, anche se questa espressione non era accettata dallo stesso Rogers; infatti Rogers ritiene che questa espressione possa dar luogo a fraintendimenti interpretativi tali da riportare le sue teorie a quelle più propriamente libertarie, quale quella Tolstoiana di Yasnaya Polyana. Per lui la non – direttività finisce per essere facilmente interpretata come una forma di abdicazione totale da parte dell’insegnante, come un’esaltazione del principio del “lassaire faire”, mentre la sua pedagogia chiama l’insegnante ad un diverso, ma non per questo meno facile e impegnativo compito.
LA PEDAGOGIA CENTRATA SUL CLIENTE
Per questo egli non introduce mai l’espressione non-direttiva nei titoli delle sue opere, in quanto egli preferisce un’altra espressione in cui si coglie meglio il ruolo diverso e del fanciullo e dell’insegnante: pedagogia centrata sul fanciullo, più tardi preferirà ancora l’espressione: pedagogia centrata sulle persone. Il presupposto fondamentale da cui Rogers parte è relativo alla psicoterapia che egli definisce come centrata sul cliente, affermazione della possibilità (esistenzialismo) che l’individuo ha di dirigersi da solo, nel senso che ogni soggetto ha sempre un sufficiente potere per trattare in modo costruttivo tutti gli aspetti della propria vita, intendendo per costruttività, la proiezione verso l’autonomia e verso l’arricchimento.
Questa tendenza esprime una chiara concezione positiva dell’uomo, anzi esprime una forma di vero e proprio ottimismo. Rogers è stato paragonato a Rousseau, infatti per Rogers la natura umana è capace di essere buona, anche per Rousseau la natura è buona; in realtà questo confronto non regge, in quanto Rousseau parla di bontà originaria, mentre Rogers parla di capacità innata. Piuttosto il suo ottimismo vuol essere negatore di tutte quelle concezioni filosofiche (Kant: male radicale) e soprattutto psicologiche (Freud) le quali hanno una visione negativa o comunque irrazionale della natura umana. Viceversa per Rogers il nucleo essenziale della personalità di ogni uomo è di natura positiva, progettuale, razionale, progressiva e non si può separare la corporeità dal sentimento, dal pensiero, dalla emozione, proprio perché dalla loro unione si genera l’autentica esperienza personale.
La non-direttività presenta, viceversa una sua precisa prospettiva, cioè una sua teleologia, in ordine ad una antropologia che Rogers ricomprende e definisce con la espressione persona pienamente funzionante o sita piena. Questa condizione di pienezza, secondo Rogers è un processo continuo legato alla dimensione dell’essere, perciò necessitato ad approfondirsi sempre più, ad esercitarsi, a svilupparsi ulteriormente, proprio perché questi atteggiamenti di maturità possono sempre, se non esercitati, sclerotizzarsi, irrigidirsi, depotenziarsi.
CANDIDATO AL NOBEL PER LA PACE
Morì nel 1987 a 85 anni; il 28 gennaio 1987, poco prima di morire venne candidato per il Premio Nobel per la Pace: si era prodigato in Conferenze internazionali per la Pace nell’Ulster (tra Cattolici e Protestanti), in Palestina (tra Israeliani e Palestinesi), in Costa Rica ( tra sandinisti e il potere nel Nicaragua). L’opera fondamentale è Libertà nell’apprendimento.